Il mattino dopo venni svegliata da alcuni rumori nella stanza. Riuscii solo ad aprire un occhio e la prima cosa che vidi fu quel segno rosso sul soffitto – proiettato dalla sveglia sul comodino – che si scomodò di informarmi che erano le otto di mattina. Solo in un secondo momento mi resi conto di Massimo: era davanti allo specchio e si stava infilando una camicia bianca pulita che probabilmente aveva preso dall’unico cassetto che aveva in casa mia. Non vivevamo ancora insieme, mi impuntai su questa cosa fin dall’inizio, perciò avevamo portato solo poche cose nostre a casa dell’altro; giusto per essere preparati e avere qualche cambio quando dormivamo insieme. Succedeva più che altro durante il fine settimana, nei giorni lavorativi preferivo dormire a casa mia, come anche lui, d'altronde.
Mi girai sulla schiena e lo fissai. Aveva ancora i capelli tutti in disordine, sebbene li portasse non molto lunghi. Ogni tanto lo prendevo in giro perché sui suoi capelli scuri si notavano di più quei pochi capelli bianchi che aveva. Era un argomento molto delicato questo. Lui aveva quarant’anni – quattordici più di me – e fin dall’inizio aveva sempre pensato che questo potesse essere un problema per me. Non lo era, ovviamente. Non sono mai stata una persona superficiale e non mi sarei mai permessa di giudicare qualcuno solo per l’età. Inoltre, lui si teneva sempre in forma e aveva un bel fisico. Niente da invidiare a un ventenne, insomma. Che fosse un bell’uomo lo notai subito, ma non fu per quello che decisi di stare con lui. Piuttosto mi conquistò con i suoi modi di fare, con la sua gentilezza, con la sua dolcezza.
<<Io mi sto vestendo, ma tu mi stai spogliando con gli occhi.>> La voce di Massimo mise fine ai miei pensieri, facendomi sorridere per la sua affermazione. Aveva pienamente ragione.
Mi stiracchiai lasciando scivolare la coperta, scoprendo così il mio seno nudo. Nei suoi occhi passò un lampo di desiderio che mi fece ben sperare di svegliarmi come si deve con un po’ di sesso mattutino.
<<In effetti è quello che vorrei fare. Perché ti stai già vestendo?>>
<<Perché io lavoro anche il sabato>> mi ricordò mentre indossava la giacca del completo scuro che aveva scelto.
<<Ma è ancora presto. Abbiamo un po’ di tempo per stare insieme>> dissi ammiccante, e lasciai scivolare ancora più giù la coperta. Speravo di sedurlo in qualche modo, ma fu del tutto inutile.
<<Devo proprio andare, tesoro.>> Si abbassò su di me per darmi un bacio, che feci durare un po’ di più tenendolo fermo con le mani sulla testa. Si staccò con un gemito e si aggiustò i pantaloni, andando via mentre borbottava qualcosa.
Be’, io ero eccitata e lui non aveva posto rimedio a ciò. Era giusto che anche Massimo affrontasse la giornata con la mia stessa frustrazione.
Tre ore più tardi, dopo aver sonnecchiato ancora un po’, decisi che era arrivato il momento di scendere dal letto e iniziare ufficialmente quella giornata. Così andai in cucina, mi preparai una tazza di the verde e dopo presi il telefono per chiamare mia sorella. Non avevo intenzione di stare tutto il giorno a casa aspettando che Massimo finisse di lavorare.
Come al solito, Luana non rispose alla prima telefonata. Faceva sempre così: dimenticava il cellulare ovunque e lo perdeva più di quanto fosse umanamente accettabile.
Era completamente diversa da me, come il giorno e la notte. Io ero quella dei mille progetti, quella che programmava tutto alla perfezione, seguendo uno schema ben preciso, mentre lei viveva alla giornata. Non organizzava mai niente in anticipo, la mattina si svegliava e metteva in atto tutte le idee che le venivano sul momento. Io ero quella che voleva sposarsi, avere dei figli, una famiglia. Mentre per lei queste cose non erano neanche lontanamente in programma. Ammesso che prima o poi si fosse fidanzata seriamente, Luana sarebbe stata più un tipo da convivenza che da matrimonio. In poche parole, eravamo due gocce d’acqua solo all’esterno, ma le nostre somiglianze da gemelle finivano lì.
Al terzo tentativo, finalmente mi rispose con un’energia che solo lei poteva avere di mattina.
<<Sorellina. Buongiorno. Che fai? Sai che non ci sentiamo da quasi una settimana?>>
Allontanai il cellulare dall’orecchio mentre lei parlava con un tono di voce più alto del dovuto. <<Perché diamine stai gridando? Non sono ancora sorda.>>
<<Ma non sto gridando!>> disse e riuscii a immaginare, anche se non potevo vederla, il broncio che aveva messo.
Scossi la testa divertita. <<Come vuoi. Senti, che ne dici di venirmi a prendere così usciamo? Magari chiamo anche Asia.>>
<<Shopping?>> chiese speranzosa.
<<Shopping>> acconsentii.
In quel momento suonò il campanello e guardai la porta con aria interrogativa, come se potesse svelarmi chi fosse solo guardandola. In ogni caso non avevo idea di chi potesse essere – non veniva mai nessuno a trovarmi – così andai ad aprire mentre parlavo al cellulare con Luana. <<Allora? Quanto ci metti prima di arrivare? Io sono già pronta>> le feci sapere mentre guardavo dallo spioncino.
Ridacchiando, aprii la porta con il cellulare ancora premuto contro l’orecchio e mi trovai di fronte Luana; come sempre, fu come se mi guardassi allo specchio. Avevamo le stesse labbra carnose a forma di cuore, stesso naso all’insù, stessa forma del viso, stesso castano chiaro negli occhi e più scuro nei capelli. L’unica differenza tra noi era il taglio degli occhi – che lei aveva un po’ a mandorla, mentre io avevo una forma più rotonda – e l’acconciatura dei capelli; a Luana piaceva portarli mossi, io invece li lisciavo sempre.
<<Sapevo che mi avresti chiamato stamattina. Ti leggo nella mente, Ania. Ricordatelo.>>
<<Certo, Ana. Approfitta pure del legame che si dice abbiano le gemelle per sentirti un genio della telepatia, ma sappi che la tua è solo fortuna>> la presi in giro, chiamandola con il diminutivo che era simile al mio.
In realtà capitava spesso anche a me di anticipare una sua mossa o una sua parola. A volte percepivo perfino quando stava male fisicamente. Forse era sempre stato un caso o, molto probabilmente, quello che si dice sul legame dei gemelli è vero, fatto sta che spesso e volentieri è successo anche a noi di percepire lo stato d’animo dell’altra senza parlare.
<<Lo dici solo per indispettirmi, lo sai benissimo che è vero>> disse, poi entrò in casa e si diresse nel soggiorno, dove si lasciò cadere sul divano. <<Comunque, dov’è quel vecchio del tuo fidanzato?>>
<<Ana!>> la rimproverai. Faceva sempre così riguardo all’età di Massimo, ma nell’ultimo periodo era una cosa continua; le battute sul mio fidanzato, o sulla nostra storia in generale, erano aumentate a dismisura.
<<Ma dai, scherzo. E comunque è un gran bel vecchio.>>
<<Non è vecchio. E togli i piedi dal divano con quelle scarpe sporche>> dissi e le tirai giù le gambe.
<<Sei diventata vecchia anche tu. Che brutta fine che hai fatto, Ania.>>
Ignorai il suo commento e presi il cellulare per mandare un messaggio ad Asia, mentre mia sorella continuava a parlare da sola; e non appena la mia amica mi rispose che ci avrebbe raggiunto in centro, tirai di peso Ana dal divano e cercai di non farla più parlare della vecchiaia del mio fidanzato o della mia presunta vecchiaia.
Lei era un tipo stravagante, un fiume in piena; e mi prendeva sempre in giro per i miei modi pacati e per la mia mania dell’ordine e di avere tutto sotto controllo.
Passai le seguenti due ore a fare shopping con Asia e Ana, che insieme erano un danno – e non in senso buono – e quando si fece l’ora di pranzo, decidemmo di comune accordo di mangiare qualcosa in un bar del centro, piuttosto che tornare a casa e dividerci.
<<Che cosa avete in programma di fare stasera?>> chiese mia sorella mentre si metteva in bocca un pezzo di formaggio.
Il viso di Asia si illuminò a quella domanda. <<Io ancora non lo so. Perché non usciamo insieme?>>
Prevedevo già l’espressione annoiata di Ana di fronte alla proposta che le avrei fatto a breve. Anche su questo eravamo totalmente diverse. Lei avrebbe senz’altro proposto di andare in qualche discoteca; io non prendevo neppure in considerazione quell’ipotesi.
<<Era proprio quello che volevo chiedervi>> rispose Ana, sistemandosi meglio sulla sedia. <<Usciamo insieme. Io porto Miguel, vedrete come ci farà divertire.>>
Miguel: meglio conosciuto come lo scopamico ufficiale di mia sorella, uno spagnolo che qualunque donna etero si sarebbe mangiata con gli occhi. Alto, carnagione scura, fisico possente, avrebbe fatto capitolare perfino la donna più gelida del mondo.
Stavano insieme – per così dire – da sei mesi. Si conobbero d’estate, in Sardegna. Entrambi erano lì per le vacanze e quando diventarono amici, scoprirono di vivere più o meno vicini. Miguel era praticamente cresciuto in Toscana, ma non si erano mai conosciuti prima, seppure frequentassero gli stessi luoghi. Il destino volle che fosse proprio la Sardegna a metterli sulla stessa strada per farli incontrare. Quando la loro vacanza finì, tornarono insieme in Toscana e da quel momento in poi, diventarono inseparabili. Miguel si faceva più di quaranta minuti di macchina ogni qualvolta il suo lavoro gli permetteva di avere un giorno libero. Aveva una scuola di ballo ed era veramente, ma veramente bravo. Era un ragazzo allegro, simpatico, il tipico ragazzo che ti anima la serata in un niente.
Non avevo nulla da ridire su Miguel. L’unica cosa che non mi andava tanto a genio era il rapporto che aveva con mia sorella; avrei preferito di gran lunga che fossero fidanzati, piuttosto che scopamici. Nonostante tutto, però, la rendeva molto felice; perciò fintanto che l’avesse trattata bene, non avrei avuto niente da ridire.
<<Io ci sto!>> affermò Asia battendo le mani contenta.
<<Ania, tu?>>
<<Ah, ehm… sì. Massimo stasera voleva portarmi al wine bar. Possiamo andare insieme.>>
<<Dici sul serio?>> quasi urlò mia sorella nel farmi la domanda. <<Che palle. Non sapete fare niente di più divertente?>>
Mi accigliai. Parecchio. C’erano giorni in cui ridevo pure quando faceva le sue solite battute sulle abitudini che avevo con Massimo. Non in quel momento, comunque. <<Puoi finirla di mettere bocca su tutto? Che ti avrò mai chiesto di male, poi? Andiamo a bere e mangiare qualcosa fuori. Non mi sembra una richiesta tanto strana.>>
Mi guardò con quella sua espressione che conoscevo bene, la stessa che usavo io quando volevo convincere qualcuno che la mia idea fosse quella migliore.
<<Miguel ci vuole portare a una serata di balli Latino-Americani.>>
<<Che saprà ballare solo lui>> le feci notare.
<<Che possiamo ballare tutti. Basta seguire gli altri. Non è difficile.>>
<<Serve un accompagnatore?>> chiese Asia.
<<Be’, sì. Se vuoi ballare sì.>>
<<Oh>> mise il broncio. <<Io non ho nessuno da portare.>>
<<Tranquilla. Ci saranno anche gli amici di Miguel>> la rassicurò mia sorella, sorridendo maliziosamente. E a quanto pare funzionò, perché ad Asia le si illuminarono gli occhi.
<<Allora ci sto. Di nuovo.>>
<<Io non so ballare, non mi piace ballare e non piace neppure a Massimo. Quindi andate voi e divertitevi.>>
Ana alzò le braccia al cielo, disperata, poi tornò a guardarmi. <<Ma dai, non devi essere una ballerina. E puoi ballare con uno degli amici di Miguel se Massimo non vuole.>>
<<Certo. È molto appropriato strusciarmi con un altro davanti agli occhi del mio fidanzato.>>
<<Tu ci verrai. Punto.>>
<<Non ci sperare.>>
Ci sfidammo qualche secondo con gli occhi e ci lanciammo una sfida senza parlare. Dovevamo solo aspettare qualche ora per scoprire chi avrebbe vinto.
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Le vie del cuore
ChickLitCome si fa a capire cosa vuole il cuore? È questa la domanda che si pone Anastasia ogni giorno da quando, a pochi mesi dal matrimonio con Massimo, ritorna nella sua vita Angelo, ex fidanzato e primo vero amore della sua vita. Nonostante siano passat...