1. Capitolo

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"Ricordi"



Passarono gli anni da quell'infausto giorno. Ogni istante che trascorreva finiva per cancellare sempre di più ciò che ero stato, lentamente ma inesorabilmente.

Non ci volle molto per abituarmi a questo mio nuovo io.

E, con esso, arrivò anche un insaziabile desiderio di solitudine. Ero sempre stato uno slender abbastanza introverso e solitario, ma mai così tanto prima d'ora. Non riuscivo a comprenderne bene la ragione, semplicemente non sentivo più il desiderio di avere altri esseri della mia stessa specie attorno a me.

Volevo rimanere solo, completamente solo, isolato dal resto del mondo.

Trascorrevo spesso la maggior parte del tempo nascosto in qualche angolo della mia camera a leggere, chiudendomi completamente al mondo esterno.

Mio fratello minore, Trender, veniva a farmi visita a volte: entrava silenzioso dalla porta della mia stanza, per poi sedersi alla fine del letto, apriva uno dei suoi libri sui "servitori" o, come usavano chiamarsi tra di loro, umani, e anche lui si metteva a leggere. A volte non mi accorgevo nemmeno della sua presenza, tanto era silenzioso. Non veniva molto spesso, dato che viveva con gli zii per motivi che erano stati tenuti oscuri ad entrambi. Pareva trovarsi bene lì o, almeno, non se ne lamentava.

Non avevo un vero e proprio rapporto fraterno con lui, eravamo come due foglie: lontane tra di loro, sebbene attaccate allo stesso ramo. Ci bastava stare in silenzio nella stessa stanza a leggere, era questo il nostro modo di essere fratelli, non avevamo alcun bisogno di interagire tra di noi. Si può quasi dire che eravamo come cugini, nonostante il nostro sangue ci legasse indissolubilmente.

Poi, in un giorno di mezza estate, nacque un secondo fratello.

E tutto cambiò rapidamente, portando caos tra le mie mura di tranquillità assoluta.

Piccolo, paffuto e con una bocca stracolma di denti aguzzi, grande quasi quanto la metà della sua faccia bianca, era decisamente lo slender più rumoroso e fastidioso che avessi mai sentito in vita mia. Lo chiamarono Offender, e non senza un valido motivo.

I suoi primi anni di vita furono solo pianti che duravano per tutto l'arco della giornata. Non c'era tregua, a quell'infante non mancava mai il fiato.

Per mia sfortuna, la sua camera era proprio accanto alla mia e lo sentivo ogni santo giorno.

Infinite volte stingevo il cuscino intorno alla testa, maledicendo il mio udito fin troppo fine.

Quando crebbe, la situazione non migliorò. Mi seguiva praticamente ovunque e sbavava su tutti i miei libri, distruggendoli poi in piccoli pezzi con le sue manine e i suoi minuti viticci bianchi.

Si divertiva un mondo a vedermi perdere le staffe, dato che cercavo sempre di mantenere un certo grado di compostezza. Per lui non ero affatto divertente quando mi comportavo così.

Questa caratteristica particolare persistette per tutto l'arco della sua crescita, durando ancor oggi, ma per mia fortuna perse il vizio di venirmi dietro.

Mio padre diceva sempre che assomigliava molto al nonno ma, non avendolo mai conosciuto, non avevo idea se fosse vero o meno.

Trascorse un periodo tranquillo, nulla di particolare accadde. Crebbi fino a diventare un giovane slender ed entrai a far parte di quel circolo di attenzioni che erano dedicate ai possibili futuri pretendenti delle mani di giovani fanciulle slender che, come me, erano appartenenti ad importanti famiglie della nostra società. Sinceramente, non mi importava nulla di tutti quei sotterfugi, ma se avesse reso onore alla famiglia, non mi sarei opposto.

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