Giorno 5

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Mi ricordo distintamente l'odore acre che veniva da mia madre.
Era stata con me tutto il tempo, senza lavarsi.
Povera donna; non avrei voluto farla soffrire così, non di nuovo, non come allora.
Ma quello che successe dodici anni fa fu brutale al punto da non poter essere dimenticato.
Da lei ma soprattutto da me.
Mi ha motivato, mi ha reso quello che sono. Nel bene, nel male, nella storia.
Se avete comprato questo libro forse avete già letto la mia pagina Wiki.
Sì, ho una pagina Wiki, al pari di Lorena Bobbit.
Conto però di vedere un aggiornamento postumo alla pubblicazione di questa storia.
La mia eredità, nel mondo regolato da internet, non verrà cancellata.
Speriamo di cambiare le cose.
Comunque, dicevo, se state leggendo questo avete anche sicuramente già letto la mia pagina Wiki e quindi sapete cosa è successo dodici anni fa.
Se non lo sapete, per amore della comprensione, forse è il caso che ve lo racconti.
Ma non subito.
Prima ho bisogno che capiate alcune cose di me.
E per farlo posso soltanto andare avanti col racconto.
Il quinto giorno dalla morte di Mattia fu un giorno importante.
Non per il mio piano, ma per la mia salute mentale durante l'attuazione dello stesso.

Fu il giorno in cui venne a trovarmi la mia ragazza.
Sì, all'epoca avevo una fidanzata, si chiamava, anzi si chiama e probabilmente leggerà queste parole, Mirta.
Mirta era bellissima, disponibilissima e innamoratissima.
La ragazza ideale.
Soprattutto per me che la odiavo profondamente.
Mirta ha fatto parte della mia vita per molto tempo.
Ha fatto parte anche della tragedia di cui vi accennavo.
Mirta è più grande di me, circa cinque anni più vecchia.
La conosco da quando avevo dieci anni.
Mi ci vollero anni di corteggiamenti sfrenati per conquistarla.
Non è facile farsi vedere come un adulto da una ragazza che si considera una vera adulta quando è ancora sulla ventina.
Ci volle impegno, abnegazione e soldi.
Molti soldi: le apparenze sono tutto per Mirta.
Io rappresentavo il suo ragazzo ideale.
Il Francesco che era all'ospedale era la tragedia del decadimento del sogno di Mirta.
Tutte falsità.
Le sue all'epoca dei fatti e le mie per conquistarla.
Mirta, so che stai leggendo e che hai sofferto.
In tutte e due le tragedie che hai vissuto.
Ma sappi che quello che ho fatto non è stato per vendetta, ma per amore della società.
Ad eccezione del tuo caso.
Nel tuo caso è stata vendetta.
Volevo vederti soffrire.
E quel giorno ti vidi soffrire.
Piangevi sul mio letto, cercavi di farmi riprendere.
Ti scusasti perché eri in Australia e perché non eri riuscita a venire prima.
Mi baciasti in ogni modo concepibile senza ricevere risposta.
Che liberazione fu per me non dover rispondere ai tuoi baci.
E che liberazione finalmente poter scrivere queste parole.
Negli anni l'unica consolazione è stata la tua straordinaria bellezza.
Ora sapevo di aver colpito anche te.
E sapevo come avresti reagito: eri già pronta a dare battaglia su ogni comunicato insieme a mia madre.
Povera donna. Mia madre, non tu.
Mi ricordo che mi dissi che avresti fatto di tutto per far capire al mondo chi ero.
Ci contavo.
Mi ricordo inoltre che mia madre ti bisbigliò qualcosa.
Fu allora che ti vidi prendere il cellulare per armeggiarci per diverse decine di minuti.
Mia madre ti aveva dato la nuova password di Facebook.
Ti osservai, sempre di nascosto, scandagliare tutta la mia bacheca, tutti i miei messaggi; su messenger c'erano diversi messaggi di amore trasversale nei tuoi confronti.
Ho scritto più e più volte ad un mio vecchio amico di giochi online quanto ti amassi.
Un amico che non esisteva.
Era una mia creazione, fatta ad hoc.
Vidi il momento esatto in cui il tuo cuore si sciolse ancora di più.
Sapevo ora di avere l'amore di due donne infuriate a difendermi dal mondo.

Ti avvicinasti per sussurrarmi le più dolci parole che io abbia mai sentito uscire dalla tua bocca:
- Oggi ti riporto a casa, costi quel che costi.

Una decina di ore dopo mia madre entrò in camera con un borsone contenente un mio cambio d'abito.
Come ci erano riuscite, in così poco tempo, per me rimane ancora un mistero.

Ero pronto per tornare a casa.


Come ho ucciso un bimbo e l'ho fatta francaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora