VII.

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Dopo quella semplice parola, mi oltrepassa e si accomoda sul divano, accavallando le gambe e picchiettando con l'unghia smaltata di rosso lo spazio che immagino voglia riservare a me.

Prendo un respiro profondo e la raggiungo, sedendomi accanto a lei lasciando qualche centimetro di spazio. Non contenta di come mi sono seduto elimina la distanza tra i nostri due corpi facendoli aderire.

Invece che lasciare che la sua spalla stia semplicemente a contatto con la mia fa passare un braccio dietro le mie spalle.

Cerco di rimanere calmo mentre decido che è il momento di prendere il totale controllo della situazione.

Lascio che la mia mano le carezzi il viso pallido. La sua espressione non cambia, è semplicemente intenta ad osservare ciò che faccio.

Gli occhi, due pozzi che non vogliono rivelare la loro fine sono incastrati nei miei, le sue labbra sono chiuse e rilassate lucide e rosse, sembra sangue ma spero vivamente sia rossetto.

La sua pelle è gelata e questo non fa che confermare che la ragazza qui davanti a me, un pericolo che se ne va in giro per Londra ad uccidere le persone, è morta, ma molto viva.

<<Sei gelata.>> Le dico per aprire una qual specie di discorso. Dove voglio andare a parare? Sinceramente non lo so. <<Come è possibile che ci sia una tomba con il tuo nome, ma che tu sia qui con me?>>

Se potessi vedere oltre gli strati di pelle sono sicuro che i suoi nervi sarebbero immobili come le corde di un'arpa che non viene toccata da anni. Nemmeno una singola sillaba di quello che le ho detto l'ha turbata, il battito non si sentirebbe in qualunque caso ma glielo si può leggere in viso che si sta facendo osservare. Attaccherà, ma non so come.

<<Mio caro Harry, a volte anche dopo la morte possiamo compiere delle scelte.>> Pronuncia senza distogliere lo sguardo dal mio, come se le sue labbra fossero indipendenti da tutto il resto.

<<Quali scelte?>> Approfitto del fatto che sta rispondendo alle mie domande senza troppi problemi per continuare ad indagare.

<<Se te lo dicessi poi dovrei ucciderti, ma ti ucciderò comunque quindi forse potrei dirtelo.>> Non mi aspettavo una risposta del genere. Sento il mio battito che accelera, quindi per evitare che si accorga di quando le sue parole mi abbiano spaventato, unisco la mano che stava accarezzando la sua pelle all'altra che era rimasta appoggiata sul cuscino del divano.

<<Mi ucciderai come quegli uomini nel vicolo?>> Il fatto che stiamo discutendo della mia morte come un fatto prossimo ed inevitabile mi fa contorcere le stomaco e solo Dio sa quanto ora vorrei fumare una sigaretta.

<<Si, ma loro erano già morti quindi forse sarai tu ad uccidere te stesso.>> Risponde mentre lascia che la sua mano scivoli fino alla tasca dei miei jeans dove tengo il pacchetto di sigarette.

Non so se mi ha letto nel pensiero o semplicemente è una coincidenza ma capisco che la seconda ipotesi l'ho formulata solo per evitare di spaventarmi ancora di più quando porta una sigaretta alle mie labbra e poi usando l'accendino dà fuoco ad una estremità.

Prendo un tiro, prendendo poi la sigaretta tra le dita e offrendogliela. L'accetta e la osservo mentre senza lasciare mai i miei occhi ne prende un tiro.

<<Da quello che ho visto io, gli uomini di quel vicolo erano abbastanza vivi.>> Ancora nessuna reazione degna di nota, semplicemente fuma la mia sigaretta, ora sua.

<<Le loro anime erano consumate, i loro corpi vivevano per inerzia ... erano come contenitori che contenevano cibo scaduto. Inutili. Morti. Le loro anime, mie.>> Mi spiega, ripassandomi la sigaretta. Osservo il filtro e noto che il rossetto non ha lasciato alcun segno, e questo mi confonde ancora di più insomma io posso toccarla, ma lei non lascia alcun segno come se non esistesse.

Almost Damned || H.S.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora