Ed eccoci: musica alta, luci soffuse, vestito forse troppo corto e decine di ragazzi intorno. Soliti sabati sera. Migliaia di drink mai pagati, sempre offerti da qualcuno che, anche se senza speranza, provava a conquistarmi insistentemente. «È sempre un piacere vederti qui.» la voce mi era familiare, l'avrei riconosciuta tra mille. «Sai che ogni sabato mi trovi qui, caro mio Raf.» risposi, senza dargli troppa importanza, seduta su uno sgabello davanti al bancone. «Cosa ti offro?» chiese poi sorridendomi. Un cliché, ogni sabato andava così. «Nulla mio caro.» rifiutai, come sempre. «Allora Salvo: per me il solito e qualsiasi cosa beve la signorina puoi metterla sul mio conto.» disse rivolgendosi al barista ma con lo sguardo fisso su di me. Ed ecco, un altro cliché. Ero quasi stanca di quella vita. Come se rivivessi sempre le stesse situazioni. Monotonia, forse troppa. Raf prese il suo drink e se ne andò salutandomi come al suo solito, facendomi l'occhiolino. Mi guardai intorno, il pub era pieno dei soliti ragazzi mezzi sballati che non si reggevano nemmeno in piedi. Dopo un po' però a varcare la soglia del pub furono le mie amiche, che salvezza.
«Quante conquiste hai fatto fin ora?» mi prese in giro Maria.
«Oh nessuna, solo Raf che non si arrende mai.»
«Un nome, una garanzia...» disse scherzando Luisa.
«E un drink gratis direi.» aggiunse Melania, ridemmo tutte. E poi andò così: uno, due, tre, quattro drink, qualche risata, qualche ragazzo, qualche commento di troppo e la mattina dopo mi ritrovai in un letto che non era il mio, altro cliché. Strofinai le mani sulla faccia sperando di sbagliarmi ma no, ero proprio in un altro letto. Cercai di guardare chi dormiva al mio fianco senza svegliarlo, ma il mio tentativo fu inutile in quanto non riconobbi chi era. Osservai i suoi muscoli scolpiti e il suo profilo, ecco che iniziai a ricordare. Ma come pretendevo di colmare un vuoto immenso con qualche scappatella qua e là con persone delle quali non ricordavo nemmeno i nomi? Tra me e me feci un sorriso amaro mentre una lacrima rigava il mio volto. Mi alzai delicatamente e iniziai a raccogliere i miei vestiti e ad indossarli. Andai in cerca della mia pochette e una volta ritrovata diedi un occhiata al mio cellulare. 7 chiamate perse e 12 messaggi. Li ignorai. Raccolsi tutto ciò che era mio e con la mia solita amarezza lasciai la casa di una persona che probabilmente non avrei rivisto mai più. Era una calda mattina di metà agosto e Torino era ancora vuota. Tutti erano in vacanza, partiti per chissà dove e probabilmente sarebbero tornati chissà quando. Io, intanto, camminavo con la stessa voglia di vivere di un ragazzino di 15 anni che va verso la scuola ed ha compito in classe alla prima ora. Arrivata davanti casa rimasi ferma davanti al portone cercando di anticipare tutte le domande che, come quasi ogni domenica mattina, mio fratello mi avrebbe posto. Presi coraggio ed entrai. Tutti dormivano il che mi rasserenò. Tolsi i tacchi per non far rumore ed andai nella mia camera sperando che nessuno si fosse accorto della mia assenza. Guardai l'orologio, solo due ore dopo avrei avuto allenamento. Indossai la tuta e scesi nuovamente in cucina per fare colazione.
«La traditrice è tornata.» annunciò mia cognata facendo capolino in cucina.
«Addirittura traditrice?»
«Volevo essere gentile, altrimenti ci andrei giù pesante.» rispose con tono leggermente sarcastico. «Tuo fratello è molto arrabbiato.» aggiunse poi con espressione seria.
«Che novità... ha capito che questa è la mia vita e non la sua?» chiesi arrabbiata. Poi il mio iPhone squillò. Era Daniele.
«Pronto?»
«Ma che fine hai fatto ieri sera?» chiese preoccupato - feci per rispondere - «no non dirmelo, posso immaginare.» continuò, io risi.
«Hai allenamento stamattina?» chiesi, cambiando argomento.
«Si, abbiamo gli stessi orari questa settimana, te l'ho ripetuto forse quindici volte.» - rispose - «ti passo a prendere tra 15 minuti, non tardare cortesemente.» mi avvertì divertito.
«A tra poco idiota.» dissi chiudendo la chiamata.
Bevvi il caffè tutto d'un colpo sotto gli occhi vigili di mia cognata.
«Cosa dirai a tuo fratello?» chiese mia cognata rompendo il silenzio.
«Ecco si, cosa mi dirai?» ripeté mio fratello facendo il suo ingresso in cucina.
«Non ho nulla da dirti, è la mia vita, il mio corpo, la mia testa e faccio ciò che voglio.» risposi, alzando un po' il tono della voce.
«Non pensi mai a cosa direbbero mamma e papà vedendoti ora?»
«Ma loro non ci sono, giusto? Quindi che importa?» urlai per poi andare verso l'ingresso e uscire di casa sbattendo la porta con forza.
Ero piena di rabbia. Ogni volta riapriva quel discorso. Ogni volta metteva in mezzo i nostri genitori, come se centrassero qualcosa. Ero stanca di tutto quello, ero stanca di tornare a casa e sentirmi perennemente attaccata per qualcosa che ho fatto.
Sotto casa Daniele era già parcheggiato in attesa che scendessi. Entrai in macchina e senza dire una parola allacciai la cintura. Lui mi osservò stranito, mentre io tenevo lo sguardo fisso davanti a me. Mise in moto.
«Il saluto è educazione ma sei nervosa, quindi ci passerò sopra.» disse uscendo dal parcheggio.
«Dire che sono nervosa è un eufemismo.» lo corressi.
«Se ti può rallegrare oggi verrà presentato il nuovo, prestigioso acquisto della Juventus.» mi avvertì.
«Che sarebbe...» cercai di fare mente locale ma la mia memoria non era mai stata forte.
«Gonzalo Higuain Alì, ex attaccante del Napoli.» disse, meravigliato dal fatto che non lo sapessi.
«Ah, giusto. Beh per voi stanno facendo tanti di quegli acquisti, mentre noi ancora siamo in ghigliottina per chi verrà ceduta.» dissi, più a me stessa che a lui.
«Credi che andrai via?»
«Mh no... sto bene qui, sono da ormai 15 anni a Torino e da 5 nella Juve, però se dovesse arrivare qualche offerta...» risposi sincera.
«La valuterai.» completò lui. Annuii. «Ma poi non mi vedresti più, a chi scroccherai passaggi?» chiese sarcastico mentre parcheggiava la sua auto.
«Insomma guardami, sono una bella ragazza! Troverò qualcuno!» dissi ridendo, poi scesi dall'auto. Da lì in poi le nostre strade si separarono. Io entrai nello spogliatoio femminile, mentre lui si fermò poco prima dai suoi compagni. Nello spogliatoio ancora non c'era molta gente, solo due compagne che salutai. Aprii il mio armadietto e presi divisa e scarpette. Iniziai a cambiarmi, mentre la mia testa veniva invasa da mille pensieri. Sempre gli stessi. Erano sempre lì, a tormentarmi, a ricordami quanto la vita fosse stata ingiusta con me. Un senso di vuoto mi pervase mentre una lacrima scendeva lenta arrivando fino alla mia bocca. Mi asciugai subito il volto e alzando la faccia mi resi conto che lo spogliatoio si era riempito.
«Ehi bomber!» mi richiamò Claudia dandomi una pacca sulla spalla.
«La mia voglia di allenarmi oggi è pari a zero.» la avvertii stendendomi su un lettino. Lei rise. Lo dicevo ogni giorno e poi ero la prima ad entrare in campo e l'ultima ad uscire. Mi piaceva il mio lavoro, come negarlo. In quel campo tutto spariva. Il mondo per qualche ora sembrava un posto migliore. Presi la mia inutile felpa e insieme a Claudia ci avviammo verso il campo. Quello affianco era pieno di gente, ci fermammo a guardarli. Misi a fuoco per riconoscere i volti e forse mi conveniva non farlo perché, ebbene sì, lo riconobbi. Era proprio lui.Salve a tutte, questa è la prima storia che pubblico qui su Wattpad, spero con tutto il cuore che voi la apprezziate e che mi facciate sapere cosa ne pensate😊
Buona letturaaa😘
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Il mio vizio. || Gonzalo Higuain
FanfictionBastò una notte, una sola, ad incasinare tutto. Lei ricordava poco, lui ricordava forse troppo. Fu passione, odio, amarezza, testardaggine, ancora passione, odio e poi? Forse diventò un vizio? Quasi una dipendenza, si. E come fai a scappare da qualc...