-Capitolo5-

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Claudio
La luce del mattino, le voci delle persone in strada, il suono dei clacson delle auto, le urla dei bambini che giocano sulla spiaggia, il rumore della città che si sveglia. Tutto ciò arriva alle mie orecchie come un martello che mi colpisce in testa stordendomi completamente. È tutto così amplificato che mi sembra di essere in un mondo parallelo.
La luce del sole mi costringe a chiudere gli occhi più di una volta, non ho idea di come abbia fatto ad alzarmi dal letto e venire a lavoro.
Sono in condizioni pessime.
Non ho idea neanche di come abbia fatto a vincere l'imbarazzo e andare a parlare con Mario, dopo lo spettacolo che io e Paolo gli abbiamo mostrato ieri sera.
Quando mi sono svegliato stamattina avevo la mente ancora annebbiata dalla sbornia,ricordavo ben poco di ciò che avevo fatto, ma gli occhi neri e delusi di Mario e il suo tono di voce spento sono stati la prima immagine, e credo pure l'unica, che mi è subito balzata davanti. Quelli si che me li ricordavo bene.
Avevo intuito che qualcosa non andava, per cui ero deciso a chiedergli cosa.
E menomale che l'ho fatto perché Mario aveva frainteso completamente tutto.
Io e Paolo una coppia. Mi viene da ridere solo a pensarci.
Mi sistemo nuovamente al mio posto dopo aver parlato con lui e mi rilasso un pò sperando che questo mal di testa mi molli in fretta.
E continuo a pensare a Mario e a quanto sia buffo ciò che aveva immaginato. Sorrido senza neanche accorgermene..la verità è che pensando a lui mi viene sempre da sorridere.

Rimango come mio solito sulla vedetta a controllare che vada tutto bene. Fa un gran caldo stamattina e ho la gola perennemente secca, non so se per il caldo o per l'alcol che sto ancora smaltendo.
Mi giro a guardare Mario, cosa che faccio ormai sempre e lo vedo intento a servire un cliente.
Più lo guardo e più penso che in fondo non lo conosco e che mi piacerebbe sapere qualcosa di lui,sapere cosa gli piace fare,se ha qualche passione, come procede la sua vita al di fuori del lavoro, insomma vorrei che ci raccontassimo un pò di più l'uno all'altro.
Per quanto io mi ostini a scacciare via ogni pensiero su di lui e voglia evitare quanto più possibile che lui fraintenda le mie intenzioni, non riesco a far finta di non averlo incontrato. Forse perché non c'è nulla da evitare e nulla da fraintendere, forse perché davvero voglio pensarlo e forse perché voglio che anche lui pensi me. A volte vorrei sentirmi libero di poter fare quello che voglio, vorrei andare da lui e lasciarmi andare senza pensare alle conseguenze, senza pensare a cosa potrebbe succedere dopo. Ma poi mi ricordo che libero non sono e che non posso farlo.
Non lo conosco ma da quel poco che ho capito di lui, è una persona buona e non merita di essere ferito da uno come me che non sa ancora cosa vuole dalla vita. Aver sofferto non ci autorizza a far soffrire gli altri. Mai.

Cerco di distrarmi, non mi fa bene pensare, in fondo è per questo che sono venuto qui a Roma,per scappare dalla mia vita che ultimamente mi sta troppo stretta.
"E secondo te dovrei crederti?"
Una voce furiosa proviene dal chiosco,mi alzo di scatto e vedo Mario che sta discutendo con un ragazzo che è il doppio di lui: alto, robusto e muscoloso. "Dimmi se dovrei crederti", ripete il ragazzo agitandosi però più del dovuto. Mario rimane in silenzio, lo guarda con rassegnazione e anche con un pò di commiserazione, ma non parla.
La situazione non mi riguarda, non dovrei nemmeno prestare attenzione a ciò che accade ma come al solito agisco d'istinto e decido di intervenire.
" È tutto apposto qui?", chiedo rivolgendo la mia domanda a Mario ma senza spostare lo sguardo dal ragazzo man mano che mi avvicino.
"Che c'è, hai chiamato i rinforzi? Non ce la fai ad affrontarmi da solo?", dice lui con tono di sfida rispondendo al mio sguardo e lanciandomi un'occhiataccia.
Vedo Mario agitarsi dietro il bancone.
"Lascialo stare, vai via!!".
"E tu chi saresti scusa?"
"Sono quello che sta per spaccarti la faccia se non te ne vai subito da qui"
Si avvicina a me provocandomi, come a volermi istigare, "Perché altrimenti che fai?", mi dice guardandomi dritto negli occhi e sto quasi per prenderlo a pugni davvero se non fosse per Mario che rapidamente si sposta da dietro il bancone e si mette tra di noi spingendomi via.
" Niente", dice a fatica, "Nessuno farà niente perché tu adesso te ne andrai o giuro che chiamo la polizia".
Restiamo a guardarci tutti e tre per un paio di secondi, Mario lo fissa intimandogli ancora una volta di andarsene ma senza spostare la mano dal mio petto nel tentativo di mettere distanza tra me e loro.
"Me ne vado solo perché sarebbe inutile parlare adesso visto che non siamo soli,ma con te", dice rivolto a Mario "Non abbiamo finito".
E va via lanciandomi un'ultima occhiata piena di disprezzo.
Gli occhi di Mario lo seguono fino alla fine accertandosi che sia andato via, poi si incrociano con i miei occhi e li vedo visibilmente sconvolti. Non sa cosa dire.
"Tutto ok?" Gli chiedo dolcemente,non sapendo come gestire la situazione.
"Si tranquillo, i soliti clienti maleducati..."
Sta mentendo. Sento la sua voglia di evitare la conversazione, sento il suo turbamento,sento lui.
Ma io voglio capire.
"Un cliente? Pensi che io sia stupido per caso? Quello non era un cliente Mario,lo sappiamo benissimo tutti e due. Posso anche non sapere nulla di te ma questo non significa che non riesca a capire se mi stai mentendo".
Mario resta a fissarmi immobile,i suoi occhi ancora più neri, spenti, ma maledettamente grandi.
"Dimmi chi era quello e cosa voleva da te. Sei nei guai?".
Mario continua a fissarmi e a non rispondermi. Quanto mi fa incazzare questa cosa. "Mi vuoi rispondere?!", dico spazientito.
"Ma si può sapere perché ti preoccupi così tanto per me?"
Tutto mi aspettavo tranne che mi dicesse questo.
"Io..io non..io non mi sto preoccupando per te..", ma il tono con cui lo dico non convince neanche me. La verità è che Mario ha ragione, mi sto davvero preoccupando per lui. E adesso che faccio? Come esco da questa situazione?
"Ah no? Ti sei intromesso in una discussione che non ti riguardava, volevi prendere a pugni un tizio che nemmeno conosci, mi stai riempiendo di domande e adesso mi vorresti dire che non ti stai preoccupando per me? Sei strano Claudio, sei strano forte".
Se qualcuno mi avesse detto che io, Claudio Sona, un giorno sarei rimasto senza parole probabilmente gli avrei riso in faccia. Io che ho sempre la battuta pronta, io che so sempre cosa dire in qualsiasi circostanza, io che raramente mi incarto con le parole e finisco sempre col fare discorsi no sense sul senso della vita pur di dare un filo logico al mio discorso e portarlo a termine da vincente,io che non faccio mai scena muta.
È proprio vero che c'è sempre una prima volta a tutto nella vita. E vorrei replicare e dirgli che ancora una volta sta fraintendendo tutto,ma mentirei non solo a lui ma anche a me stesso.
"No..ma che c'entra..sono intervenuto solo perché ho visto che quello lì ti stava urlando contro.."
"È proprio questo il punto", dice Mario interrompendo il mio tentativo di giustificarmi fallito miseramente, "tu non saresti dovuto intervenire da nessuna parte. Che te ne frega a te se quello mi urlava in faccia? Che te ne frega a te se sono o non sono nei guai?" Entro ancora più nel panico, Mario ha la capacità di disarmarmi totalmente con poche parole. Non mi era mai successo. Come si gestisce una cosa che non ti è mai successa?
"Certo che hai un bel modo di ringraziare le persone. Io cerco di aiutarti e tu mi aggredisci così? Scusami tanto, la prossima volta me ne starò al mio posto e resterò a guardare mentre tu e quel tizio vi ammazzate, anzi no non guardo nemmeno o potresti arrabbiarti anche per questo".
Male, è evidente che una cosa che non ti è mai successa la gestisci male.
Stringo i pugni dal nervosismo e Mario se ne accorge,sono arrabbiato, o meglio mi autodefinirei...deluso. Da cosa esattamente non lo so,ma si,mi sento deluso.
"Faccio bene a dire che sei strano", dice lui dopo aver riacquistato la calma, "Non ti sto aggredendo, è solo che vorrei capire..perché lo hai fatto, ecco. In fondo non eri obbligato, noi due non ci conosciamo neanche così bene da potermi aspettare una reazione così da parte tua quindi è normale che io ti chieda perché. Perché Claudio?"
"Perché mi ha dato fastidio vedere quel tizio parlare con te in quel modo, era troppo arrogante e avevo paura potesse farti del male. Tu non reagivi, stavi lì a guardarlo senza spiccicare parola e io non ce l'ho fatta. Mi dispiace,magari volevi risolvere la cosa a modo tuo e ti sei ritrovato me fra i piedi..io..scusa, non avrei dovuto, lo so".
Quelle parole escono dalla mia bocca incontrollate,non riesco a fermarle.
Ma che cavolo mi fai Mario? Io non sono così. Io non do giustificazioni. Io non mi apro con nessuno.
"Non devi scusarti, a me ha fatto piacere.  Hai fatto una bella cosa. Grazie", e mi sorride.
E il sorriso di Mario è incredibile, non si può descrivere. Gli si formano due fossette ai lati della bocca che ti fanno venir voglia di stritolargli le guance talmente è tenero, rimani lì a guardarle imbambolato come se fossero la cosa più preziosa del mondo. Il sorriso di Mario è pieno di vita,ti mette di buon umore senza saperlo. E quando Mario sorride tutto si ferma, non riesci a guardare altro se non lui e se pensi che quel sorriso è merito tuo beh, allora puoi ritenerti l'uomo più soddisfatto del mondo. E quel sorriso è davvero merito mio. Mi ero ripromesso di non farmi coinvolgere, di stargli lontano il più possibile, ma non ci riesco.
Mario ha qualcosa di diverso dagli altri. Mario ha una luce speciale negli occhi. Mario è una cosa bella. Perché le cose belle arrivano sempre nel momento sbagliato?
"Prego". È l'unica cosa che riesco a dire. Ci guardiamo come se fosse l'unica cosa che siamo capaci di fare e forse è proprio così perché con le parole siamo un disastro ma con gli occhi ci siamo sempre detti tutto. Dal primo giorno. Lui si avvicina a me senza lasciare il mio sguardo. E io mi sento così fragile in questo momento,mi sento come se fossi creta fra le sue mani e potesse farmi quello che vuole. Glielo lascerei pure fare se non fosse per la mia vita incasinata e piena di problemi in cui non voglio coinvolgerlo.
È per questo che, nonostante quello che questo ragazzo con due carboncini neri al posto degli occhi riesce a smuovere in me, faccio l'unica cosa che ritengo giusto fare: scappare.
"Io..torno a lavoro..ci vediamo più tardi, buona giornata". E vado via ancora una volta.

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