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2 gennaio, 1959 alternativo

Che si trattasse del giorno in cui aveva conosciuto Paul, era riuscita a capirlo grazie al manifesto pubblicitario che annunciava buon anno. Lo stesso che la ragazza aveva visto il mese precedente.
Si trovava nuovamente in strada, con la gente che la osservava incuriosita,domandandosi come mai stesse stesa sul marciapiede.
Stessa locazione, stessi movimenti.
Aveva ancora le vertigini. Cercò di alzarsi in piedi, per potersi rendere meglio conto della situazione.
Faceva freddo, ma questa volta indossava un cappotto lungo ed era ben protetta.
I vestiti che portava erano gli stessi che indossava il giorno del funerale di Paul. Era riuscita a tornare indietro, il giovane era ancora in vita.
Poteva ancora salvarlo.
Iniziò a pensare al da farsi. Era decisa a ripetere la routine, conoscere il ragazzo e frequentarlo, per poi avvertirlo in qualche modo che la notte del 12 febbraio sarebbe stato ucciso.
Guardando in lontananza, scorse il bar dove l'aveva incontrato. Poteva quasi sentire il brusio del gruppo dei suoi amici, percepiva il sorriso imbarazzato di Paul.
Pensando a lui, riusciva a sentirlo ancora vivo.
Ma le cose andarono diversamente da come le aveva previste. Liesel venne presa nuovamente da una grossa fitta allo stomaco, che questa volta si estese rapidamente in tutto il resto del corpo. Le dolevano le spalle, la testa, le gambe.
Perfino le mani formicolavano e le davano fastidio.
La ragazza non riusciva a comprendere cosa le stesse accadendo. Era come se il suo corpo stesse affrontando una trasformazione, come se stesse per decomporsi.Il dolore le impediva di pensare, costringendola dunque a vagare per le strade senza sapere dove andare.
Cominciò a domandarsi il perché di tutti quei viaggi. Era stato solo per la sua forza di volontà o davvero qualcuno dall'alto la controllava come un fantoccio?
Forse Dio l'aveva selezionata appositamente per questa missione.
Forse davvero Paul meritava di vivere, forse la sua morte non era stata altro che un'orribile aberrazione.
Pensò inoltre che viaggiare nel tempo doveva per forza portare a delle conseguenze. Non si poteva cambiare il passato, creando realtà mai esistite senza aspettarsi una punizione divina.
Era contro la leggere naturale, e Liesel se ne rendeva conto. Probabilmente il suo malessere e la sua disperazione dipendevano dall'aver trascorso troppo tempo in un mondo che non le apparteneva.
Il desiderio di tornare a casa, unito a quello di salvare Paul, le bruciava dentro come un denso fumo nero. Non aveva scelto di conoscerlo, non aveva scelto di tornare indietro.
Non aveva mai avuto scelta.
Si ritrovò a pensare alla madre di Paul. L'aveva lasciato solo in casa, uscendo e andando a divertirsi mentre il figlio giaceva morto sul pavimento del soggiorno. Non aveva alcun diritto di piangere, di disperarsi. Tutta la sua famiglia era colpevole di averlo abbandonato. Suo padre per primo.
Liesel ripercorse mentalmente tutti gli avvenimenti dell'infanzia di Paul che lui stesso le aveva raccontato.
La malattia della madre, la fuga del padre a causa delle troppe responsabilità di cui non aveva retto il peso.
Nessuno si era mai preoccupato di lui, di quello che potesse pensare e soffrire.
La ragazza continuò a camminare per il paese, parlando con sé stessa e gesticolando come fosse matta. Si allontanò sempre più dalle persone, in direzione del bosco che l'aveva ospitata nell'ultimo mese.
La testa le doleva, percepiva come una grossa bolla d'aria che aumentava senza mai scoppiare.
Le venne in mente sua madre. Piccola e ben vestita, mai che si fosse preoccupata di domandare a Liesel se fosse felice.
Aveva provato più volte a farle notare il suo bisogno d'affetto, ma la donna sembrava non recepire i suoi messaggi. Quando la figlia mostrava segni di tristezza, si limitava a riempirla di medicinali che le facevano venire sonnolenza, rendendola simile ad un corpo senza vita.
Per quale ragione non si era mai resa conto di nulla? Dell'amore che meritava,che tanto ardentemente desiderava e bramava? Era colpevole quanto gli altri,rinchiusi nei loro sacchi di carne. Convinti di essere gli unici ad avere il privilegio di soffrire.
Anche se non voleva ammetterlo, sapeva di essere lei stessa colpevole. E anche Paul.
Il ragazzo avrebbe dovuto insistere per vederla. Se quella notte l'avessero trascorsa assieme, molto probabilmente sarebbero stati uccisi entrambi e adesso Liesel non si sarebbe ritrovata in tale situazione.
D'altro canto, la giovane avrebbe dovuto ignorare i dolori e incontrarlo lo stesso, anche se per pochi secondi, in modo da ricordare per sempre il suo viso che la guardava sorridente e rassicurante.
Invece, tutto le era stato negato.
Ora Liesel piangeva, distesa sull'erba, presa dai dolori e dalla rabbia.Sentiva di stare per raggiungere la pazzia, non aveva controllo sul suo corpo.Continuava a spingere le unghie nella terra fredda per estirpare i fiori,urlando e scuotendo il suo corpo in preda al panico.
Adesso aveva qualcos'altro tra le mani. Qualcosa di morbido e caldo.
Liesel continuò a non guardare, inveendo contro un Dio che forse neanche esisteva, maledicendolo per averla mandata in un posto così squallido,facendole conoscere l'amore per poi portarglielo via.
Strappandolo dalle sue mani.
Dal naso della ragazza provenne un esile sospiro. Nel momento in cui si decise ad alzare la testa, notò con orrore il corpo di un coniglio in fin di vita che giaceva nella sua mano. Sul pelo bagnato c'erano ancora i segni delle sue dita,stampate come un disegno.
Non poteva controllarsi.
Cominciò a sbattere il piccolo corpo sulla terra, sempre più forte. Piangeva mentre lo faceva, desiderava fermarsi ma non poteva.
Resasi conto del suo gesto, si rannicchiò sotto un tronco per poi smettere di muoversi. Non avrebbe più lasciato il bosco, mai più.
Stava impazzendo e non poteva correre il rischio di fare del male a qualcuno.
Soprattutto se quel qualcuno era Paul.    

Lolita non l'ha mai fattoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora