Baskerville

249 31 37
                                    

John, Sherlock e Mary giunsero, dopo un breve viaggio in auto, davanti alla base militare di Baskerville: grazie ad una telefonata il detective era riuscito a ottenere da Mycroft tre lasciapassare. Naturalmente aveva prima dovuto spiegare all'amico perchè sarebbero dovuti tornare proprio lì; solo l'intervento di Mary aveva impedito al medico di strozzarlo con le sue stesse mani per non avergli raccontato tutto fin dall'inizio... E per tutto il viaggio in auto non gli aveva rivolto parola né uno sguardo. Ma il detective se lo era aspettato.

Una volta scesi dalla macchina, Mary prese Sherlock a braccetto, con John che camminava dietro di loro, lo sguardo ancora cupo e torvo.
-È... incredibile!-esclamò la donna, chiaramente emozionata, guardandosi intorno, sempre stretta al braccio del consulente detective.-Non avrei mai pensato di poter visitare una base militare segreta!
Sherlock non si sottrasse alla sua presa come solitamente avrebbe fatto con chiunque altro: Mary era una delle poche persone a cui permetteva quella confidenza.
-Beh, questo succede quando ti capita di conoscere Sherlock Holmes-replicò, con un leggero sorriso divertito sulle labbra.
-... Ti può anche capitare di venire drogato dal tuo migliore amico ed essere rinchiuso in un laboratorio per un esperimento...- bofonchiò il medico dietro le loro spalle.
Il riccio, senza voltarsi, sbuffò e alzò gli occhi al cielo, anche se in parte si scoprí sollevato: almeno John aveva ricominciato a parlargli. Era già un progresso.
-... Ma davvero!? Ancora con questa storia!?! Prima di tutto, alla fine non ti ho drogato per davvero, lo eri già a causa della nebbia chimica! E poi ti ho chiesto scusa!
-Non mi pare proprio che tu l'abbia fatto. E comunque sono ancora in collera con te!-replicò lui, adirato.-Perché diavolo non mi hai detto dei mal di testa e della voce che stai sentendo? Ah, certo... che stupido... Tu sei Sherlock Holmes e lavori sempre da solo, giusto?
Il tono del medico era sarcastico, ma venato da una profonda amarezza. 
Sherlock a quel punto si fermò, voltandosi verso di lui e fissandolo dritto negli occhi con serietà.
-... Hai ragione. Scusami. È solo che... non volevo preoccuparvi... e speravo che la cosa si sarebbe risolta da sola. Io speravo di risolverla-ammise, facendo accigliare il medico.- Ma invece ora la risolveremo insieme-concluse, in tono profondamente serio, mentre si sentiva assalire dal senso di colpa: John aveva già sofferto per due anni durante la sua finta morte, non poteva escluderlo di nuovo.
Il biondo strinse le labbra per un momento, ancora dubbioso e in collera. Alla fine, però, incrociò lo sguardo dell'amico, e lo vide sinceramente contrito, forse di più quanto l'avesse mai visto.
Sbuffò, esasperato.
-Uff... vabbè, per questa volta ancora passi. Ma la prossima non basterà l'intervento di mia moglie a evitarti un bel pugno in faccia. E stavolta punterò proprio al naso...-lo minacciò con veemenza, sventolandogli il dito indice in volto proprio in prossimità del suddetto .
Sherlock emise una piccola ma sincera risata, nonostante la "minaccia". Fu seguito poco dopo anche da John, suo malgrado, spezzando così la tensione.

Mary sorrise, guardandoli.
Per quanto fosse certa dell'amore di John verso di lei, sapeva che quei due erano legati a un livello diverso. Era un legame fatto di stima, devozione, affetto e fiducia incondizionata: e lei era fiera di essere stata inglobata in quel rapporto così speciale e unico.
-Forza andiamo, ragazzi! Sono proprio curiosa di vedere questo famigerato laboratorio!-li esortò.
-Be', almeno stavolta siamo autorizzati ad accedere: è già un progresso...-scherzò il consulente, sogghignando.
Tutti e tre scoppiarono a ridere e
Sherlock, nonostante i recenti problemi, si rese improvvisamente conto con stupore che in compagnia di John e Mary ridere e sorridere era diventato molto più facile.
Si tenne stretta nella mente quella nuova consapevolezza, dedicando a quel particolare momento una stanza speciale nel suo Palazzo Mentale.

-------

Una volta entrati li accolse un'altra loro vecchia conoscenza, che portò il detective a sollevare le labbra in un leggero ghigno.
-Maggiore Barrymore. Suppongo si ricorderà di me...
-Purtroppo sì, signor Holmes...-Il Maggiore gli restituì uno sguardo arcigno.-Disgraziatamente anche stavolta non posso oppormi al fatto che lei si metta a ficcanasare nella mia Base. Ma, in tutta franchezza, non so davvero cos'altro si aspetti di trovare. Cerca per caso di nuovo gli alieni?
Sherlock si limitó a scoccargli un ironico sorrisetto, fronteggiandolo impettito, le mani dietro la schiena.
-No, Maggiore. Vorrei solo visitare l'area relativa a chip comportamentali e controllo della personalità.
L'uomo sbiancò per un attimo, riassumendo poi però in una frazione di secondo un'espressione di totale compostezza.
-Non so proprio di cosa stia parlando. Spiacente di deluderla, ma qui a Baskerville non abbiamo nulla del genere...
-Non provi a imbrogliarmi, Maggiore. Sa chi sono, e non funziona. È palese dall'espressione di poco fa che lei sa perfettamente di cosa parlo. Tra l'altro, ho mie personali informazioni. Ora la prego di condurci dal Dottor Hyde.
Barrymore stavolta sgranò gli occhi, facendo trapelare il suo sconcerto.
-Come accidenti fa a...!?
-Gliel'ho detto. Fonti personali.
-Nemmeno Mycroft Holmes è a conoscenza di quella sezione. È un'informazione ad altissimo livello, top secret!
-Beh... ora non lo è più. Ma non si preoccupi, farò in modo che mio fratello non la faccia trapelare in giro...
John e Mary, dietro di lui-che conoscevano perfettamente l'origine dell'informazione- si scambiarono uno sguardo complice.
Il Maggiore sospirò.
-Lei è un demonio, Sherlock Holmes... seguitemi...-borbottò, infine, rassegnato, conducendoli verso un lungo corridoio.

------

Una volta nell'ascensore, il militare inserì un particolare codice sulla pulsantiera, poi premette uno dei tasti che conducevano ai piani sotterranei, che John e il detective non avevano visitato l'ultima volta; li condusse poi attraverso un altro lungo corridoio, fino a fermarsi di fronte ad una porta grigia di metallo, dove entrarono.
Sherlock si guardò rapidamente intorno: era un laboratorio molto simile agli altri, ma forse con più macchinari; a un tavolo stava lavorando una sola persona vestita con un camice bianco: sicuramente il famoso dottor Hyde. Aveva i capelli grigi leggermente arruffati e un paio di occhiali dalla montatura argentata in bilico sul naso adunco.
-Spero sia importante-disse l'uomo, senza nemmeno alzare gli occhi dal microscopio su cui era chinato.-Sono alla prese con un importante esperimen–
-Il suo esperimento ha forse a che fare con un chip comportamentale?-lo interruppe Sherlock bruscamente.
L'uomo alzò di scatto la testa, voltandosi verso di lui a bocca aperta.
-Lei come fa a...?!-lanciò uno sguardo al Maggiore, che annuì solo una volta, come un muto consenso. Lo scienziato, rassicurato, si rivolse dunque di nuovo al detective, stavolta incuriosito.- In effetti, sì. Perchè lo sta chiedendo?

