Giorno 8

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Alle 18 dell'ottavo giorno dalla morte del piccolo Mattia Mirta e Mamma avevano in programma di registrare in un piccolo studio di posa a Cinecittà una intervista con Barbara D'Urso per parlare del mio caso.

Francesco, da babysitter a babykiller.

Non era un compito facile il loro, ma di certo non si trovavano davanti ad un tribunale, ce la potevano fare.
Soprattutto visto che avevano uno scoop davvero greve per le mani: quel dannato video che era nel mio cloud di Google Foto che avrebbe scosso un po' tutti.

Un video che io stesso avevo girato neanche due mesi fa.

Ormai mancava poco alla serata.
Io vivevo in totale ansia da prestazione.
Stavo fermo, ma volevo muovermi.
Mi muovevo ma dovevo stare attento.
Volevo avere più informazioni, ma ogni volta che le avevo non sapevo come processarle nella mia mente.
Mi chiedevo quando sarebbero arrivati di nuovo a farmi analisi, ad interrogarmi e magari a portarmi via ma ogni volta che vedevo una pattuglia sotto casa mi prendeva il panico.
Il tutto all'interno di una maschera di cera.
Le indagini preliminari proseguivano e ancora mancava una prova schiacciante nei miei confronti.
Io dal mio canto attendevo soltanto di sapere se avevo fatto bene i calcoli e l'avrei saputo molto presto.

Mamma passò a salutarmi prima di uscire, mi baciò sulla fronte e disse:
- Pensa a tutto mamma tua, te lo prometto.

Mirta non passò da me, era sicuramente a casa a prepararsi.
A farsi diabolicamente bella.
Non che ne avesse bisogno.

L'intervista sarebbe andata in onda la mattina dopo.
Era stata concessa una intervista registrata e non in diretta data la gravità della situazione.
Ovviamente senza contraddittorio.
La famiglia di Mattia non sarebbe stata presente, così come nessuno delle indagini preliminari, per ovvi motivi.

L'enorme bolla di sapone attorno al caso del decennio stava per scoppiare lasciando un fiume di sapone a sommergerci tutti.
E nonostante ciò, ne saremmo usciti più sporchi di prima.

Avete presente quella scena splendida nel film Le ali della Libertà, quando Andy Dufresne "andò incontro alla libertà strisciando per 500 metri in mezzo a liquami puzzolenti che non riesco neanche a immaginare. O forse non voglio. Strisciò per 500 metri, la lunghezza di 5 campi di football. Mezzo chilometro di merda!" .. "Andy Dufresne che attraversò un fiume di merda uscendone pulito e profumato."

Ecco, la mia situazione era l'esatto opposto.

Tutto quello che stavamo facendo ci avrebbe reso immondi, è vero, ma avrebbe anche ottenuto un livellamento importante del campo da gioco.
Sì, perché finora stavo giocando a calcio, in porta, 1 contro 11, in salita.
Bastava dare un leggero colpo al pallone che sarebbero arrivate cannonate da respingere.
Stando fermo immobile sulla poltrona.

Finalmente, sempre stando fermo immobile, potevo richiedere un campo in pianura.
Ben presto avrei perfino avuto una squadra tutta mia.

Ora so che sicuramente il fatto di aver confessato l'omicidio nelle prime righe di questo libro vi farà pensare che il campo in salita me lo meritavo e anzi mi meritavo perfino l'impiccagione sulla traversa.

Però considerate che all'epoca dei fatti, meno di un anno fa, di sicuro la metà e più di voi dopo l'intervista ha iniziato a riconsiderare la mia colpevolezza.
Gran parte di voi mi tolse l'etichetta di Babykiller dalla mia fronte.

E tutto per via di quel video.

Un video che ritraeva un fatto accaduto durante uno dei miei turni da babysitter con Jo e Mattia.

Io ero dietro lo smartphone a riprendere.
Jo e Mattia giocavano.
Li riprendevo perché erano due angeli bellissimi da vedere.
I genitori, Giovanni e Loretta, volevano più video e foto possibili dei loro cuccioli.

Durante il video però Jo iniziò a giocare in maniera molto violenta.
A primo impatto sembrava uno scherzo ma poi Jo mise le mani attorno al gracile collo di Mattia e strinse forte. Jo era completamente davanti la camera e non si vedeva bene se Mattia stava soffrendo ma non potevo esserne sicuro.
Si sentirono nel video le mie urla che dicevano:

- Fermo Jo, gli fai male, FERMO!

Il video si interrompeva lì in maniera brusca poiché avevo spento di colpo la registrazione e mi ero mosso verso i bimbi per separarli.
Era un video che in altre circostanze avrebbe significato solo due fratelli che giocano senza preoccuparsi delle conseguenze, una cosa normale, pericolosa, ma normale fra fratelli.
E non era neanche l'unico video che avevo di loro che giocavano violentemente, ma a questo arriveremo poi.

In quel contesto, quel particolare video, era una bomba ad orologeria, soprattutto visto il modo in cui è morto Mattia.

Ok, non ve ne ho parlato prima e continuerò ad evitare i dettagli come detto in precedenza, ma credo che a questo punto abbiate capito come sia morto il piccolo Mattia.



Come ho ucciso un bimbo e l'ho fatta francaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora