Il sole era ormai alto su Roma ed una leggera brezza riusciva a rendere i preparativi molto meno complicati. Mi svegliai all'alba, dopo una notte praticamente insonne. Guardai l'orologio, segnava le sei e venti. Mi misi seduta sul letto ed il mio sguardo si posò sul mio abito bianco che era stato appeso proprio di fronte a me. Dopo pochi minuti sentii bussare alla porta, la aprii e andai verso la scrivania. «Buongiorno splendore, questa è la tua colazione.» affermò mia cognata poggiandola sul tavolo. Strofinai gli occhi ancora pieni di sonno. «Tra poco arriva la parrucchiera e la truccatrice, sicura di essere pronta?» chiese mia cognata che era più agitata di me. «Inizi a mettermi ansia, vado a fare una doccia.» risposi per poi lasciarla sola in camera. Speravo quasi che l'acqua calda che scorreva sulla mia pelle avesse un effetto rilassante su di me, ma non ci fu niente da fare, uscii dalla doccia ancora più agitata. Tornata in camera, come previsto, iniziai a prepararmi. Tuttavia, come ogni sposa che si rispetti, ero nettamente in ritardo. «Sei bellissima.» esclamò Claudia entrando nella mia camera. Ero ormai pronta e ad a pochi minuti dal passo più importante della mia vita. Ero tesissima e Claudia lo notò subito. «Dai, se ti può consolare Gonzalo è già in chiesa e mi ha detto Paulo che è così in ansia che parla e ride solo.» disse cercando di farmi rilassare. Risi all'idea di Gonzalo in ansia per certe cose, doveva essere davvero tenero. Claudia poi guardò il suo telefono, si avvicinò a mia cognata e gli sussurrò qualcosa nell'orecchio, lei annuì, poi si girarono entrambe verso di me. «Io direi che ci siamo, sei già abbastanza in ritardo.» disse Claudia sorridendomi. «La limousine è sotto che ti aspetta.» mi incoraggiò mia cognata. Annuii, presi il mio bouquet e con estrema calma scesi nella hall. Uscii fuori e mi infilai nella limousine che avevo scelto per il mio arrivo. Con gran stupore però dentro ci trovai mio padre. «Papà?» chiesi meravigliata. Lui mi sorrise e rimase fermò a guardarmi. «Sei bellissima.» disse ignorando la mia domanda. «Che ci fai qui?» chiesi di nuovo. «Lascia che ti accompagni all'altare.» mi chiese con un filo di voce. «Ci tengo.» continuò. Sospirai. «Va bene.» acconsentii. Durante il tragitto che portava in chiesa regnò il silenzio, fu una situazione alquanto strana. Arrivata davanti la chiesa però la mia testa si svuotò completamente da ogni tipo di pensiero lasciando spazio al panico più totale. Mio padre mi aiutò a scendere dalla limousine. Lo guardai negli occhi, lui mi sorrise trasmettendomi una sicurezza che non avevo mai provato prima. «Andrà tutto bene.» mi sussurrò. Io annuii e, cercando di non dar a vedere la mia tensione, lo presi a braccetto. Salimmo i primi gradini che portavano alla chiesa che era immensa. Ad immortalare il tutto fuori c'erano tantissimi fotografi che erano attirati dall' "evento". Arrivati davanti la porta vidi Gonzalo davanti all'altare che era in ansia il doppio di me. Quando mi vide però, sul suo volto prese il sopravvento un sorriso enorme. Mio padre mi accompagnò fino da lui e prima di andare da Gonzalo mi girai a guardarlo. «Grazie papà.» sussurrai per poi abbracciarlo. Lui rimase spiazzato da questo mio gesto ma non esitò nemmeno un secondo nel ricambiarlo. «In bocca al lupo campionessa.» sussurrò, poi salutò Gonzalo. Eccoci, io e lui davanti all'altare. Ad un passo dal diventare marito e moglie. Gonzalo mi diede un dolce bacio sulla fronte, mi prese per mano e ci girammo verso l'altare. E il resto? Beh il resto potete immaginarlo. Furono sguardi, sorrisi, lacrime e brividi. Un alternarsi di emozioni che facevano davvero bene al cuore. Io e Gonzalo non smettevamo di guardarci nemmeno un attimo, era come se ci abbracciassimo con gli occhi. La cerimonia stava per terminare e ormai le emozioni erano a mille. Arrivò il momento delle promesse, però ne io e ne Gonzalo riuscivamo a parlare dall'emozione. Lui prese dei bigliettini dalla tasca del suo pantalone blu scuro, li guardò per un attimo, poi però li strappò e li porse al fratello. Rimasi meravigliata da quel gesto, poi però lui prese il microfono ed iniziò a parlare. «Sapete, ho passato giorni e notti insonni a pensare a questo discorso, l'ho scritto e riscritto forse trenta volte e solo ora ho capito che forse basta spiegarvi la nostra storia. Ho conosciuto questa donna un anno fa, era bellissima, stupenda, con un profumo che avrebbe fatto impazzire chiunque. La prima volta che ci siamo incontrati non sapevo chi fosse e nemmeno lei sapeva chi fossi io. Era ubriaca quella sera ma credetemi, era bellissima lo stesso. Ha finto di non ricordarsi di quella notte forse per due mesi, fin quando poi è riuscita ad ammettere che ricordava tutto fin troppo bene. Siamo stati amore, odio, passione, amarezza, testardaggine... poi ancora amore, odio, passione. Ed ora? Ora eccoci qua. - si girò verso di me per guardarmi negli occhi - Siamo sempre stati come cane e gatto, abbiamo provato ad odiarci in tutti i modi, ma non ci siamo mai riusciti. E sai perché? Perché forse ciò che ci unisce è molto più grande di ciò che ci divide. Chi mi conosce sa che il Gonzalo di due anni fa era una persona completamente diversa e che se, quella stessa persona, è arrivata ad oggi è perché ti ama davvero.Ed è per questo che accolgo te come mia sposa.» disse trattenendo le lacrime. Io ormai ero un fiume in piena. A Gonzalo bastò un mio sguardo per far commuovere anche lui. «Tu Alice vuoi prendere Gonzalo come tuo sposo?» mi chiese il sacerdote. «Si, lo voglio.» singhiozzai sorridendo. Ci fu lo scambio degli anelli e poi la solita, romantica frase. «Io vi dichiaro marito e moglie. Sposo puoi baciare la sposa.» disse il sacerdote. Gonzalo non se lo fece ripetere due volte, praticamente mi sollevò dandomi un bacio passionale, come se fosse l'ultimo che avrebbe dato nella sua vita. Mi guardò negli occhi e mi sorrise. «Tu sei bellissima.» sussurrò. «Tu sei mio marito.» dissi felice. «Tu mia moglie.» esclamò lui. Poi mi prese per mano ed insieme uscimmo dalla chiesa. Fummo sommersi di petali, riso e confetti. Tutto questo per coronare un amore difficile, pieno di difficoltà. Un amore che, tra alti e bassi, era riuscito a vincere.
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Cinque mesi dopo.
«Gon! Gooon!» urlai in preda al panico. Gonzalo però continuava a dormire come un bambino. Presi il cuscino e glielo lanciai in testa. «Cosa? Chi? Quando? È nato?» chiese alzandosi dal letto di colpo. «Se non mi porti subito in ospedale mi spieghi come possa nascere?» chiesi a stento dal dolore. «Hai le contrazioni?» chiese a sua volta. Annuii sempre a stento, i dolori iniziavano a diventare insopportabili. Gonzalo mi aiutò a salire in macchina e durante il tragitto chiamò mio fratello per avvisarlo. Arrivati lì entrai praticamente subito in sala parto. Dopo il matrimonio quello fu un altro dei giorni più belli della mia vita, fu doloroso, ma ne valse la pena. Io e Gonzalo decidemmo di non voler sapere fino all'ultimo il sesso del piccolo, volevamo che fosse una vera sorpresa. Dopo il parto però, per via dei problemi che mi portavo dietro, svenni. Non ricordo nulla. Ricordo solo il dottore che mi gridò: «Spingi!», il pianto del piccolo e poi il vuoto. Il nero più totale. Mi svegliai tre giorni dopo, con Gonzalo al mio fianco che mi teneva la mano e mio fratello, insieme a Claudia, che aspettavano fuori dalla stanza. Gonzalo era poggiato con la testa sul mio letto, dormiva come un angioletto. Non volevo svegliarlo, rimasi a guardarlo accarezzandogli i capelli. Dopo poco però si svegliò, mi guardò e sorrise meravigliato. «Amore, come ti senti? Ha detto il medico che hai perso sangue, eri senza forze...» iniziò a dire totalmente agitato. Lo fermai. «Gon sto bene, devo solo rimettermi in forze.» lo rassicurai. «Sei la mia guerriera.» esclamò dandomi un bacio sulla fronte. Sorrisi con quelle poche forze che avevo. Mio fratello e Claudia ci raggiunsero subito nella stanza. Anche loro avevano l'aria piuttosto preoccupata ma Gonzalo li rassicurò subito. «Ma il piccolo? È maschio o femmina?» chiesi con le lacrime agli occhi. Sorriderò tutti e tre. Claudia si avvicinò alla culla che era poco distante dal letto, la presa e me la fece vedere. «È una splendida bimba.» rispose Gonzalo felice. Io la guardai, aveva gli occhi di mia madre, azzurri come il cielo. Mi scese una lacrima. «Le avete già dato un nome?» chiesi piano. «Beh si, dovevamo.» disse mio fratello. Poi i tre si guardarono. «Gon, diglielo tu.» disse Claudia. «Noi... beh... tuo fratello, appena ha visto la piccola, mi ha detto che gli stessi occhi di tua madre, quindi abbiamo deciso di chiamarla come lei.» disse Gonzalo sorridendomi. Non potevano avere idea migliore. «Gon, vieni qui.» lo invitai ad avvicinarsi. Lui si sedette vicino a me. «Ricordi quando mi hai detto che per te sono come un vizio?» chiesi piano. Lui annuì. «Bene, allora fai in modo di tenerti questo vizio per sempre.» dissi sicura. «Farò in modo di non togliermelo mai.» disse ancora più sicuro. Sorridemmo per poi guardare entrambi la bambina. Perché è vero, non puoi allontanarti da qualcosa che hai dentro, puoi fingere che non esista, puoi evitarlo per un po', ma ti si ripresenterà sempre più forte di prima.
The end.
Beh ragazze, credetemi che non so che dire. Sono arrivata alla fine della mia prima storia qui su Wattpad e devo dirvelo, non credevo che potesse piacere così tanto. Quando ho iniziato a scriverla non avevo nessuna aspettativa, però quando ho visto che aveva successo ne sono stata davvero felice. Non posso che ringraziarvi, per ogni commento, lettura o voto che voi abbiate messo. Siete state fantastiche. Spero di non avervi deluso con questo finale e potete star tranquille, non vi nascondo che probabilmente ci sarà un sequel. Grazie ancora, aspetto i vostri commenti ❤️
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Il mio vizio. || Gonzalo Higuain
FanfictionBastò una notte, una sola, ad incasinare tutto. Lei ricordava poco, lui ricordava forse troppo. Fu passione, odio, amarezza, testardaggine, ancora passione, odio e poi? Forse diventò un vizio? Quasi una dipendenza, si. E come fai a scappare da qualc...