Non siamo noi a decidere chi vogliamo essere, come vogliamo essere e quali genitori avere.
La vita ci viene data, consegnata in mano, dopodiché ci fanno un sorriso e ci dicono "arrangiati a conviverci".
Così noi prendiamo la vita da ogni lato, la giriamo e rigiriamo, cerchiamo di capire da dove cominciare e cosa fare, intraprendiamo una strada che alla fine si rivela essere quella errata e non ci rimane altro da fare che mollare e ricominciare con un'altra; così come abbiamo preso la nostra vita in mano, alla fine, la appoggiamo lì sul tavolo e la osserviamo.
E cominciamo a pensare...
Che senso ha tutto questo?
Perché continuo a lottare?
Perché continuo a crederci?
Perché continuo a sperare?
Perché ancora?
Perché io?
...
La vita non ci dà risposte.
La vita ci dà strade e noi in base alle nostre scelte ci diamo le risposte."Alis sveglia.
Alis..
Alis svegliati cazzo!"
"Mamma lasciami in pace e non urlare, c'è Mary che sta dormendo."Era il primo giorno di scuola.
Alis era in prima liceo e non le andava affatto di alzarsi, poi quando sua mamma si mise a urlare così poteva anche sognarselo che io lei si alzasse dal suo caro, dolce e amato letto.
Mary è la sua sorellina, ha un anno e mezzo, dorme in camera con i suoi genitori però gli urli di sua mamma poteva sentirli anche la tribù dei Korowai, i quali vivono in Papua Nuova Guinea e avrebbero preso le urla per un richiamo per mangiarla viva all'istante se non fosse andata di corsa a vestirsi.
Sua mamma era ancora lì a guardarla con le braccia incrociate, non si muoveva e non aveva intenzione di farlo finché non si sarebbe alzata."Se mi continuerai a fissare sicuramente non mi alzerò per magia."
Disse mentre teneva l'occhio semiaperto.
"Alzati.. e non mi rispondere così! Oggi è il tuo primo giorno di scuola quindi ti devi alzare e basta."
Le disse mentre usciva da quella dannata porta.
Lei é fatta così: non bisogna stare lì a chiamarla un miliardo di volte per farla alzare dal letto perché altrimenti, per dispetto, ci rimane finché non la lasciano in pace.
Appena sua mamma uscì si sedette sul letto, si stropicciò gli occhi con i palmi delle mani e con estrema calma si alzò dal letto.
Un piede a terra, poi un'altro e restò seduta.
Si alzò, si stiracchiò e mentre sbadigliava restò immobile per qualche secondo in quella posizione alquanto dubbia.
Fece un passo, poi un'altro; trascinava i piedi a ogni centimetro che faceva.
Si girò per guardare l'orologio e... cazzo.. era in ritardo.
Si buttò verso l'armadio e aprì le porte, tirò fuori jeans e una maglietta a maniche corte a caso, aprì gli scaffali in basso e tirò fuori reggiseno, mutande e calzini, ovviamente tutto di colore nero.
Si vestì così veloce che alle Olimpiadi avrebbe potuto vincere l'oro in tutte le discipline.
Prese la maglia che aveva lasciato sulla sedia di fronte alla scrivania la sera prima e la mise subito sù, purtroppo non poteva concedersi di andare in giro a maniche corte, scese per le scale con lo zaino sulla spalla e andò in bagno.
Buttò lo zaino a terra, si lavò la faccia, spazzoló i denti, si mise un po' di fondotinta, un po' di profumo e non pettinò neanche i capelli.
Raccolse i capelli in una coda tanto per non sembrare più barbona di quanto non lo era già e ripreso lo zaino si diresse verso la cucina.
Sua mamma la guardò e subito le chiese:
"Non mangi nulla?"
"Sai che al mattino non mangio mai." Rispose.
"Dovresti cominciare." Disse.
Alis fece roteare gli occhi e senza proferire altra parola prese una mela, diede un bacio sulla guancia alla mamma e la salutò dolcemente.
Di risposta si era beccata un calcio in culo; non le era stato dato con brutte intenzioni, no, la sua mamma aveva questa abitudine che quando Alis aveva un compito in classe importante o quando c'è il primo giorno di scuola lei le tira un calcio in culo scherzoso.
Era diventata una tradizione.
Mentre stava per uscire c'era papà che scendeva le scale e le disse con la solita voce roca delle 7 del mattino
"Ti porto io."
"Non serve Francesco.
Posso andarci da sola."
Insistette, infondo doveva solo prendere la corriera con tre-quattropersone che già conosceva, ma lui essendo più testardo di lei vinse.
E sì, lei non lo chiama papà ma Francesco.
Francesco non è suo padre biologico, i suoi genitori si erano separati quando aveva 9 anni e poco tempo dopo è arrivato lui.
È bravo come papà, sa essere molto infantile, a volte è scontroso.. molto scontroso.. ma credetemi, troppo scontroso.. e deve sempre aver ragione.
Suo padre biologico non era mai stato un papà modello e non lo è tutt'ora; è da poco che ha deciso di non vederlo più, esattamente dal 30 agosto, non voleva più saperne di lui, ne della sua fidanzatina.. ne del figlio di quest'ultima..
Cominciò a pensare a quei giorni passati in quella casa con loro, e pensò che avrebbe voluto solamente dimenticare tutto.
Cercò di scacciare via i pensieri, aspettò Francesco e alle 7:30 partirono per andare a scuola.
Durante il viaggio non avevano parlato, la ragazza preferiva sempre mettersi gli auricolari e staccarsi dal mondo.
La prima canzone della playlist era 'Pompei' dei Bastille, era una cosa banale ma, lei ci si ritrovava in quella canzone. A dirla così potrebbe sembrare che era la solita adolescente che si rifugiava nella musica perché tutti e tutto la abbandonavano o non la capivano; da una parte é vero che nessuno la capiva e lei non voleva essere capita, in realtà lei voleva solo essere lasciata in pace.
La musica era veramente la sua migliore amica, non esisteva un solo genere musicale che non le piacesse: rap inglese e italiano, folk music, pop anche se un po'di meno, metal, jazz, rock, trap, country, indie, reggae e house; tanto per dire, dentro di lei c'era un forte contrasto di pensieri, come fra i due generi: Gospel e Hardcore.
Lei era esattamente così, era un contrasto fra melodie dolci e acute, fra melodie calme e dinamiche.
In 25 minuti eravani arrivati in sede centrale dove poi avrebbero smistato i ragazzi nelle varie sedi e nelle rispettive classi.
Alis ha sempre odiato il momento in cui dovevano chiamarla dicendo nome e cognome, é polacca e la gente fa un disastro nel pronunciare il cognome facendo scoppiare così una bomba contagiosa di risate.
Appena arrivata in sede, Francesco se ne andò e rimase lì da sola a combattere il disagio di essere una primina, una "bimbaminchia" come dicevano quelli che solo qualche anno prima erano nelle sue stesse condizioni.
Entrata in auditorium si sedette in un posticino molto comodo, non troppo in fondo ne troppo vicino ai professori perché preferiva rimanere nascosta, le bastava già la figura di merda che avrebbe fatto al momento della 'mietitura'.
All'inizio hanno fatto come al solito il discorso di introduzione, il preside si era raccomandato di rispettare le regole, al ché io pensai "certo,contaci babbo Natale", poi cominciarono a distribuirci nelle varie classi e.. ops.. il suo cognome "Li...i...z..."
Alis pensava nella sua testa figlio di una buona donna, porca puttana sbrigatiiii!
"Scusate.. Liz..zek"
Ah bhe.. perchè ora l'hai detto giusto? Eh nonnetto? pensò ancora.
Però era sembrato che a nessuno importasse, sono stati tutti zitti, forse erano intimoriti dalla presenza del preside.
Almeno questa me la sono risparmiata pensò.
Dopo che la lista dei nomi si concluse, una professoressa accompagnò Alis e i suoi futuri compagni fuori fino alla loro sede, il linguistico, che distava all'incirca mezzo chilometro dalla sede centrale, gli portò in una classe ed è così che l'inferno ebbe inizio.(Il linguistico)
Persa fra i suoi pensieri ad un certo punto vide con la coda dell'occhio qualcosa arrivarle addosso, la prese al volo senza neanche girarsi.
Potreste anche dire che è una cosa impossibile, ma l'ha fatto, i suoi riflessi erano sviluppati al massimo, qualunque cosa si muoveva non passava mai inosservata sotto i suoi occhi.
Aveva giocato a calcio per 5 anni ed era abituata a tenere gli occhi bene aperti, era fatto da portiere, ha fatto anche il difensore e l'attaccante.
Sul campo ha corso così tanto da far sembrare le partite una guerra senza armi, anche se in realtà l'arma preferita di Alis era il suo corpo.
Insomma, prese quella cosa morbida al tatto, guardò meglio ed era un pupazzo di rana.
Si guardò interrogativa intorno e la professoressa cominciò a dire "Halo, kannst du uns sagen wie heißt du und wie alt bist du?".
Nella stanza riservata ai pensieri nel suo cervello, girò l'eco "ah, tu dovresti essere la strega di tedesco" e con l'intelligenza che aveva le rispose "nein, non so il tedesco".
Era una bella professoressa, aveva i capelli un po' ricci, corti e biondi, gli occhi azzurri, era alta circa 1,70 ed era abbastanza magra, apparte la pancetta che le si vedeva un poco.
Insistette più volte per farle dire qualcosa in più, alla fine Alis lesse alla lavagna delle cose e con una pronuncia alquanto dubbia disse "ich heiße Alis und ich bin quasi quattordici Jahre alt".
Vedendo che non avrebbe partecipato più la professoressa disse di lanciare a qualcun'altro il peluche, guardò da un'altra parte e la ragazza ne approfittò per farsi gli affari suoi.
La giornata finì alle 11, quelli delle prime finiscono sempre un'ora prima il primo giorno, Francesco venne a prenderla, la riportò a casa e subito dopo venne il terzo grado di sua mamma.
"Com'è andata? Vi hanno già dato compiti? Ti sei fatta degli amici? Hai fatto la brava? Tutto okay?"
Sapeva già come rispondere ad ognuna di esse "Bene. No, niente compiti. Si ho fatto molte amicizie (bugia numero 1 incassata) e si tutto bene (bugia numero 2.. incassata)."
Sua mamma le sorrise soddisfatta delle risposte, dopodiché andò a preparare il pranzo.
La giornata passò in fretta. Come ogni sera prima di lavarsi e mettersi sul letto andò a farsi un giretto.
Prima che calasse il sole era il momento migliore per andare a spasso e riflettere, però quella sera di riflettere non ne aveva voglia, non pensò proprio a nulla.
Tornò a casa, si lavò e diede i baci della buona notte ai genitori, era un abitudine ormai, infine si dicesse in camera sua, chiuse la porta e diede sfogo a tutto lo schifo che si era tenuta dentro per tutta la giornata.
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Parole mai dette
NezařaditelnéLa protagonista di questa storia si chiama Alis, è una giovane adolescente che passa la maggior parte del tempo da sola. Solo nella solitudine si sente stranamente bene, completa e a suo agio perché fino ad allora dopo le svariate esperienze che ha...