Il futuro (Parte III)

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C'ero quasi a sfiorarle. Quasi le toccavo. Ma in quell'istante, come cenere si volatilizzarono, lontane, spazzate da un vento crudele che via dalle mie mani portava la sensazione di realtà e appartenenza.

Mi chiesi allora: quante vite dovranno consumarsi? Quante vite dovranno spegnersi per poter raggiungere il mio sogno?

Solo un movimento bastava per dare il via a una catena distruttrice di sentimenti che logori strisciavano tra le urla di umano dolore. E la cosa più straziante era osservare. Osservare i roseti, frutto del mio mondo. Osservare le donne e gli uomini piangere le morti da me causate.

Ma non capivo; non mi capacitavo di ciò. Come potevo attribuire tanto male a un fiore splendente e colmo d'amore? Pensavo a quei roseti che cantavano il mio nome. Pensavo all'accoglienza e all'amore. Tutto passava in secondo piano, come se fosse futile e insensato.

Procedevo sulla strada allora, un cammino spossante e colmo di desideri; colmo di un desiderio variegato all'illusione. Variegato di tristezza e solitudine che la mia mente ometteva esistere.

Gli stracci che indossavo sempre più logori apparivano. Inzuppati fradici di fango e sudore. Il sudore del mio lungo cammino. Di forze, ormai, non ne possedevo nemmeno un briciolo e la terra mi ospitava, ruvida e solida accoglieva il mio corpo che stanco e stremato si distendeva su di essa con devozione e riverenza.

" Io ti amo terra. Donami un fiore. Donami compassione ..."

Vagavo come un fantasma. Lurido e maledettamente sporco, strisciavo tra le pietre procurandomi del male; le gambe avevano abbandonato il mio corpo e non avevo alternative per avanzare.

Così strisciavo, strisciavo ...

E finalmente riapparve. Quel maestoso cancello, ormai lucido e splendente, aveva cacciato via la ruggine, trapiantandola nel mio cuore. I roseti, in lontananza, chiedevano aiuto. Urlavano il mio nome. Il terrore sopraggiunse quando i miei occhi focalizzarono un uomo intento a tagliare gli steli di quei fiori splendidi. La forza tornò in me. Un fascio d'energia s'impossessò del mio corpo. Così riuscii ad alzarmi per potermi scaraventare addosso a quell'uomo. Con destrezza gli sfilai il coltello dalle mani e lo ficcai dritto nel suo petto. Lui cadde a terra.

Osservai la scena con stupore ... Un lago di sangue si propagò all'interno di quel cerchio, in profondità, dando da bere alle radici dei miei roseti.

" Nessuno vi farà più del male. Nessuno ..."

Avevo raggiunto il centro. Toccavo le rose che sorridevano di gusto per la mia eroica impresa. Avevo donato loro la salvezza. Non indossavo più i soliti stracci luridi. Ero nudo e puro, disteso tra le mie rose, in un cerchio perfetto che mi ospitava.

Finalmente riuscii a comunicare con esse. Finalmente venni a conoscenza dei loro segreti, dei loro misteri, delle loro verità. E soprattutto delle loro sconvenienti evidenze.

" Niente per niente ... Una vita in cambio di una vita ..."

Non credevo ai miei occhi. I roseti improvvisamente si trasformarono in due splendide donne. Erano di una tale bellezza ... Ma i loro occhi, colmi di tristezza, parlavano al mio cuore. Lentamente mi spostai per poterle osservare meglio. Una si fece avanti. Non aprì bocca, ma le sue parole vessarono il mio udito, rendendosi visibili alla mia mente ...

" Salve Daniel. Il mio nome è Isabel ed ero la moglie del Dottor Carlos. Voglio raccontarti una storia. La storia della mia morte ..."

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