Giorno 6

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Non ero mai stato così felice di tornare a casa come quel giorno.
Abitavo con i miei in un piccolo appartamento zona Tuscolana.
Per chi non fosse pratico di Roma, questa zona presenta caratteristiche tipo case piccole e/o inutilmente costose per via della vicinanza con la metro.
La nostra casa aveva due stanze da letto, una cucina e un saloncino.
Era una casa degli anni 70 e ne aveva tutto l'aspetto.
La mia cameretta era ordinatissima, come sempre.
Negli anni in cui avevo costruito la mia immagine, avevo dovuto badare all'aspetto estetico in tutto, non solo sul mio corpo.
Ora, ci tengo a dire che sono un bel ragazzo.
Curato, alto, in splendida forma e vesto sempre con un casual ricercato.
Questo è importante, perché gran parte del giudizio esterno deriva dalle apparenze e vedrete che nella storia ciò conterà.

La mia cameretta rifletteva questo modo di essere.
Libri ordinati, pc portatile Apple, letto sempre rifatto e poco altro.
Non è stato facile vivere così, ve lo assicuro.
In ogni caso ero a casa e ne ero felice.
Mi avevano vestito in ospedale alzandomi e maneggiandomi nel mio stato catatonico.
Avevo dato piccoli segni di vita camminando accompagnato sotto braccio verso la macchina e risalendo a casa.
Mirta era sempre lì, con me, attaccata.
Non appena arrivato a casa mi misero sul divano e accesero la tv.
Su Rete4 davano un piccolo speciale sul mio ritorno a casa.
Alcuni pseudo-giornalisti da assalto erano sotto l'appartamento, o quanto meno, era quello che facevano credere.
Sotto non c'era nessuno ma loro avevano già registrato la scena con il portone del mio palazzo come sfondo.
Rispetto a 12 anni fa un bel passo avanti.
La via di casa, Via Stilicone, era tristemente nota ai media proprio per colpa nostra.

Mi spensero la tv. Penso non volessero farmi stressare, non sapevano che io volevo vedere, ma ancora non era arrivato il momento di esprimersi.
Mia madre e Mirta si misero subito all'opera.
Appurato che il loro amore era a casa con loro, al sicuro, ora potevano iniziare a scrivere a tutti.

Scrivere quanto ero un bravo ragazzo, quanto ciò che era accaduto non poteva essere vero e quanto stavo soffrendo.
Nel preparare i comunicati avevano spulciato più e più volte sul mio Facebook, citando mie azioni, post e messaggi.
Dovevo per forza essere un sospettato, ma ancora non mi erano venuti a prendere.
Credo che il mio stato di shock abbia facilitato il mio rientro a casa.
Ovviamente tutte le prove erano state già raccolte.
I miei vestiti della sera, il mio smartphone, la mia auto, casa di Giovanni e chissà che altro.
Tutto sigillato.
Se anche stavo fingendo il mio stato, non avrei potuto occultare nulla.
Non ne avrei comunque avuto motivo. Ero stato attento.
Mamma e Mirta uscirono per un po' di casa.
Ebbi il mio primo momento di libertà da giorni.
Mi alzai e cambiai espressione facciale.
Una qualsiasi espressione che non fosse quella neutra andava benissimo.
Mi sgranchii le guance, gli zigomi, le mani, le gambe.
Feci stretching.
Non riaccesi la tv.
Mi azzardai soltanto ad andare alla finestra e vidi finalmente il motivo per cui ero lì.
Due pattuglie dei Carabinieri erano sotto casa. Fisse.
Ero agli arresti domiciliari. 
Sorrisi beffardamente alla finestra.
Ero felice.
Poi mi ricordai che non dovevo esserlo.
Presi il tablet sul tavolo e cercai velocemente su Google Notizie il mio nome.

"A casa il presunto assassino del piccolo Mattia"
"Una casa che ha vissuto l'orrore oggi lo vive di nuovo"
"Da vittima a carnefice, Francesco il killer muto"
"..la famiglia Diana, dopo aver perso Gioia dodici anni fa, oggi affronta le pesanti accuse contro Francesco, l'allora fratellino della ragazza assassinata da..."

Tutto come previsto.
Tutti ricollegavano gli eventi.
Ancora però nessuna perizia sul mio essere.
Riposi il tablet e tornai al mio posto.
A breve avrei dovuto trovare il modo di far capire a mamma e a Mirta che dovevano accedere al mio Google Foto con la stessa password di Facebook.
Lì avevo dei video che avrebbero aiutato la mia causa e sapevo che, una volta trovati, li avrebbero usati.

Come ho ucciso un bimbo e l'ho fatta francaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora