Giorno 10

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L'evento su Facebook aveva già raccolto 3216 adesioni e quasi 4000 forse parteciperò.
Sarebbero davvero venuti a fare una fiaccolata sotto casa nostra.

Mamma e Papà erano molto preoccupati.
Avevano chiamato Mirta e le avevano detto di non passare.
Ormai loro non andavano a lavoro da parecchio.
Lo stare in casa non gli stava facendo bene.
Pensate ora che si sentivano sulla pelle la costrizione di una barricata.
Io invece non vedevo l'ora.
Avevo l'occasione per aggiungere un tassello al puzzle.

Stasera ogni routine a cui ci stavamo abituando negli ultimi 10 giorni stava per cambiare.
Quasi mi dispiaceva. Mi sono sentito di più me stesso in questi giorni da statua che negli ultimi dieci anni.
Iniziò a farsi buio.
La giornata era passata come fossimo in trincea.
Mamma chiuse a chiave la porta usando tutte le mandate.
Papà si mise alla finestra.

Passò qualche ora e finalmente arrivarono i primi protestanti.
Non facevano molto, stavano lì a parlare fra loro, in attesa di un numero maggiore di persone.
Numero che non tardò ad arrivare.
Verso le 21 erano quasi cento le persone.
Alle 22 erano almeno trecento.
Con migliaia di confermati quel numero era statisticamente un successo.

Accesero le fiaccole che venivano distribuite da una ragazza che si era presa la briga di fare da organizzatrice.
Un piccola melma di luce informe iniziò a protestare.
Nessuno del palazzo si lamentò del baccano; ce l'avevano con me, magari non al punto da partecipare alla fiaccolata, ma di certo al punto da lasciargliela fare senza storie.

Verso le 22 e 30 arrivarono i Carabinieri ma la situazione era sotto controllo.
Entro mezz'ora di tre pattuglie ne rimase una.
Con l'andare via delle pattuglie si videro più chiaramente, nascosti nella folla, i reporter di varie emittenti e si riconosceva sicuramente qualche blogger.
Era arrivato il momento di agire.

I miei mi avevano già messo a letto ed erano tornati in salone, come ogni sera e come previsto dal copione della routine.
Fortunatamente la porta di ingresso era staccata dal salone e non in vista poiché era situata in un piccolo corridoio che percorreva le stanze.
Questo mi dava il tempo di prendere le chiavi, aprire e scendere senza essere fermato.
Ebbene sì, era arrivato il momento di muovermi.

Uscii dalla porta.
Andavo a passo spedito ma senza correre.
Volevo che i miei genitori si accorgessero della cosa ma non volevo essere fermato.
Arrivai al portoncino di sotto: intravidi dal vetro temperato le luci delle fiaccole.

Ero fuori casa, dopo tanti giorni, e in un attimo sentii l'odio attorno a me.
Il mio volto era come sempre inespressivo, più o meno simile ad un sonnambulo.
Riuscivo però distintamente a sentire l'astio attraversarmi la pelle.
Ero il mostro di Frankenstein. E loro erano la folla impaurita con il fuoco che avrebbe voluto mettermi al rogo. Letteralmente.
Mi sporsi verso il centro della folla.
Mi fecero passare senza neanche troppi spintoni.
Iniziarono le offese: "Lurido", "Mostro", "Dovremmo farti ciò che hai fatto a Mattia".

Ero in mezzo alla folla, il cuore mi batteva all'impazzata.
Notai qualche volto conosciuto che non inneggiava ma mi guardava con odio.
Erano vicini che abitavano nella via, compagni di scuole passate e anziani che trovi spesso con i nipoti a fare passeggiate sulla Tuscolana.
Mi venne quasi da piangere ma trattenni le lacrime ancora un po', anche perché era arrivato il momento dell'atto finale della serata, quanto meno per quanto riguardava la mia parte.
In mezzo a quella polveriera accesi la miccia.

Mi inginocchiai e iniziai a piangere.
Le lacrime che prima trattenevo ora erano un perfetto condimento al tutto.
Scelsi fra tutte le persone attorno a me il più grosso e bigotto energumeno.
Mi piegai sulle sue scarpe e iniziai grondare dagli occhi, ancora di più.
Sentivo l'ira del palestrato crescere a dismisura.

Fuoco al fuoco.
Dissi:
- Mattia, Mattia, Mattia. Povero Mattia.

Esplosione.
Fu un secondo. Venni preso per la maglia, alzato di peso.
Un cazzotto nello stomaco.
Un altro in faccia.
Ero a terra.
Calci sullo stomaco.
Calci sul corpo indistinti.
Mi proteggevo il volto ma potevo sentire che non era solo quell'uomo a picchiarmi.
Il caos.
Sentivo centinaia di anime attorno a me dimenarsi.
Sentivo da dietro papà farsi strada e mamma che urlava ai Carabinieri di intervenire.
Infine sentii molto caldo: una delle fiaccole mi era caduta vicina.
Mi ustionai un braccio.
Ma ormai di dolore ne sentivo poco.
Ero svenuto.

Il resto della serata lo vidi molti giorni più tardi su youtube e su youreporter.
La serata venne perfettamente documentata.
L'aggressione fu placata in poco tempo ma ormai il danno era fatto.
Il babykiller era stato aggredito per non aver fatto nulla.
Fisicamente come giuridicamente, questo era il pensiero che si sarebbe formato nei prossimi giorni.
Anche questo lo scoprii molto più tardi: ciò che feci quella sera fu estremamente rischioso.
Avrei potuto rimanerci, ma anche in quel caso sarebbe andata bene.
Rimasi in vita invece.
L'unica pecca fu che mi lacerarono parte della milza e un polmone.
Avevo diverse costole rotte e il dolore sarebbe stato insopportabile.
Per questo mi misero in coma farmacologico.
Per questo scoprii l'esito del mio passo azzardato soltanto giorni e giorni dopo.

Era andata bene.
Ero appena diventato il prototipo di un martire, pronto per essere perfezionato e messo sul mercato.

Come ho ucciso un bimbo e l'ho fatta francaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora