Capitolo 18

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Non avevo dubbi sul fatto che loro sarebbero stati muti, non ci sarebbe stato motivo di parlare. Io e Gonzalo, a Vinovo, cercavamo di passare il più inosservati possibile. Tutti avevano notato un avvicinamento tra di noi, che però lo facevamo passare come una bella amicizia. In pochi sapevano che in realtà non era così, ci eravamo limitati a dirlo a chi non potevamo farne a meno. Quella mattina poi, lasciai Gonzalo insieme a Paulo e Mario, presi la mia macchina e mi avviai a casa mia. Dopo quella bellissima notizia volevo recuperare il tempo perso con mia cognata e mio fratello. Quando entrai in casa però non trovai nessuno, ne approfittai per recuperare un po' di sonno perso. Non ebbi nemmeno il tempo di arrivare in camera mia che sentii bussare alla porta. Non aspettavo nessuno e se fossero stati mia cognata o mio fratello non avrebbero bussato. Ci pensai un attimo e poi andai ad aprire. Avrei preferito non farlo. Stavo per richiudere la porta, Alessandro però la fermò con il piede. «Ti prego, non farlo.» disse serio. «Che vuoi?» iniziavo ad innervosirmi. «Non posso nemmeno entrare?» chiese guardando dietro di me. «L'ultima volta che sei entrato in questa casa ne sei uscito con il naso rotto, vuoi che la cosa si ripeta?» chiesi acida. «Correrò il rischio.» rispose, poi mi oltrepassò e andò verso il divano. Mi sedetti difronte a lui e lo invitai a parlare. «Sono stato un emerito stupido.» disse mettendosi le mani tra i capelli. «Te ne sei accorto troppo tardi, sono passati sei anni.» dissi iniziando ad alzare la voce. «Io non volevo farti del male. Anzi, non volevo farvi del male. Ero un ragazzino, non capivo cosa era giusto o sbagliato fare.» spiegò, al contrario delle altre volte lui era molto più calmo di me. «Non avevi scelta, tu dovevi rimanermi affianco. Per quanto complicata fosse la situazione, per quanto fosse più grande di noi!» ormai urlavo, ero totalmente fuori controllo. Nell'attimo di silenzio che seguì, il telefono che era sul tavolino di fronte a noi si illuminò. "Gonzalo" apparì sullo schermo. «Ti sta chiamando il tuo ragazzo.» mi informò acido. «Non è il mio ragazzo.» affermai bloccando il telefono, lo avrei richiamato dopo. «Hai ragione, ma non potevo immaginare che andava a finire così.» disse in sua discolpa. Ridi per non piangere. «Ale, fammi un favore, vai via.» dissi, questa volta più calma. «Ti voglio con me Ali.» mi mise una mano sul braccio. Mi scansai subito. «È troppo tardi.» mi limitai a rispondere. Poi lui si alzò e andò via, lasciandomi sola con i miei problemi. Faceva sempre così, sin dalla prima volta che ci eravamo conosciuti, era sempre stato abituato a scappare dalle situazioni. Non mi interessava più di lui, in quel momento ero consapevole che nella mia testa c'era posto solo per Gonzalo. Verso di lui provavo solo un mucchio di rabbia, che nel tempo si trasformò in rancore. Presi il mio telefono e richiamai Gonzalo. «Ehi, ma che fine avevi fatto?» chiese subito. «Scusami, ero sotto la doccia.» mentii. «Tranquilla, io vado a mangiare con i ragazzi e dopo andiamo a Vinovo. Ci troviamo al solito posto?» chiese malizioso. Mi scappò un sorriso, quel "solito posto" nell'ultimo mese sembrava quasi diventata una seconda casa. «Certo, a dopo pipita.» lo salutai ridendo. Riattaccai e mi buttai sul letto. Andai in cucina a mangiare qualcosa per pranzo per poi preparare la mia roba per l'allenamento. Quando arrivai a Vinovo lasciai il borsone nello spogliatoio ancora deserto e andai dritta a quel famoso "solito posto", ovvero quella specie di sgabuzzino che avevamo scoperto solo tre mesi fa. Dopo pochi minuti mi raggiunse anche Gonzalo. Mi guardò e sorrise. Amavo quei momenti con lui, erano così intimi. Lo strinsi forte, sentivo di aver un gran bisogno di lui. Prese a baciarmi dietro l'orecchio, sul collo, scendendo sempre di più. Ci lasciammo trasportare dalla solita passione che avvolgeva entrambi. Non erano passati nemmeno 10 minuti che la porta si aprì. Gonzalo si allontanò subito da me ricomponendosi, la stessa cosa feci io. Ad entrare fu proprio Martina. Quando la vidi mi si fermò il cuore. Lei ci guardò entrambi meravigliata e poi sorrise. «Ah beh, la Rossi con Gonzalo Higuain. Che scoop questo ragazzi!» esclamò accennando una risata. Scesi dal tavolo su cui mi ero seduta e mi avvicinai a lei. «Scoop? Dalla tua bocca non deve uscire nulla, non so se il concetto è ben chiaro.» risposi ormai difronte a lei. «Di questo ne riparleremo di sicuro.» disse accennando un'altra risata. «Ciao Gonza.» disse facendogli l'occhiolino. Gonzalo era pietrificato. Quando lei uscì Gonzalo si avvicinò a me e mi abbracciò. «Siamo rovinati. Lo andrà a dire a tutti e se la società scopre che eravamo chiusi qui dentro io rivedrò il campo tra 6 mesi.» esclamai spingendolo. «Oh ma non dire stupidaggini, vedrai che non succederà nulla. E poi perché dovrebbe parlare?» chiese Gonzalo, iniziava ad innervosirsi anche lui. «Perché? Non la vedi come ti guarda? Quella non vede l'ora di allontanarmi da te per avere via libera e che non giochi per avere un po' di spazio in squadra.» spiegai, ormai ero completamente andata. Mi poggiai al muro mettendomi le mani tra i capelli. «Ehi, andrà tutto bene, okay?» disse accarezzandomi il volto. Annuii. Uscii da quello sgabuzzino ed andai nello spogliatoio, dove trovai quasi tutte le ragazze. Quando Martina mi vide mi chiamò subito. «Ali, puoi venire? Ti devo parlare un attimo.» chiese, poi mi fece cenno di seguirla verso le docce. Acconsentii e la seguii. «Ora ti dirò cosa devi fare se vuoi continuare a giocare per questa stagione, e sai che se io vado a raccontare quello che ho visto il campo te lo sogni.» affermò fiera di quello che stava dicendo. Ecco, esattamente quello che temevo. «Cosa vuoi?» chiesi seccata. «Semplice, devi lasciare Gonzalo.» rispose sicura. Spalancai gli occhi, non immaginavo potesse chiedermi una cosa del genere. «Inventa una scusa, fatti lasciare tu, mentigli... basta che ti allontani da lui.» aggiunse. «Sai che non posso farlo.» risposi, non potevo riuscirci, non in quel momento. Gonzalo per me era un punto di riferimento. «Beh, sono sicura che ci riuscirai, altrimenti saluta il tuo amato posto da titolare in squadra.» disse facendomi l'occhiolino. Poi si voltò e se ne andò insieme a tutta la sua arroganza. Io rimasi immobile, negli ultimi tre giorni mi era successo di tutto. Rientrai nello spogliatoio ed iniziai a cambiarmi per l'allenamento. La mia testa però andava completamente per fatti suoi, alla ricerca di una soluzione per quel problema. Dopo poco capii che Martina mi aveva messa di fronte ad una scelta, e che scelta.

Splendori ecco a voi un nuovo capitolo, spero vi piaccia. Aspetto i vostri commenti 😍

Il mio vizio. || Gonzalo HiguainDove le storie prendono vita. Scoprilo ora