6. I won't let a moment pass

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- Non ti ho mai vista da queste parti... Nuova arrivata? - Le chiesi allungandole una mano per aiutarla ad alzarsi.

- Più o meno - Rispose afferrandola.

Il contatto con le sue mani mi trasferì una leggera scossa, quasi impercettibile, che mi attraversò il corpo dai polpastrelli delle dita alle ginocchia che tremarono lievemente.

- Scusa... - Rise - Dev'essere il ventilatore, mi fa venire i capelli elettrici - Si aggiustò la gonna con le mani.

Ci girammo contemporaneamente verso il bancone: il ventilatore era spento, doveva aver urtato la spina cadendo. Feci spallucce.

- Vuoi metterla a lavare quella? - Solo allora mi ricordai di avere ancora in mano la camicia sporca di vodka alla menta. - Meno di decina di minuti nell'asciugatrice e te la potresti anche rimettere -

- Si, certo, grazie - Le sorrisi allungandole la camicia, i nostri polsi si sfiorarono appena ed ecco un'altra scossa.

- Dev'essere l'aria - brontolò tra sé e sé sparendo dietro uno scaffale.

La seguii con lo sguardo e la intravidi dal vetro che separava la tavola calda dal locale lavanderia fermarsi davanti ad uno specchio per sistemarsi i capelli: li sciolse tirando velocemente il nastrino e cercò di compattarli con le mani per riuscire a non fare scappare nemmeno una ciocca; quando ebbe finito spostò il mento a destra e poi a sinistra e si portò entrambe le mani al viso come se cercasse di distendere la pelle, ma il risultato evidentemente non fu quello che sperava perché disse qualcosa al suo rifesso e tornò indietro sbuffando infilandosi in quella che probabilmente era la cucina.

Mi sedetti ad un tavolo nell'angolo ed il divanetto di pelle fece uno strano rumore a contatto con i jeans. Presi il telefono e scrissi due righe a mia madre:

"Sto bene. Rimango fuori ancora per un po', ti prego non mi uccidere. Ti voglio bene"

Lo lesse all'istante e probabilmente tornò a dormire, ringraziando il cielo che aveva solo un figlio irresponsabile.

- Vuoi del caffè? - Mi urlò una voce da dietro il bancone.

- Si, magari! - Risposi. Non mi piaceva neanche il sapore, però volevo stare sveglio.

Sentì i suoi passi veloci attraversare la sala e alzai lo sguardo per incontrare il suo. Quando successe, fece cadere la tazza.

- Giuro che non mi capita mai, solitamente non sono così maldestra - Sospirò arresa andandone a prendere un'altra mentre io raccoglievo i cocci.

- No, guarda lascia stare, ti taglierai... - Ormai li avevo tirati su tutti.

Mi versò il caffè e ad un tratto mi ricordai dell'anellino che avevo in tasca dalla sera precedente.

- Ehi! Questo deve essere tuo! - Glielo porsi.

- Tienilo - Sorrise. - Io non me ne faccio nulla e poi avevamo fatto uno scambio equo -

- Credo che stia meglio a te, in fin dei conti -

- Se penso a quanto hai insistito per averlo... - Scoppiò a ridere portandosi le mani alla bocca, aveva lo smalto nero tutto sbeccato.

Abbassai lo sguardo imbarazzatissimo.

- Ehi, non fare così - Rise di nuovo - Eri carino... Non ti ricordi nulla? - Ora era rossa lei.

- Poco e niente... Ero parecchio pieno - Mi grattai la nuca, le guance mi andavano a fuoco.

Si guardò intorno per controllare che tutti i clienti fossero a posto poi si sedette sul divanetto di fronte al mio e cominciò:

Do I Ever Cross Your Mind? || Shawn Mendes ||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora