Capitolo 6

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Alis si era addormentata.

Era tutto nella sua testa, soltanto che.. usciva dalla sua testa e sembrava tutto troppo reale, come a quel tempo..

Dopo essersi svegliata alle 3 andò in cucina.
Stava camminando con gli occhi socchiusi e con un passo, oltre che goffo, che risaltava ancora di più la sua sonnolenza.
Arrivata in cucina, prese una scatolina e tirò fuori una boccetta.
Dicevano che doveva prenderlo in caso le fosse venuto un attacco di panico o cose simili.
'Il fatto che sono semplicemente agitata è compreso' pensò.
Ci vedeva malapena con gli occhi però riuscì a distinguere la scritta della medicina che stava per prendere. "Xanax", ecco, diciamo che Alis aveva provato molti ansiolitici che non funzionavano quasi per nulla. Così come soluzione ultima il medico curante aveva deciso di prescriverle questo anche se non è consigliabile per i minori di diciotto anni. Ne prese direttamente quasi 1 mg, cosa che ovviamente non avrebbe dovuto fare, ma a lei ovviamente non importava.
Si rimise a letto e sperava di non sognare di nuovo.

2 ore dopo..

Sta correndo per una strada asfaltata e buia, c'è solo qualche lampione che fa una lieve luce sul percorso. Su un lato c'è un marciapiede, dall'altra dovrebbe esserci un bosco... a giudicare da quelle forme nere. Sta correndo velocissima, si gira solo una volta e comincia a piangere mentre corre. Urla cercando di farsi sentire da qualcuno ma quasi tutta l'aria l'aveva sprecata per scappare. La stava inseguendo. Era dietro di lei. Si stava avvicinando. 'Aiuto!' pensava. 'Aiutatemi! Vi prego!' . La prese da dietro. In un attimo si ritrovavano a casa, nel letto. E lui le sussurrava qualcosa. 'Rilassati' disse mentre la avvicinava a sè. La abbracciò da dietro, 'Sei troppo rigida' disse. Si avvicinò di più all'orecchio e sussurrò ancora 'Se vuoi provare qualsiasi cosa, fare qualsiasi cosa..- sfiorò il suo collo col naso- puoi dirmelo'.

"Nooooooo!
Nooo!
Noooo!
Lasciami!"

Si mise seduta sul letto di colpo, aveva il battito troppo accelerato e il respiro affannato. Era sudata e in un attimo si sentì molto pesante e le girava la testa. Strisciò giù dal letto buttandosi poi sul pavimento, si mise seduta appoggiata al muro con le gambe attirate al petto e cercava di riprendere fiato. Fallì nel tentativo. Cominciò a piangere.
'Perchè proprio a me?!
Che cazzo ho fatto per meritarmi questo?!
Perchè lo sogno sempre!?
Voglio morire cazzo! Non ce la faccio più..' pensava.
I pensieri erano così forti nella sua testa, erano una burrasca, una tempesta, un uragano.
Quando i pensieri diventano un tornado non potete fare altro che esserci inghiottiti.
Ribellarsi sarebbe valso a niente, sarebbe stato solo uno spreco di già così poche forze di cui era dotata Alis.
E questo la portò a diventare il tornado: lei era il tornado.
Era il disastro prima del disastro e il disastro dopo il disastro.
Era il male primordiale e attuale.
Era semplicemente ed inevitabilmente il male in persona per se stessa.
Non ebbe più voglia di alzarsi, non voleva più niente.
Prese una penna a sfera Bic e cominciò con l'estremità di questa a fregarsela con forza sul braccio.
Non ci stava capendo niente nemmeno lei, che idea assurda che aveva avuto eppure la stava facendo stare bene.
All'inizio passava da un semplice rossore chiaro nel punto esatto sul quale passava con la penna al togliersi la pelle a forza di premere contro la pelle.
Appena non sentiva più dolore e cominciava a fuoriuscire il sangue spostava di poco la penna e ricominciava a muoverla insistentemente dall'alto verso il basso.
L'ha fatto per quattro volte, dopodichè si fermò, le ferite bruciavano ma poco importava perchè l'obiettivo era solo uno: sentire dolore fisico per non dare la possibilità ai sentimenti e al dolore psichico di soverchirsi.
Rimase con la penna in mano, i gomiti erano appoggiati alle ginocchio e aveva le braccia distese come se stesse pensando per la prima volta a cosa aveva appena fatto.
Scesero piccole lacrime dai suoi occhi mentre il respiro che poco a poco in quegli istanti aveva recuperato si faceva più affaticato.
Teneva la testa leggermente piegata in basso, le labbra socchiuse per respirare con la bocca e gli occhi chiusi.
Quelle lacrime le davano quell'aria innocente che lei sempre ha odiato.
Le lacrime per lei erano segno di debolezza, cosa che lei non voleva essere dinanzi alle persone, ma, per fortuna, lei in quel momento era sola con se stessa.

Parole mai detteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora