Il futuro (Parte I)

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Avevo mendicato porta a porta. La speranza illuminava la mia mente e sorprendeva la luna che dall'alto mi fissava con un sorriso malinconico. Gli stracci che indossavo erano luridi e umidi, e il mio corpo, che stanco avanzava nel chiarore di una notte, cominciava a dare i primi segni di un crollo imminente. Genuinamente afflitto e pieno di rimorsi vagavo, nelle strade deserte, in cerca di un riparo spartano o di un pasto frugale, ma nulla appariva ai miei occhi, nemmeno una possibilità di essere accolto benevolmente. Così vagavo, senza meta, con la trepidante attesa di accasciarmi al suolo, inerme e privo di forze.

Ma questo fu solo un pensiero ...

L'energia che dai pori della mia pelle fuoriusciva, lentamente scemava e l'arresa era ben più lontana di quanto potessi immaginare. Lo spirito mi guidava. L'anima persa e dispersa s'immergeva nell'acqua purificatrice, traboccandone pulita ed esorcizzata, pronta per una nuova sfida, per una nuova battaglia, che avrebbe condotto gli uomini al pentimento e alla vergogna.

Se solo avessi avuto un'opportunità remota ...

Un'invasione di caligine bianca mi circondò. La vista, poco nitida a quello strano fenomeno, tradiva i sensi, proiettando illusioni irrisorie e fatali alla mia mente. Una voce sembrava echeggiare il mio nome e nella cortina di nebbia si perse, nel tentativo di erompere per poter distruggere il mio udito.

Tutto accadeva velocemente ...

Un passaggio si mostrò dinanzi a me. Era un'apertura dimensionale quella che vedevo, seguita da un enorme cancello di ferro battuto. La ruggine risaltava nella sua splendida materia e inebriava il mio olfatto, finalmente capace di cogliere la naturalezza della realtà. Una visione ammaliante. Una visione sconcertante. E nell'impaziente attesa di un invito, varcai la soglia, trasportando me e la mia anima in un mondo dalle incredibili meraviglie. In un giardino che tanto ricordavo e sognavo.

Indossavo sempre i soliti stracci. Nessuna compassione per me; solo la paura di una scorretta evidenza. Il mio cuore, seppur sporco di sangue e ingenuità, puro era e puro restava. Lo prendevo tra le mani e lo mostravo al mondo, che con meschinità lo osservava e con tanto egoismo lo rifiutava. Quel giardino, invece, mi accoglieva. Mi dava calore e ospitalità. Osservava il mio corpo. Osservava la mia vita con entusiasmo e orgoglio. Giocava con essa e osservava essa giocare.

Ma le cose belle hanno breve durata ...

Così, nella gioia di un'effimera illusione, un bagliore artificiale stava per travolgermi. Spalancai gli occhi in preda ad uno stato di evidente shock e mi accorsi che un'auto stava per investirmi. Rimasi fermo ad osservare la devastante scena che seguì quell'amaro momento. L'autista sterzò bruscamente per evitare di colpirmi. Ruotò il volante completamente alla sua destra, fuoriuscendo dal ciglio della strada, per finire poi in un profondo burrone. Un tonfo assordante. Uno scintillio devastante. Infine il calore delle possenti fiamme, che bramose s'innalzavano da quel malvagio dirupo.

Una vita in cambio di una vita. Destino crudele che soffoca nel sonno la speranza della sopravvivenza.

Quella non era la città. Ero in una strada stretta, fiancheggiata da alberi, da fitti boschi che sorvegliavano ignari il luogo. Un posto idilliaco, quasi magico, a tratti macabro e appena sporcato dalla morte di un tragico evento.

Ma questo non'è il paradiso! E se così fosse stato, adesso tutto è cambiato.

Proseguivo sulla strada con passo felpato e le lacrime lentamente scorrevano sul mio volto, bruciando di amarezza. Bruciavano di colpe che realmente non possedevo, ma che velocemente perforavano il mio essere, per entrare con forza nel profondo delle mie viscere. Una forza innata che tanto supplicava di cibarsi di un cuore tenero, ma che iniziava ad annerirsi e a sporcarsi brutalmente.

Vagavo, ancora vagavo senza meta, senza alcuna sosta. E ripensavo al giardino dei miei sogni, che raramente appariva, svelandomi squarci velati di presunte speranze. Ma quella voce profanava l'ambiente circostante e s'addentrava con permessi violati dalla verità. In un ritmo atemporale muggiva, come lo scroscio del mare sugli scogli e rapiva, senza prima chiedere, la consapevolezza e la realtà, che trafiggeva la carne, che la strappava lanciandola in aria e ridendo di ciò.

Così lo squarcio si aprì e mi addentrai in quel giardino che dolcemente sussurrava il mio nome.

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