3. Capitolo

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"Come fai ad esserne così sicuro?"



Ci sono volte in cui mai ti aspetteresti gli esiti a cui le tue azioni portano, tanto sono imprevisti e assurdi da non sembrar parte del reame del possibile.

Mai mi sarei aspettato che una piccola distrazione potesse scatenare un tale domino di eventi da rendere la mia vita, normalmente scandita da azioni prestabilite in successione regolare, un vero e proprio pandemonio.

Completamente all'oscuro di ciò che mi attendeva all'orizzonte, rientrai nella mia dimora, pulendomi le scarpe sul vecchio zerbino verde sbiadito, e richiusi il pesante portone d'ingresso alle mie spalle con l'ausilio dei miei viticci, scivolando silenziosamente al coperto.

Percorsi il corridoio a grandi falcate, sentendo la casa stranamente silenziosa tutto intorno a me: niente schiamazzi, parolacce, grida di orrore, risate isteriche o deliri di onnipotenza, solo il silenzio. Il mio amato silenzio.

Era tutto troppo bello per essere vero. Una buona probabilità che fosse stato solo un sogno c'era, ma un piccolo particolare mi disse che era la realtà.

Scartai l'ipotesi di essermi addormentato per sbaglio sulla via di casa nell'esatto istante in cui scorsi il mio riflesso nello specchio appeso alla parete: era troppo nitido per un'esperienza onirica.

Approcciai l'appendiabiti di mogano per posarvici sopra la mia giacca nera, stirandone per bene le maniche prima di lasciarla completamente andare. Quelle di Splendor e Offender non erano lì, dovevano sicuramente essere usciti prima del mio ritorno. Era decisamente un bel problema in un tale momento.

Almeno Trender era in casa, il suo lungo cappotto marrone scuro ancora appeso perfettamente al suo posto.

"Come se fosse qualcosa di cui solitamente gioisco..."

Pensai sarcastico, mentre la mia mano mi sfiorò il volto in un gesto di automatica frustrazione, sperando vivamente che mio fratello non fosse stato improvvisamente colto da un momento di alta ispirazione artistica.

Poteva essere quello il motivo per cui le giacche dei miei fratelli minori non erano presenti e la cosa, sinceramente, non mi faceva pensare per il meglio.

Con tutto il cuore cercai di convincermi che fosse solo una coincidenza e non la vera causa della momentanea assenza dei due nella villa.

A passi spediti, attraversai l'intero piano inferiore, cercando l'unico fratello che allora doveva essere presente in qualche angolo della casa.

Non mi ci volle molto per trovarlo, dato che si era rifugiato in cucina. Stava chino sul bancone di legno, circondato da quattro, relativamente piccole, montagnole di riviste di moda in ordine crescente di altezza. C'era anche un piccolo libricino per ricamare a maglia abbandonato in un angolo buio, proprio accanto al contenitore della farina in terracotta.

Lui alzò il viso con lentezza nella mia direzione nello stesso istante in cui varcai la soglia, riaggiustandosi gli occhiali con un movimento calmo della mano per poi portarsela alla bocca per soffocare uno sbadiglio.

"Com'è andata la caccia oggi, Slender? Trovato nulla che soddisfacesse i tuoi raffinati gusti?" C'era un pizzico di ironia nella sua voce, ovattata dal suo stato decisamente sonnolento. Era palese che non approvasse le mie scelte di vita, ma non voleva ferirmi, nonostante la sua domanda sarcastica. Il punzecchiarci a vicenda era piuttosto normale, dato che disapprovavamo i nostri reciproci comportamenti, sebbene ci rispettassimo abbastanza da non interferire l'uno negli affari dell'altro.

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