Mamma Francesca ogni giorno, si rendeva conto di come la sua vita avesse perso il vero senso della vita stessa. Non si preoccupava neanche dei cattivi voti del giovane Andrea. Anche se spesso si riteneva colpevole della morte della sua prima amata figlia, Laura, e si prometteva spesso che sarebbe presente nella vita di Andrea, ogni volta che ne avrebbe avuto bisogno. "Non devo commettere lo stesso errore", si ripeteva. Ma non riusciva mai a mantenere la promessa che faceva ogni volta a sé stessa. Nella sua mente, c'era solo Laura. Laura che non voleva mangiare. Laura che non dormiva la notte. Laura che piangeva. Laura che la respingeva sempre. Laura che rifiutava le cure. Laura che si gettava dalla finestra. Laura. Laura. Laura. Solo e sempre Laura. Laura ovunque. Anche se Laura non c'era più.
Andrea risentiva tutto ciò, aveva solo nove anni quando la sorella scomparve, portandosi con sé anche la sua famiglia. La mamma e il papà non erano morti, tuttavia erano assenti. Era come se fossero morti insieme a Laura. Anche se il loro corpo vive, il loro sorriso è morto. Non si preoccupano più di quello che Andrea faceva o no, e per questo non fu difficile da parte sua intraprendere anche strade sbagliate. Andrea, alle superiori, al primo anno, era spesso vittima di bullismo, perché l'assenza della sorella, e di figure portanti come quella del padre e della madre, lo portò a essere debole psicologicamente. Inoltre, come spesso capita, i ragazzi a scuola non comprendevano il dolore che quella famiglia stava provando, anzi Laura diveniva spesso anche un argomento su cui ridere, su cui fare battute per ferire il giovane Andrea.
Andrea non uscì molto bene da questa situazione. Fu tutto un trauma per lui. Ritrovare quella mattina del 1997, fuori dal cancello di casa, il corpo della sorella, non fu facile da affrontare. E non fu possibile dimenticarlo. Non visse neanche bene i primi anni di scuola, per questo motivo. La morte di Laura lo aveva fatto chiudere in se stesso. Non faceva quasi entrare nessuno nel suo mondo, durante i primi mesi dopo la morte di Laura. Fece anche numerosi mesi di terapia dallo psicologo, proprio per trovare un supporto, come quello di un padre o di una madre, ma quelli oramai li aveva persi.
Andrea instaurò un buon rapporto con lo psicologo, divenne per lui indispensabile, tanto da non poter farne a meno. Parlava solo con lui, e in casa difficilmente si permetteva di dire qualcosa in più. Ogni cosa, che in precedenza provava a fare, anche per aiutare i suoi, veniva visto in maniera negativa. Persino apparecchiare la tavola per tre persone, diveniva un motivo per un'altra crisi della madre. E decise dunque di non fare nulla più. Non tornava mai a casa per mangiare, con quel che restava della sua famiglia. Andava a casa solo per dormire, anche se qualche volta non rientrava neanche la notte.
A volte si pensa che la morte di una persona cara faccia male solo i primi mesi, o primi anni, e che dopo il tempo porta via anche la possibilità di soffrire sulla loro morte. Col tempo, le ferite si sanano, le lacrime finiscono, e la vita continua. Ma in quella casa, l'orologio era fermo. Fermo al ventidue aprile millenovencentonovantasette. Il tempo passava, la vecchiaia si faceva sentire, ma il dolore era sempre lì. Sempre presente. Il suicidio di Laura fu un qualcosa d'inspiegabile, e d'inaspettato. Aveva i suoi problemi, legati alla malattia, alla anoressia, ma nessuno se lo sarebbe aspettato. Inoltre, Laura lasciò un bigliettino prima di gettarsi. "Ho mangiato un pezzo di torta grande, ora devo rimediare". E alla sua famiglia? Cosa era rimasto alla sua famiglia, oltre a questo dolore incancellabile?
Laura non lo sapeva. Non credeva che potesse avere davvero il coraggio di farlo. Ancora adesso, non pensava di aver avuto veramente il coraggio di gettarsi da quella finestra. Cercava in tutti i modi di rimediare. Cercava di dare un motivo valido, ma veramente valido alla sua famiglia, a sua madre.
Laura era una ragazza di tredici anni, con i suoi problemi adolescenziali, come ogni ragazza. E anche il narratore si chiede quale sia il possibile e il vero motivo che l'abbia condotta in quella strada, e a scegliere quella malattia, e soprattutto, a scegliere quella morte.
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Non piangere.
General FictionIspirato da un dimenticato articolo di giornale. Corriere della Sera, 1997. #16 in NARRATIVA GENERALE 16/04/17 #18 in NARRATIVA GENERALE 13/04/17 #24 in NARRATIVA GENERALE 10/06/17 #38 in NARRATIVA GENERALE 08/06/17 #61 in NARRATIVA GENERALE 07...