Capitolo 10

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Jennifer

Per anni ho sperato che Kyle tornasse da me anche se sapevo benissimo che questo non sarebbe stato possibile. Nonostante mi fossi sposata con Trevor e all'inizio pensassi di esserne follemente innamorata, in cuor mio sapevo che non era così. Per i primi due anni, tutto era andato a gonfie vele. Ci eravamo sposati, avevamo trovato una bella casa in cui vivere e il lavoro non ci mancava. Non lo conoscevo benissimo però, sapevo poche cise di lui ma non me ne ero mai preocupata più di tanto. Dopo il matrimonio erano iniziati a venir fuori alcuni problemini che pensavo si sarebbero risolti nel giro di poco. La nostra giornata era fatta di colazioni a letto, lavoro fino alle tre del pomeriggio per me mentre per lui dipendeva dai turni e la sera insieme a coccolarci. Tutto ciò però era durato poco, esattamente due mesi dal giorno del nostro matrimonio, dopodiché,  Trevor aveva iniziato ad uscire con gli amici la sera per poi rincasare a tarda notte e con un alito di alcool. Inizialmente la cosa capitava di rado quindi non me ne preoccupai, quando scoprì di essere incinta, Trevor era al settimo cielo e non mi lasciava un attimo da sola. Sempre pieno di attenzioni e premure nei nostri riguardi. Ma in lui vedevo che qualcosa non andava eppure non osavo chiedergli niente per paura di scoppiare la bolla che ci eravamo creati. Dopo la nascita di Savannah erabo iniziati i veri e grossi problemi. La bambina era nata con un piccolo problema al cuoricino che non sembrava grave ma con il tempo abbiamo capito quanto invece lo fosse. Trevor aveva ripreso le sue vecchie abitudini: dalla sera alla notte buttato in qualche bar ad ubriacarsi con i suoi amici. E se prima capitava di rado, poi la situazione gli era sfuggita di mano. Non si era mai permesso di toccare me o la bambina quando era in quello stato ma io avevo sempre un po paura. In seguito, avevo scoperto che aveva perso il lavoro e pensavo che il bere fosse legato a quello. Ma non era così, anche lo stipendio ogni mese volava via come niente e spesso mi domandavo per cosa usasse i soldi. Le spese della casa, per la bambina e tutto il resto le sostenevo io mentre lui non si capiva dove buttasse i soldi. Per anni eravamo andati avanti così e io lentamente stavo capendo che Trevor non era l'uomo che credevo che fosse. Aveva sempre avuto quei vizi solo che non me lo aveva mai rivelato.
Una mattina era uscito presto dicendo che sarebbe andato in cerca di un nuovo impiego e gli avevo creduto. Arrivata la sera però,  non si era ancora fatto vivo e chiaramente temevo gli fosse successo qualcosa. Avevo aspettato fino a tarda notte di vederlo rincasare, finché non avevo chiamato mia suocera per avere notizie del figlio. Sembrava essere stato inghiottito dalla terra. Quelle erano state le ore peggiori della mia vita. L'attesa, l'ansia e la tensione prevalevano sopra ogni altra cosa. Quando poi il telefono aveva squillato, quelle emozioni che provavo prima, furono sostituite solo dalla tristezza, dalla disperazione e dai sensi di colpa.

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