L’aria nella stanza si fece carica di tensione all’improvviso. A parte Miguel e Lucas – ovviamente ignari di tutto – i restanti presenti, compresa io, trattennero tutti il fiato. Era come se ognuno di noi stesse aspettando con timore di vedere chi per primo avrebbe perso la pazienza, scatenando la propria rabbia sugli altri. Perfino Ana, l’artefice di tutto quel casino, era pietrificata accanto ad Angelo. Perse la sua gioia e il suo sorriso nell’istante in cui vide in che condizioni eravamo. Massimo era in piedi accanto al tavolo, abbastanza distante da me, con le spalle dritte e le mani strette a pugno; ovviamente, guardava malissimo Angelo. Quest’ultimo rimase sulla porta della cucina, ma in lui oltre alla rabbia si scorgeva anche un pizzico di tristezza. Io, come al solito, mi trovavo in mezzo e passavo lo sguardo da Angelo a Massimo e viceversa, facendo ogni tanto una piccola deviazione su mia sorella, la quale non si degnò di guardarmi neppure una volta da quando entrò in cucina. Miguel e Lucas erano quelli più calmi, ma ovviamente ci guardavano con un misto di confusione e curiosità.
<<Ehi, se avete in mente di fare una rissa, io preparo i popcorn>> esordì Lucas.
Stavo aspettando con ansia che qualcuno dicesse qualcosa per tirarci fuori da quell’imbarazzante situazione, ma giustamente Lucas scelse di dire l’unica cosa che non doveva dire.
Ana si schiarì la voce e spinse Angelo – ancora pietrificato – dentro la cucina. <<Lucas, tu sei l’unico a non conoscerlo. Lui è Angelo, un… amico. Angelo, lui è Lucas, il fratello di Miguel.>>
Mentre mia sorella faceva le presentazioni, gettai un’occhiata a Massimo, che ora guardava me con un lampo di rabbia negli occhi. Non capivo perché, io non avevo fatto niente e la presenza di Angelo non era colpa mia.
<<Massimo…>> non feci in tempo a chiamarlo che lui aveva già girato le spalle. Marciò a passo spedito e uscì dalla stanza senza dire una parola, lasciandomi confusa e pietrificata. Dopo qualche secondo, anche se le gambe mi tremavano, lo seguii per parlargli e cercare di capire cos’avesse; e quando finalmente lo trovai nella nostra stanza, si voltò a guardarmi furioso. Feci d’istinto un passo indietro perché non avevo mai visto Massimo arrabbiato in quel modo. A dire il vero, anche quando litigavamo lui era l’unico tra noi due a non alzare neanche la voce.
<<Hai chiamato tu Angelo?>>
Sputò le parole con rabbia e disprezzo. Non ero stata io a chiamarlo, ovviamente, e volevo gridarlo, ma le parole mi rimasero bloccate in gola. Scossi la testa e sperai che quello bastasse, eppure ancora gli leggevo negli occhi il dubbio e mi fece male, pur sapendo che non potevo permettermelo perché, anche se non ero stata io a chiamarlo, avevo fatto tante altre cose – più gravi oltretutto – e non avevo alcun diritto di sentirmi ferita se Massimo non mi credeva.
<<Non l’ho chiamato io>> sussurrai. <<Non ho nessun contatto con Angelo>> aggiunsi e sperai che non mi si leggesse in faccia che stavo mentendo.
<<Ah, no?>> ringhiò.
Tirai indietro la testa di scatto e lo guardai con gli occhi spalancati. Massimo non poteva sapere niente di tutto quello che era successo con Angelo, perciò pensai che quella fosse una specie di prova per vedere la mia reazione di fronte alla sua insinuazione.
<<No>> ripetei con più determinazione. E non so neanche io come riuscii a non tradirmi da sola.
<<E vuoi davvero farmi credere che tu non sapevi niente? Luana non ti ha detto che aveva invitato anche lui?>>
Anche se Massimo ancora tremava e non si era calmato, mi avvicinai lo stesso e gli posai la mano sul petto. Lui arretrò, cosa che mi fece male, ma ignorai la fitta di dolore che mi attraversò il corpo e mi avvicinai di nuovo. Questa volta gli presi il viso tra le mani e cominciai a parlare solo quando mi guardò negli occhi.
<<Non ho chiamato io Angelo e neanche sapevo che sarebbe venuto. Ana non mi ha detto niente. È stata una sorpresa anche per me quando è arrivato.>>
Dopo quella che mi sembrò un’eternità, annuì e mi abbracciò forte. Mi aggrappai a lui, sollevata perché finalmente mi credeva. Lo sentii tremare ancora contro di me e mi ritrovai a non sapere come o cosa fare per calmarlo. Sembrava che mi credesse, o almeno era quello che pensavo, ma quando si tirò indietro e mi guardò negli occhi, capii che c’era qualcosa che non andava.
Abbassai lo sguardo, incapace di guardarlo ancora. <<Mi dispiace.>>
<<Per cosa?>> domandò Massimo.
Quando riportai gli occhi su di lui, continuò a esserci qualcosa di strano che non riuscii a spiegarmi. Inoltre, non sapevo esattamente per cosa mi stessi scusando, forse un po’ per tutto: perché avevo permesso al mio cuore di provare ancora qualcosa per Angelo; per il bacio; perché in quel periodo più di una volta pensai di lasciare tutto, di lasciare lui, per dare una possibilità a un amore che forse se la meritava anche una seconda possibilità. <<Per il comportamento di Luana>> risposi invece; e in un certo senso mi stavo scusando davvero anche per quello che aveva fatto mia sorella.
Massimo annuì piano, lo sguardo perso nel vuoto. Ogni minuto che passava mi faceva sempre più paura la sua reazione. Forse per la prima volta da quando stavamo insieme, cominciai ad avere paura di perderlo.
<<Ti ricordi quello che mi hai detto la prima volta che abbiamo visto Angelo a casa dei miei?>>
Aggrottò la fronte e non parlò. Forse non si ricordava o, probabilmente, stava cercando di capire dove volevo arrivare con quella domanda; così andai avanti a parlare senza aspettare la sua risposta. <<Quando siamo tornati a casa, ti avevo accusato di essere troppo tranquillo, nonostante ti fossi trovato davanti il mio ex e nonostante io non ti avessi detto che lo avevo già visto. Ero furiosa con te perché non capivo come facevi a rimanere impassibile di fronte a tutto quello che era successo. Poi tu mi hai detto che in realtà ti dava fastidio, ma che non volevi discutere con me per colpa sua perché eri sicuro del nostro amore e perché non volevi rischiare di rovinare il nostro rapporto litigando per Angelo.>> Feci una breve pausa e gli lasciai un po’ di tempo prima di continuare. A un certo punto Massimo chiuse gli occhi e prese un respiro profondo e capii che sapeva quello che stavo cercando di dirgli. <<Anche se entrambi avremmo preferito non averlo qui per poter passare questi giorni insieme senza pensieri, dobbiamo ricordare le parole che mi hai detto quella sera ed essere forti. Per quanto ci possa dar fastidio, dobbiamo lottare per rimanere calmi. Credi ancora in noi, giusto?>> conclusi con un filo di voce perché, per la prima volta da quando stavamo insieme, non ero sicura di sapere quale fosse la sua risposta.
Mi guardò per qualche istante senza dire niente, sembrò quasi assente e mi ritrovai a trattenere il fiato in attesa della sua risposta.
Poi sospirò e abbassò le spalle. <<Sì>> disse semplicemente.
Tirai un sospiro di sollievo; e non metaforicamente parlando. <<Se vuoi andiamo via>> proposi, perché non volevo che restasse controvoglia, né tantomeno volevo quella tensione che si era creata tra di noi quando era arrivato Angelo.
<<No.>>
Ammetto che non mi aspettavo dicesse di no e che comunque la sua risposta non era tanto convincente, ma annuii lo stesso e lo presi per mano, spingendolo dolcemente fuori dalla stanza per tornare giù dagli altri. Entrammo in cucina così, mano nella mano, e li trovammo già tutti a tavola. Il pranzo fu un totale fallimento: nessuno disse una parola, a parte Miguel e Lucas che cercarono disperatamente di coinvolgerci tutti nella discussione, ma da parte nostra ricevettero solo borbottii e monosillabi. Andò un po’ meglio di pomeriggio, quando decidemmo di andare a fare una passeggiata.
Faceva abbastanza freddo e il cielo ero ricoperto di nuvole, ma ne approfittammo perché non pioveva e il sentiero intorno alla casa di Miguel mi affascinava troppo per rifiutare. Perciò mi armai di cappotto, sciarpa e cappello e uscii insieme agli altri. Camminai stretta a Massimo, che era ancora un po’ teso, ma decisamente meno di prima. Aveva le mani infilate nelle tasche del giubbotto e io ero praticamente avvinghiata intorno al suo braccio, con la testa sulla sua spalla. Se non avessimo già avuto un appartamento dove andare a vivere dopo il matrimonio, avrei di sicuro cercato un casa come quella di Miguel, in collina. C’era un senso di pace in quel posto che la città, con il suo caos, non avrebbe mai potuto darmi.
<<Sai cosa stavo pensando?>> disse Massimo di punto in bianco, riportandomi al presente, lontano dalle mie fantasie.
<<Cosa?>>
<<Sarebbe bello fare il matrimonio all’aperto.>>
Ero d’accordo con lui, ma speravo che non parlasse sul serio. Avevamo già prenotato il ristorante e inoltre ci sposavamo a fine marzo, non proprio il mese più adatto per sposarsi all’aperto.
<<Sarebbe bellissimo, ma spero che non parli sul serio. A meno che tu non voglia far congelare tutti gli invitati>> risposi ridendo.
Rise anche lui e chiusi gli occhi per godermi quel suono che fino a poche ore prima, credevo che non avrei sentito per tutto il fine settimana. <<No, tranquilla. Stavo solo immaginando come sarebbe sposarsi in un posto come questo.>>
<<Stai cercando una scusa per rimandare il matrimonio?>> scherzai.
<<Sarebbe un buon motivo per rimandarlo a quest’estate, ma no, non lo voglio rimandare. Semmai vorrei sposarti il prima possibile.>>
<<Spero che anche questa sia una battuta. Siamo ancora in alto mare, anche se manca pochissimo ormai.>>
Non ebbe tempo per rispondermi perché la nostra attenzione si spostò su Ana, dal momento che la sentimmo gridare. Preoccupata, la cercai con lo sguardo: erano davanti a noi e la scena che vidi mi fece innervosire. Lucas aveva mia sorella su una spalla e lei aveva appoggiato le mani sul suo sedere, cosa che non era necessaria oltretutto perché, anche se Lucas la stava tendendo a testa in giù come se fosse un sacco di patate, non l’avrebbe comunque fatta cadere.
Be’, sempre meglio con la faccia rivolta verso il suo sedere che verso un’altra parte del suo corpo, pensai.
Comunque, quello che mi fece scattare in avanti per allontanare mia sorella da Lucas, fu l’espressione corrucciata di Miguel. Quella testa tosta di Ana poteva pure fare finta di non capire la vera natura dei sentimenti di Miguel, ma era chiaro che fosse innamorato di lei e, giustamente, scene come quella non gli facevano piacere; neppure se si trattava di suo fratello, persona di cui, in teoria, poteva fidarsi.
Mi staccai da Massimo e raggiunsi velocemente mia sorella e Lucas. Mi parai di fronte a lui, costringendolo a fermarsi e incrociai le braccia sul petto. <<Mettila giù.>>
Buttò la testa all’indietro e rise. <<Altrimenti?>> chiese malizioso.
<<Ania, non c’è bisogno di fare questa scenetta. Stiamo scherzando>> disse mia sorella che, come al solito, non capiva mai niente.
La ignorai e tenni gli occhi su Lucas. <<Ti ho detto di metterla giù>> dissi tra i denti.
Miguel, Massimo e Angelo si avvicinarono a noi; erano tutti pietrificati sul posto. Mi guardarono sconvolti, gli occhi sbarrati. Se non fossi stata tanto arrabbiata con Lucas e Ana, mi sarei sentita a disagio.
Lucas fece un passo avanti con quel suo sorriso beffardo che mi innervosii ulteriormente. <<Rilassati, stiamo giocando. Vuoi unirti a noi?>>
Mentre contavo fino a dieci per non urlargli contro, la voce di Angelo anticipò la mia sfuriata. Una voce che mi mise i brividi per quanto era tagliente e dura.
<<Ti ha detto di farla scendere e tu la farai scendere. E no, lei non si unirà ai vostri giochi.>>
<<Non abbiamo bisogno del tuo intervento>> ringhiò Massimo. <<Alla mia fidanzata ci penso io.>>
<<E come esattamente? Restando zitto e muto dietro di loro mentre lui lancia doppi sensi, alludendo chiaramente a un altro tipo di gioco?>>
<<State un po’ esagerando ragazzi>> disse Ana, che era ancora a testa in giù sulla spalla di un Lucas sempre più divertito.
Si stava mettendo male. Trovarmi in mezzo a una guerra tra Massimo e Angelo non era proprio tra le cose che avevo in mente di fare in quel weekend.
<<Anastasia è abbastanza intelligente per difendersi da sola. Ovvio che non sarei rimasto a guardare ancora a lungo se lui avesse insistito, ma credimi, è tosta a sufficienza per non farsi mettere i piedi in testa da nessuno>> replicò Massimo, che ormai stentava a trattenere la rabbia.
Volevo parlare. Volevo fermare quella diatriba prima che la situazione gli sfuggisse di mano, davvero, ma il mio corpo decise di non collaborare.
<<Oh, lo so. Eccome se lo so.>> La replica di Angelo fu la goccia che fece traboccare il vaso.
Massimo si mosse così velocemente che nessuno ebbe il tempo materiale per fermarlo prima che il suo pugno si scontrasse contro la faccia di Angelo. Nel breve istante che mi occorse per sussultare dallo spavento, Massimo e Angelo finirono a terra; con quest’ultimo che teneva fermo Massimo sotto di sé per restituirgli il pugno – e anche qualcosa in più. Mi ritrovai pietrificata per la scena che mi si presentò davanti e non mi accorsi neanche che Lucas aveva finalmente fatto scendere mia sorella dalla sua spalla per aiutare Miguel a dividerli. Non fu facile – quei due stavano facendo maledettamente sul serio – e a un certo punto Massimo riuscì a girarsi, tenendo a quel punto Angelo inchiodato a terra.
Quello non era Massimo: lui era sempre stato così calmo e pacato che quasi non lo riconobbi, soprattutto quando riuscirono a separarli e guardai i suoi occhi pieni di odio.
Mi venne voglia di piangere; e lo feci sul serio perché in qualche modo, ero io la causa di tutto quello che era successo.
Ritrovai finalmente la voce e anche se era spezzata dal pianto, non me ne importò niente. <<Ce ne andiamo.>>
Non aspettai la risposta di Massimo, né lo guardai. A dire il vero non guardai nessuno e mi voltai in fretta per tornare a casa e preparare la valigia.
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Le vie del cuore
ChickLitCome si fa a capire cosa vuole il cuore? È questa la domanda che si pone Anastasia ogni giorno da quando, a pochi mesi dal matrimonio con Massimo, ritorna nella sua vita Angelo, ex fidanzato e primo vero amore della sua vita. Nonostante siano passat...