Sherlock raccontò all'uomo, molto in breve, l'operazione che era stato costretto a subire, e le sue conseguenze.
-Mi piacerebbe inoltre sapere come sia possibile che un'arma di quel genere sia finita nella mani di Moriarty-osservò alla fine, in tono inquisitorio.
Lo scienziato si inalberó subito.
-Non vorrà certo insinuare che io abbia venduto un segreto militare a uno sconosciuto!-esclamò, offeso da quella non tanto velata insinuazione.
-Il pensiero mi aveva sfiorato, in effetti-ammise il detective, con naturalezza.
-Si sbaglia-replicò l'altro, in tono duro.-Si dà il caso che il chip a cui si riferisce fosse un prototipo, che disgraziatamente venne rubato circa due anni e mezzo fa. Non siamo più riusciti a recuperarlo.
-Non l'avrei mai detto...-Il sarcasmo nella voce di Sherlock era palese, mentre la sua espressione si induriva, e John tratteneva una risata.-Comunque, oramai poco importa. Ciò che mi preme davvero sapere è perché, nonostante il chip sia stato rimosso da almeno un anno, io accusi i problemi che le ho appena menzionato.

Lo scienziato si accigliò, rimanendo in silenzio per qualche secondo, tamburellando l'indice sulle labbra. D'improvviso, prese alcune carte da un cassetto, che lesse per alcuni lunghi istanti, mentre la tensione nella stanza cresceva. Alzò poi di nuovo lo sguardo.
-Signor... Holmes, giusto? Lei ha detto che ha riacquistato completamente la memoria solo in seguito ad un trauma, è esatto?
-Sì.-Il detective lanciò uno sguardo d'intesa a John, che fece un timido sorriso.
Lo scienziato annuì, come se avesse ricevuto la conferma dei suoi sospetti.
-L'unica cosa che posso pensare, è che lei l'abbia sì riacquistata, ma che abbia ancora delle "faccende in sospeso", chiamiamole così- affermò infatti. - Khan, cioè la sua "altra personalità", cerca di sfruttare queste ultime a proprio vantaggio, fa leva sui punti deboli della sua psiche, al fine di sottometterla.
Sherlock, ad ogni parola pronunciata dallo scienziato, si irrigidì.
-Scusi, ma... stiamo parlando di un maledetto chip, un insignificante pezzetto di metallo e ingranaggi.
È davvero possibile una cosa del genere?-si intromise però John, scettico.
-Con la tecnologia di cui disponiamo ora, sì-replicò il dottor Hyde.-Anche se il prototipo è andato ben oltre le aspettative, devo riconoscerlo, lasciando tracce persino dopo la sua rimozione.
-... E quindi? Cosa dovrei fare? Io non ho faccende in sospeso!-protestò Sherlock, con veemenza ed una punta di rabbia.
Lo scienziato lo scrutò, assottigliando lo sguardo.
-Io invece credo di sì, signor Holmes. Magari uno screzio irrisolto, una confessione da fare... Qualcosa che magari lei stesso si rifiuta di ammettere. Ed è proprio questo che permette al chip di avere ancora potere su di lei-sottolineò, con severitá.

John non ne era del tutto certo, ma gli sembrò di vedere Sherlock arrossire.
Mary, che era rimasta in silenzio per tutta la conversazione, intervenne.
-Mi scusi, ma non esiste un metodo alternativo, per eliminare questo problema? Qualche terapia, ipnosi o altro?
Il dottor Hyde le sorrise, scuotendo il capo in segno di diniego.
-No, signora. Ci sono questioni che, purtroppo, vanno oltre la nostra limitata scienza. Potremmo studiare all'infinito la psiche umana, e averne comunque scalfito appena la superficie dei misteri che la compongono. Se poi essi sono legati ai sentimenti, la cosa diventa impossibile.
Si rivolse di nuovo al detective, ma stavolta ammorbidendo il tono.
-Mi dispiace, ma se vuole che l'influenza di Khan svanisca del tutto, dovrà fare chiarezza nella sua mente. E, se mi concede l'espressione poetica...-aggiunse, con un altro piccolo sorriso-nel suo cuore. È la sua unica speranza.
Sherlock sospirò intimamente, soffocando un gemito.
Avrei preferito dieci ore al giorno da un'analista...      

Sherlock Into Darkness -Il ritorno Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora