"I love you"

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Quando Sherlock giunse di fronte all'ospedale abbandonato indicatogli da Morgan un brivido lo percorse all'istante: la scelta del posto non faceva altro che avvalorare la sua tesi.
Appena varcata la soglia, due uomini in passamontagna lo perquisirono: il consulente si ritrovò a pensare che fosse strano che il cecchino ne avesse portati solo due. Forse perché sapeva che, con Molly in ostaggio, non avrebbe osato portare nessuno: in qualche modo, aveva già capito che lei per lui era importante.
Ma come aveva fatto?
Aveva celato quei sentimenti persino a se stesso, fino all'ultimo... 

Appurato che non aveva nessuna arma con sé, i due lo condussero, senza dire una sola parola, in una delle stanze dell'ospedale, per poi tornare a sorvegliare l'entrata dell'edificio.
La stanza era in rovina, con calcinacci e pezzi di legno negli angoli, del tutto vuota, ad eccezione di un malconcia sedia di legno su cui era legata Molly, le caviglie strette da fascette di plastica e le braccia dietro lo schienale, i polsi probabilmente intrappolati allo stesso modo.
Non era imbavagliata e non pareva neppure ferita, ma non emetteva alcun suono: il suo volto era pallido e spaventato, lo sguardo fisso sul pavimento.
All'inizio Sherlock credette che l'avessero sedata o drogata in qualche modo, a giudicare dallo sguardo fisso: ma quando sentì il rumore dei suoi passi, la ragazza sussultò e alzò di scatto la testa. I suoi occhi si fecero sgranati, nel vederlo, spaventata ma soprattutto chiaramente incredula.

Pensava che non sarei venuto, capí il corvino, all'istante.
Crede davvero che non mi importi nulla di lei.
... Ma posso forse biasimarla, dopo tutte le parole orrende che le ho rivolto??
Il detective sentì una fitta al cuore e un bruciante senso di colpa misto a vergogna.
Fece subito un passo verso di lei, ma...
-... Quanta fretta, Holmes.
Sebastian Moran uscì da dietro una colonna, un sorriso malvagio in volto, la pistola puntata contro di lui.
-Il cavaliere dalla lucente armatura viene a salvare la sua principessa... A Jim sarebbe piaciuta questa storiella...
Sherlock strinse i pugni, furioso, e sentì anche la rabbia di Khan. In quel momento, erano un'unica entità, accomunata dal medesimo desiderio: staccare la testa dal collo di Moran.
-Sono qui. Proprio come volevi. Ora liberala-gli intimò.
-Sai, Sherlock... è colpa tua se lei si trova qui-disse Moran, senza ascoltarlo.-Sei stato tu a darmi l'idea.
-... Cosa intendi?-chiese lui, ritto in piedi e in apparenza tranquillo, ma confuso.
-Quando sono evaso da Sherrinford, ho saputo che il tuo caro amico Watson si sposava... Che scortese, non mi ha invitato al matrimonio...-commentò Sebastian con una graffiante ironia.-Così, mi sono nascosto fuori dal luogo della cerimonia, deciso a prendere lui, come ostaggio. E anche la sua dolce mogliettina, all'occorrenza. Ma poi, ti visto ballare... con lei.-Indicò Molly con un cenno del capo, e Sherlock sbarrò gli occhi.
-Eravate così carini...- lo sbeffeggiò il criminale, un ghigno malevolo sul volto.-E ho sentito quello che le hai detto... praticamente, hai firmato la sua condanna. Mi hai servito la mia nuova preda su un piatto d'argento.
Sherlock aveva smesso di ascoltarlo, mentre ripensava alla frase che le aveva detto, cullati dalle note di quel valzer.

"Moriarty in realtà ha commesso un errore: perché l'unica persona di cui pensava non mi importasse nulla, era la persona di cui mi importava di più..."

Si sentì ripetere quelle parole nella testa, e un terribile senso di colpa lo assalì: se non le avesse mai dette, ora Molly non sarebbe mai stata lì, a rischiare la vita. Come aveva messo in pericolo i suoi amici, due anni prima, così aveva messo in pericolo la donna che amava.
-Sherlock...
Molly gli si rivolse con voce roca, ma determinata, e il detective incrociò il suo sguardo, risoluto nonostante la paura.
-Non è colpa tua.
Sherlock fece un leggero e triste sorriso: ancora una volta, la giovane patologa era riuscita a leggere dentro di lui, come pochi erano riusciti a fare.
Moran intervenne, sprezzante.
-Ora tu non mi servi più, ragazza.-Le si avvicinò con un coltello in mano, e Sherlock si irrigidì, nonostante fosse sicuro che non l'avrebbe uccisa. Non ora che aveva in mano il suo vero obiettivo.
Molly, invece, emise un chiaro sussulto.
Ma Moran non vi badó, limitandosi a tagliare con colpi secchi e precisi le fasce che le imprigionavano le caviglie, per poi passare ai polsi.
-Ma sarò misericordioso: ti lascerò andare. Tanto non vivrai comunque a lungo...
Molly, finalmente libera, lo guardò con aria interrogativa, non capendo il senso di quella frase.
Ma Sherlock sì. Ed era proprio il motivo per cui lei doveva andarsene immediatamente; ma prima...
-Molly...-Il detective le si avvicinò, aiutandola ad alzarsi e stringendole con delicatezza le mani tra le sue.
La ragazza gli restituì lo sguardo, gli occhi pieni di lacrime.
-Sherlock, non sei obbligato a farlo. Non sei obbligato a prendere il mio posto!
-E invece sì. Non ho scelta.
-Perchè??-gli chiese lei di nuovo, la voce rotta dal pianto.
-Perchè... io ti amo.

Ecco.
Finalmente l'aveva ammesso.
Aveva pronunciato quelle tre piccole parole che mai avrebbe pensato di poter dire a qualcuno.
Ma, dopo averle pronunciate, si sentì come se si fosse tolto un gigantesco peso dallo stomaco. Tutto quel parlare sempre dei sentimenti come un difetto chimico... l'amore come uno svantaggio pericoloso... tutte quelle logiche considerazioni vennero spazzate via da quella verità che per lungo tempo si era rifiutato di ammettere. Persino con se stesso.
Inutile negarlo: all'inizio, per lungo tempo, l'aveva semplicemente ignorata, non badando troppo alla sua palese infatuazione verso di lui.
Ma poi, pian piano, le cose erano cambiate: Molly aveva smesso di essere la ragazza timida, impacciata e insicura che aveva imparato a conoscere.
Aveva iniziato a rispondergli per le rime, a rimproverarlo persino.
Ricordò quella volta in cui si era drogato per risolvere un caso: lei l'aveva addirittura schiaffeggiato!
Paradossalmente, era stato proprio da quel momento che lui aveva iniziato a guardarla con occhi diversi.

La reazione iniziale di Molly fu, come il corvino stesso aveva temuto, una risatina incredula e amara. Come biasimarla? Dopotutto, non aveva fatto altro, per la maggior parte del tempo, che nasconderle quella verità.
-Sherlock, non devi dirmelo solo perché stai per...
Soffocò a stento un singhiozzo: non riusciva nemmeno a concludere la frase. Ma lui scosse la testa in segno di diniego, le mani sempre strette tra le sue.
-No, Molly. Te lo sto dicendo perché è vero. È sempre stato vero. Sono stato solo un idiota a non capirlo prima. Tu hai sempre contato, per me. Non volevo ammetterlo nemmeno con me stesso, perché avevo... paura... di quello che stavo provando.-Sherlock fissò i suoi occhi in quelli colmi di lacrime della ragazza; per una volta, non gli importava neppure di mostrarsi sentimentale.-Per questo ti ho detto che quel bacio non aveva significato niente. Non era vero. Sei stata una delle poche persone a credere in me, quando persino io non ci credevo più. Quando avevo tutto il mondo contro. Mi dispiace solo che il tuo amore verso di me ti abbia messo in pericolo; ma non accadrà più...
Le sfiorò una guancia con la mano, asciugandole una lacrima con il pollice.
-Perciò, se ancora non vuoi credermi, te lo ripeto: Molly Hooper, io ti amo.

Lo ripeté volutamente con più enfasi, infondendo in quelle parole tutta la convinzione di cui disponeva.
Molly scosse la testa, e fece una risatina lacrimosa.
-Sei davvero un idiota, Sherlock Holmes. Me lo dici solo adesso che stai per morire...
Il detective sollevò appena un angolo della bocca.
-Mi hanno già fatto notare che il tempismo non è una delle mie doti...
Nonostante la terribile situazione, si sorrisero di nuovo. Poi Sherlock la baciò, abbracciandola delicatamente: lei lo ricambiò, nonostante sul suo volto continuassero a scendere le lacrime. Per un solo, piccolo momento, si persero entrambi in quel bacio, dimenticando dove realmente si trovavano.
Naturalmente l'odiata voce di Moran spezzò quel momento, pari ad una doccia gelida.
-Avete fatto i piccioncini anche fin troppo a lungo, per i miei gusti. Ora vattene, prima che io cambi idea.
Sherlock le strinse le mani un'ultima volta.
-Vai.
-Ma... io...
-Molly, ti prego...
Lei trasalì: Sherlock non implorava mai nessuno, mai.

Guardò di nuovo nei suoi occhi verde azzurri, che tanto ammirava.
Li aveva visti brillare per l'eccitazione durante un caso, assottigliarsi mentre ispezionava un cadavere, e in un'occasione velarsi di tristezza. Proprio come in quel momento.
Vedeva però anche fermezza, in essi, e capì che nulla di quello che avrebbe potuto dire o fare l'avrebbe smosso dal suo proposito di dare la vita per lei.
Si allontanò dunque lentamente da lui, lanciandogli un ultimo sguardo, con la morte nel cuore: poi uscì, superando i due energumeni di guardia, che non fecero nulla per fermarla.
Sherlock la seguì con lo sguardo fino a che avvertì la canna di una pistola premuta sulla tempia, e una mano stringergli con forza un braccio.
-Finalmente soli-sogghignò Moran, compiaciuto.- Ora vieni con me, Holmes. La tua festa ti aspetta...

Sherlock Into Darkness -Il ritorno Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora