Coincidenze

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Il salotto di Baker Street era di nuovo immerso nel silenzio, ma era diverso da quello avvertito dal detective la sera prima, eco della solitudine.
Era quello che precedeva l'inizio dell'azione.
John, infatti, nuovamente seduto sulla sua poltrona, giocherellava con una penna, roteandola tra le dita, lo sguardo cupo; Sherlock nella sua, le mani a piramide sotto il mento, le dita a sfiorare appena le labbra.
E Mycroft in piedi, in mezzo, di fronte a entrambi, appoggiato al suo immancabile ombrello, le braccia però conserte, l'espressione corrucciata.
Il silenzio, però, continuava.
Era come se ci fosse una sorta di "guerra", tra i due di Baker Street e il Governo Inglese: ma nessuno dei due schieramenti sembrava disposto a cedere di un millimetro.

-... Cucù!
La signora Hudson sbucò dalla porta proprio in quel momento, gettando un'occhiata nella stanza.
-Gradite per caso una tazza di...?
Quando vide i tre uomini nella stessa identica posizione di almeno cinque minuti prima, alzò gli occhi al cielo, esasperata.
... Eh, no, adesso basta!
-Mycroft Holmes, deve sedersi sulla sedia-asserí in tono di rimprovero, rivolta al politico.-Altrimenti non le daranno retta. Sono le regole!
Questi uscì per un momento da quella forzata immobilità e fece una smorfia sdegnosa all'indirizzo della donna.
-Io non sono un cliente-precisò con enfasi.
-Allora vattene-replicò Sherlock in tono pacato ma lapidario, aprendo bocca per la prima volta da quando il fratello era arrivato.
Mycroft lo fulminò con gli occhi, pur conscio che quella del fratello minore (ma pure io suo atteggiamento, in realtà) fossero solo semplici provocazione e mero puntiglio; lo sapevano entrambi: con Moran a piede libero, la situazione era seria. Il detective, tuttavia, sembrava non essere disposto a cedere.
Alla fine il maggiore degli Holmes emise un sospiro che suonava come un "Dio, dammi la forza": alzò gli occhi al cielo e, con esasperante lentezza, si sedette infine sulla sedia incriminata.
La tensione parve d'improvviso allentarsi: John fece un brevissimo sorriso e Sherlock lo stesso, come se quella piccola vittoria avesse fatto guadagnare dei punti ad entrambi. Per una volta non era Mister Governo a dettare legge!

Tecnicamente, il medico avrebbe dovuto trovarsi in luna di miele, in quel momento: ma quando Sherlock gli aveva fatto il nome di "Sebastian Moran", era accorso immediatamente.
Fu proprio lui il primo a parlare.
-Se ben ricordo, Mycroft, l'ultima volta che mi hai mostrato quella prigione mi hai detto che era assolutamente impossibile evadere.
-Infatti è così-ribattè il politico, infastidito.
-Allora come accidenti è possibile che Moran ci sia riuscito? E perché proprio ora? Perché non evadere prima?
-A quest'ultima posso già darti io una risposta.
Sherlock alzò lo sguardo, abbandonando per un momento le sue riflessioni.
-Non gli serviva evadere, perché sapeva benissimo di avere ancora il controllo su di me. O meglio, sapeva che il chip era ancora perfettamente funzionante. Non avrebbe avuto senso evadere e provare a uccidermi, o a uccidere voi. Era certo che prima o poi sarei stato io stesso a farlo. L'una o l'altra. Non faceva differenza...

Tacque all'improvviso, portandosi distrattamente le dita sulla tempia.
-Sherlock, tutto bene?-chiese John, preoccupato: lui fece un vago gesto distratto con la mano
-... Sì sì, tutto bene. Mycroft, credo di avere la risposta anche alla prima domanda posta da John. Se, come hai tu stesso affermato, evadere da Sherrinford è impossibile, rimane una sola opzione: complici.
Lui annuì una sola volta, con una smorfia.
-Purtroppo, fratellino, hai ragione. Abbiamo infatti localizzato, seppur a fatica, almeno due uomini di Moriarty all'interno della struttura, ovviamente sotto falsa identità.
-Come avete potuto non individuarli prima??-sbottò John, incredulo.-Controllate persino quante volte starnutiamo, ma non vi prendete il disturbo di controllare chi assumete?!?!
Il detective soffocò una risatina, strappandone una anche a John.
-Certo che li controlliamo i nostri dipendenti, Dottor Watson.-Mycroft tamburellò nervosamente le dita sul ginocchio.-Ma, a quanto pare, nemmeno un posto come Sherrinford è immune dalla pura e semplice corruzione.
-Bustarelle...-Il detective sbuffò, ironico.
L'altro preferì non replicare; anche perché ci aveva preso in pieno.

-Presumo che lo stiate cercando...-fece Sherlock, assottigliando lo sguardo.
Il politico alzò gli occhi al cielo, ancora più esasperato di prima.
-In realtà no, pensavamo di invitarlo a prendere un tè a Buckingham Palace!
-Beh, magari lui ci viene vestito...-bisbigliò John, incapace di trattenersi.
I due Holmes si voltarono in sincrono verso di lui, interrogativi.
-... Cosa?
-Niente, niente...-replicò lui, nascondendo un sorriso.

Nel frattempo, la signora Hudson aveva fatto ritorno con il vassoio del tè, e lo stava servendo, fingendo di non ascoltare tutta la conversazione.
-Lo troveremo, Sherlock.-Stavolta non c'era traccia di ironia, nella voce di Mycroft.-Abbiamo interrogato i suoi complici, e abbiamo una traccia. A quanto pare, Moran aveva un nascondiglio a Dartmouth.
A quelle parole, John sgranò gli occhi, mentre Sherlock sobbalzò appena.
Chissà perché non mi sorprende...
Non esistono le coincidenze.
L'universo di rado è così pigro...
-Guarda guarda...-fece, in tono forzatamente noncurante.-Avevo giusto voglia di fare di nuovo un bel viaggetto proprio da quelle parti...

Sherlock Into Darkness -Il ritorno Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora