7. Capitolo

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"Un rivolo nero"



L'ombra balzò agilmente dallo scaffale, atterrando leggiadra al suolo, mostrandosi sotto la luce della finestra per rivelare il suo vero aspetto.


...


"Miao!" Esclamò una piccola palla di peli neri come la notte, fissandomi con le sue grandi pupille dilatate, per poi leccarsi la zampetta sinistra con fare noncurante.

Tirai un sospiro di sollievo: era solo un gatto, nulla di cui preoccuparsi o aver paura.

Stava iniziando a diventar deleterio vivere a quel modo. I nervi quasi sempre tesi non mi portavano alcun giovamento ed ero consapevole che, a lungo andare, la mia lucidità si sarebbe deteriorata.

Buffa cosa di quell'intera faccenda fu che il gatto, invece di averne una sola, avesse ben due code.

A quanto pare la sua padrona non era l'unica creatura bizzarra di quel posto.

Il micio nero mi si avvicinò con le code ritte, le punte leggermente inclinate in avanti, gli occhi appena socchiusi, osservandomi con espressione serafica.

Si fermò proprio ad un passo da me, miagolando nuovamente, mentre mi fissava con le sue pupille che nelle tenebre parevano ancora più grandi e dolci.

Chinandomi, arrivai quasi al suo livello.

"Siete seriamente tutti così amichevoli in questa dimora?" Avvicinai la mano per carezzarlo e, invece di ritrarsi, esso si gettò con tutto il muso per strusciarsi affettuosamente.

Tirai un lungo sospiro. "... a quanto pare si."

Il contatto non mi dispiacque. Avevo una certa intesa con i gatti, probabilmente per alcune attitudini in comune.

Ammetto senza vergogna che allora diedi più fiducia al gatto che alla padrona, mostrando una certa diffidenza nei confronti di chiunque non conoscessi personalmente. I gatti erano animali piuttosto semplici da capire conoscendone linguaggio e abitudini.

Le streghe invece erano tutt'altra cosa: la quantità esistente di incantesimi nocivi e di misteri che circondavano le loro figure erano a dir poco impressionanti.

E poi, il fatto che non riuscissi a carpire le vere intenzioni di quella donna non andava di certo a suo favore. Ero certo che non fosse possibile racchiudere millenni di incantesimi in un libro così piccolo, non era finita lì: ce n'erano degli altri.

"Come ci si può fidare di una strega? Un essere con tali poteri... è come giocare con il fuoco... no... anche peggio!"

Posai il volume sul tavolino mentre un secondo, martellante, pensiero mi sfiorò la mente, fissando distrattamente nel frattempo quei bellissimi occhi color verde acqua che avevo davanti.

"Come ci si può fidare di uno slender invece?"

Lei lo aveva fatto, si era fidata di me e, anche se era stato un comportamento piuttosto avventato, non cambiava ciò che era successo.

Era nella mia stessa identica situazione.

Una magra consolazione, certo, ma una consolazione nonostante tutto.

Se fosse stata sincera, avrebbe avuto la sua chance di guadagnarsi quantomeno il favore della famiglia e io la via che avrebbe portato alla risoluzione dei miei problemi.

Faceless (In Revisione)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora