0. Capitolo

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"Purezza"


Una voce profonda riecheggiò nell'aere, percorrendo veloce il cielo dalle sfumature cremisi, fino a raggiungere le mie orecchie:

"Il sangue ha un profumo dolce, non credi anche tu, figlio mio?" essa mi domandò. Il rumore delle foglie scosse dal vento, seppur impetuoso, non riusciva a coprire le sue grevi note. Il padrone di quei suoni alzò al firmamento la mano sinistra. Lunga, affusolata e con degli artigli capaci di squarciare le carni più resistenti, al suo interno vi era celato qualcosa che pulsava ancora, flebile, quasi sul punto di spegnersi per sempre. Le stelle bruciavano di un'inquietante luce rossastra quella sera, mentre la luna piano piano assumeva lo stesso colore.

La sua figura alta e snella si ergeva davanti a me, che a confronto parevo quasi sparire tanto ero insignificante. Mi mostrò ciò che aveva strappato dal petto della creatura che tormentava allora i miei incubi più neri. Una piccola massa informe rossa da cui colava una strana sostanza calda dello stesso colore gli stava piano piano sporcando le dita. Le narici mi si dilatarono, mentre un profumo ferreo e stranamente penetrante mi entrava dentro, risvegliando tutti i miei sensi. Le spalle mi si irrigidirono, non riuscendo più a distogliere gli occhi da quella cosa, inorridito e affascinato allo stesso tempo. Trattenendo quell'opprimente sensazione che era comparsa alla bocca dello stomaco, indietreggiai, preso dal timore, mentre piano piano il candore di fanciullo dentro di me si dissolveva come polvere.

Lui mi scrutava, senza mai distogliere lo sguardo nemmeno per un secondo, così alto da poter quasi toccare il cielo. Nulla sfuggiva alla sua vista, nemmeno il tremore delle mie piccole mani. Leggeva con maestria l'odore della mia paura, facendolo sembrare un gioco da ragazzi.

Aggrottò l'invisibile sopracciglio in un'espressione di totale delusione, mentre i muscoli della sua fronte si contraevano.

"Ti ritrai quindi, Slender?" chiese mio padre con un tono severo, riempiendomi di fitte il cuore che aveva iniziato a battermi all'impazzata. Mi squadrava impietosamente dalla sua altezza, che era quasi il triplo di me, finendo per sembrare ancora più alto. Forse era anche per quello che avevo sempre avuto timore di lui.

"N-no, padre..." ebbi appena la forza di ribattere, mentre la mia lingua mi tradiva, rendendo le mie parole ancora più incerte. Speravo solo di finire al più presto quell'interminabile caccia, sentendomi a disagio come non mai.

Il suo viso parve rilassarsi per un secondo, per poi riacquisire severità l'attimo successivo. Allungò le mani verso di me, mettendole a coppa per contenere meglio il liquido.

"Allora vieni e bevi il suo sangue" dichiarò, incoraggiandomi ad avvicinarmi a quella cosa.

Mossi tre passi in avanti, passi insicuri, lenti, che parevano pesare come macigni attaccati ai muscoli delle mie gambe. Volevo allontanarmi, fuggire via, fare qualsiasi altra cosa invece che procedere, ma non avevo alternativa. Mi fermai, prendendo un bel respiro.

Dovevo trovare il coraggio di reagire.

"Io... non sono sicuro di-" balbettai, stringendo con le dita il lembo del mio stesso vestito fino a creare dei piccoli buchi al suo interno, tanto la presa era forte.

"Si che lo sei invece, figlio. Questo è il destino della nostra specie. Non puoi cambiare ciò che c'è nelle tue vene." Mi interruppe con fermezza, schiacciandomi con il peso di quelle parole . Non sentivo più le gambe, ma restai in piedi lo stesso.

Ero in un angolo e non c'era via di fuga. Per la prima volta sentii pesare il fardello che avevo posto sulle spalle, mentre la mia mente veniva infestata da voci spiritate che chiamavano il mio nome, costringendomi a procedere verso ciò che avrebbe posto una fine definitiva alla mia infanzia.

Mi avvicinai a lui, posando la mano sopra la carne, e bevvi, assaggiando per la prima volta il sapore del vero sangue.

Non sarei mai più ritornato indietro, quel gusto divino mi aveva incatenato a sè per sempre.

Ore più tardi, verso sera, mi ritrovai nella mia camera, abbracciato contro il petto di mia madre per nascondere le lacrime ad occhi indiscreti, la luce fioca della lampadina l'illuminava in parte, creando un'atmosfera accogliente. Lei era l'unico conforto che avevo.

Fu allora che il mostro nacque, distruggendo completamente ogni briciolo di previa innocenza.

Faceless (In Revisione)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora