Waking up

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Quando si svegliò, per l'ennesima volta, bagnato fradicio di sudore e col fiato corto, maledisse se stesso e la sua specie per essere così intelligenti. Sì, perché era stato solo per merito della sua intelligenza che non aveva perso tutto, i ricordi e le conoscenze. Anche quelle più dolorose, più spaventose. Quelle che gli facevano venire gli incubi nelle notti senza luna, così bella, bianca e luminosa. Non riusciva a dimenticarli, i volti. I volti dei morti, bambini, soldati, donne. Anziani e giovani, ragazze nel fiore degli anni e vecchie signore che avrebbero potuto raccontare il mondo.
E adesso erano tutti scomparsi, anche per colpa sua.

Forse, se fosse stato più prudente, se avesse fatto più attenzione...
Ma a chi voleva darla a bere? Non sarebbe cambiato niente. Non poteva. Lo aveva sempre saputo, che sarebbe finita così. Non poteva continuare più a lungo. Solo, non pensava che uno di loro sarebbe stato così coraggioso.... lui non sarebbe mai stato capace di un'azione del genere. Non era nemmeno stato capace di dimenticare. Alcuni credevano che ricordare fosse un atto di coraggio, perché perdere la memoria delle azioni degli uomini, lasciare che vengano accantonate dalla mente, potrebbe favorire il loro ripetersi. Ma non è così. Anche dimenticando, anche riuscendo a passare oltre quei ricordi, non sarebbe potuta mai accadere una cosa del genere. Non di nuovo. E di certo, se mai fosse accaduta, non sarebbe stato lui a poterla fermare. Non nelle condizioni in cui era ora.

Per fare davvero qualcosa di coraggioso, avrebbe dovuto riuscire a dimenticare. Perché solo dimenticando sarebbe riuscito ad andare avanti, a vivere una vita normale. E ci vuole coraggio per andare avanti dopo ciò che aveva visto lui.

Il Viandante si alzò, lentamente e con non poco dolore, cercando di non dare a vedere ciò che provava. Se lo avesse lasciato trasparire, sarebbero accorse delle infermiere con dei farmaci e lo avrebbero costretto a rimanere a letto. Ma lui voleva, anzi, doveva muoversi. Ricordò con nostalgia i bei tempi in cui poteva correre e viaggiare, come si addiceva al suo nome.

Andò in bagno, e, alzando lo sguardo verso lo specchio, quasi si spaventò per la faccia che vide riflessa. Non erano solo le rughe, la magrezza o le occhiaie. Non era nemmeno la fredda luce dell'ospedale, il fatto che i suoi occhi sembrassero cisposi per il sonno mancato o la barba di tre giorni.
Il fatto era che quello non era il suo volto. Non si era ancora abituato alla sua nuova immagine, e il viso che lo guardava assonnato e sorpreso insieme non corrispondeva davvero all'idea che ricordava distintamente avere di sé.
Scostò lo sguardo dal vetro, fece pipì e tornò in camera.

Prima di infilarsi nel letto, però, raggiunse la finestra e cercò con gli occhi una nuvola più densa, nel cielo vicino al palazzo, da cui provenisse una debole luce violetta. Avendola trovata, rassicurato, si diresse verso la branda e si lasciò cadere sul materasso sformato.
Potevano anche essere nel XXI secolo, ma i letti erano ancora scomodi come quelli del XIX, si disse mentre si coricava.

Senza riflettere, si girò sul fianco sinistro, su cui di solito dormiva meglio, e questo mandò una fitta di dolore lancinante. Mordendosi il labbro per non urlare e imprecando per l'ennesima volta, si girò supino, per poi lasciarsi andare a un sonno che, sperava, sarebbe stato senza sogni.

Non aveva ancora aperto gli occhi, ma già sapeva che qualcosa non andava. Sentì distintamente un rumore di temporale, poi l'odore di ozono. Ah, la pioggia!
Pensò a quella del posto da cui era fuggito, che una volta aveva potuto chiamare casa. Là, la pioggia non aveva nulla a che fare con quella che stava cadendo in quel momento si Londra, ma questa era comunque bellissima, per un amante dei temporali come lui.

Una volta, ricordò, aveva deciso che avrebbe viaggiato, per un periodo, solo per vedere i temporali in ogni luogo che avesse potuto visitare. E lo aveva fatto, anche cacciandosi nei guai un bel po' di volte. E lo aveva amato. Lo aveva amato davvero.
Sospirò, non aveva più senso ripensare a quei giorni, ora, sapendo che non sarebbero più venuti, che non avrebbe più potuto fare nulla di tutto ciò. Gli portava solo tristezza, ma non riusciva proprio a farne a meno. Quei ricordi erano ciò che lo faceva tirare avanti, in mancanza d'altro. Ciò che gli dava un motivo valido per non voler dimenticare, uno diverso dalla paura.




Foto: Jeremy Irons, aka il Viandante

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