5. Capitolo

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"Due anime sconosciute"



Un passo dopo l'altro, le mie gambe si muovevano placide, mentre la mente era ferma a riflettere sulla situazione attuale, lasciando che il fresco venticello notturno mi sfiorasse il viso.

Era assai strano, devo dire, fissare le spalle di qualcuno senza provare il desiderio di nuocergli, quasi come se all'improvviso la normale routine si fosse ribaltata di colpo, assaltata da un caos senza nome che stava iniziando a cambiare silenziosamente le regole del gioco.

I miei fratelli erano ovviamente esclusi dalla lista di possibili prede e, sebbene io fossi abituato a guardargli le spalle, in questo caso non contavano poiché era un'azione più che scontata come loro fratello maggiore.

Non era quello il punto. Lei era un'estranea, qualcuno al di fuori dal nostro mondo: non capitava spesso che ad un tale essere fosse permesso di camminarmi davanti senza rischiare la vita.

E comunque non era detto che non l'avrei uccisa. In quel momento era come se camminasse su un filo sottile sospeso sul nulla, un passo falso e sarebbe stata la fine. Un'altra vita spezzata sarebbe aggiunta alle altre.

Mi ritrovai a chiedermi quanto tempo fosse trascorso dall'ultima volta che ero stato amichevole con un estraneo.

Sebbene il ricordo di un me ben più ingenuo fosse ancora vivido nella mente, facevo fatica a riportare quell'immagine per intero in superficie. I miei anni più socievoli, se così si possono definire, erano davvero solo un lontano ricordo e volevo che rimanesse tale.

Avevo fatto bene a lasciarmi quella vita alle spalle.

Molte cose erano cambiate, troppe, e io non facevo eccezione.

Parte di me non voleva nemmeno richiamare quei momenti marchiati a fuoco nell'anima, preferendo rimanessero sotterrati dove non potessero esser raggiunti.

Cercavo di dimenticare, guardando dall'altra parte finché mi era possibile.

Nel frattempo lei, la strega dai lunghi capelli rossi come il sangue, mi dava le spalle, camminando placidamente qualche metro innanzi a me per condurre il passo con una tranquillità che sembrava quasi anormale in quel contesto.

Qualcosa in me mi diceva che fosse persino contenta della situazione, soprattutto per quel sorrisetto appena accennato sulle sue labbra, il che di per sé era piuttosto bizzarro.

Insomma, sono uno slender, non l'omino di pan di zenzero, perché era così calma in mia presenza?

Non pensavo mi avesse scambiato per tale, non poteva averlo fatto, tanto che fosse un'evenienza effettivamente impossibile data l'abissale differenza d'aspetto e comportamento.

Ma non si poteva mai sapere, dopotutto era una persona piuttosto inusuale.

Sperai vivamente che non fosse così, sarebbe stato alquanto sconveniente.

Attraversava il terreno scosceso con una cadenza regolare, spezzando ogni tanto il ritmo con dei lunghi balzi per raggiungere punti che le erano preclusi, fermandosi a tratti per controllare che si stesse dirigendo nella direzione giusta e che io fossi ancora alle sue spalle, mentre le sue vesti frusciavano rumorosamente contro l'erba incolta.

Era così rumorosa che sembrava lo facesse di proposito, quasi per non permettermi di perderla di vista lungo la via.

O almeno quella era la mia interpretazione del suo comportamento.

Faceless (In Revisione)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora