Il terzo giorno iniziò all'insegna del dubbio.
Quando devi solo stare fermo e fissare un punto hai molto tempo per pensare.
Forse fin troppo.
Il piano era semplice eppure ripassavo tutto mentalmente svariate volte; in realtà la parte difficile era stata fingere per dieci anni di essere chi non sono.
Ora dovevo solo navigare a vista.
Eppure mi sentivo sotto pressione.
Per ore non pensai al fatto che avevo tolto una vita solo pochi giorni fa.
Le analisi psichiatriche del giorno precedente avevano sicuramente portato a dei risultati che però non mi erano stati comunicati.
La mia speranza era una e una sola: i miei genitori dovevano vedermi e dovevano farlo prima delle 16:13 di domani, quando il timer del mio server sarebbe giunto al termine.
Ebbi fortuna.
Mamma Carla e papà Lorenzo entrarono nella mia stanza nel primo pomeriggio.
Mamma, una bella donna di quarantasette anni, insegnante di inglese in una scuola paritaria, aveva gli occhi lucidi.
Non sembrava un pianto fresco, sembrava più strascichi di un paio giorni pesanti e privi di sonno.
Papà, più vecchio di lei di tre anni, programmatore con un figlio d'arte, era più stoico.
Ciò nonostante fu lui per primo ad abbracciarmi, o quanto meno a provarci.
Io tentai di non muovere muscoli, facendo risultare l'abbraccio di mio padre totalmente passivo.
Papà si scansò e capì che non gli avevano mentito: suo figlio era ancora sotto presunto shock.
- Cucciolo mio, cosa ti è successo? Ti prego parlaci. Non vogliono dirci nulla.
Pensai che mia madre brancolasse nel dubbio.
- Non puoi aver fatto quello che dicono. Non è vero.
Venni subito smentito, sapeva e mi credeva innocente.
Tutto procedeva davvero alla perfezione.- Loro non ti conoscono, non sanno chi sei e come sei fatto.
Mio padre cercò di portare il discorso verso un tonalità meno acuta rispetto a quella pseudo-disperata di mamma.
- Ti prego parlaci.
Fu la prima volta, dall'inizio di questa storia, che avrei voluto parlare.
Volevo raccontargli tutto, volevo quanto meno dirgli "ciao, mi siete mancati".
Ma non potevo.
Inoltre sapevo che a spiegare quello che stavo facendo li avrei uccisi.
Mamma, Papà, quando leggerete queste righe morirà una parte di voi.
Mi spiace.
Purtroppo non posso pubblicare un libro escludendovi selettivamente.
Perdonatemi, anche se so che non potrete.
Durante quel giorno mi accudiste come un bimbo.
Mi ricordo i pasti, le carezze, le telefonate sotto voce ai parenti per dirgli che stavo bene.
Gli insulti ai parenti che non chiamavano, dannati loro, credevano che fossi colpevole evidentemente.
Fortuna che erano pochi.
Le domande incessanti ai dottori che ogni tanto entravano e perfino ai poliziotti e ai carabinieri che monitoravano la situazione.
Non so perché vennero chiamate tutte e due le forze dell'ordine, ma non ero sorpreso.
Lì fuori si stava sicuramente scatenando un inferno.
"Bimbo ucciso in un quartiere residenziale. Possibile sospetto sotto shock così come Il fratello della vittima"
Jo, chissà se aveva già iniziato a parlare con gli assistenti sociali o se era ancora sotto silenzio.
Non avevo modo di saperlo da lì dentro ma so che stampa, web, tv e youtubers ci stavano marciando con questa storia.
Tutto a mio favore.
Ora che sapevo che avevo i miei dalla mia parte, ero decisamente più tranquillo riguardo a ciò che sarebbe successo l'indomani.
Papà ogni volta che entrava un qualche ufficiale gli chiedeva se era il caso di cercare assistenza legale.
La risposta era sempre vaga. Non volevano darmi nessuna informazione che mi portasse vantaggio.
Finalmente un carabiniere si mise il cuore e in mano e rispose:
- Sì, dovreste proprio.
Fu allora che mio padre, senza neanche guardare mia madre, senza perdere tempo, sbottò fuori la porta quasi correndo.
Da lì a breve avrei avuto la miglior difesa che i nostri soldi potessero comprare.
La mia famiglia stava decisamente bene economicamente.
Sapevo però che una battaglia legale del genere li avrebbe comunque stesi.
Per questo, lo scrivo qui, i ricavi di questo libro dovranno andare per metà ai miei genitori e per metà ai genitori di Mattia.
Spero davvero che non li brucino, né i miei né Giovanni.
Il giorno 3 finì con me da solo con accanto mia madre che era stesa con la faccia sul mio lettino, vicino le mie gambe.
Sul finire della giornata arrivò, anche prima del previsto, una delle chiamate che auspicavo.- Sì pronto. Sì sono la signora Carla.
Mugolio indistinto dal telefono.
- Per quale canale ha detto che lavora?
Avevano trovato il numero personale dei miei genitori.
Era già iniziato il tempo di mungere la vacca d'oro sporca di sangue.
STAI LEGGENDO
Come ho ucciso un bimbo e l'ho fatta franca
Mystery / ThrillerVi racconto la mia storia, di come un giorno ho ucciso un bambino di sei anni e il mondo mi ha assolto.