37. I watch your troubled eyes as you rest...

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SHAWN'S POV

Non mi ricordavo nemmeno come ero arrivato all'ospedale.

Guardavo la mia vita da fuori, come uno spettatore distratto seduto sulla poltrona rossa sgualcita di qualche sala cinema di periferia. I minuti erano lunghi ed interminabili, dilatati come ore, come giorni, la luna lasciava lentamente il posto ai primi raggi del sole.

E un pensiero fisso: "se solo fossi stato lì". Forse non sarebbe cambiato niente, forse tutto.

C'era un improbabile silenzio al di fuori della struttura, il suono delle suole consumate delle mie scarpe riecheggiava nel parcheggio deserto.

Le porte automatiche emisero un fischio aprendosi, non ero pronto. 

Un'ondata di calore si riversò su di me dall'interno, come se tutta quell'aria viziata mi stesse ringraziando di averle offerto una via d'uscita. Mi aspettavo ingenuamente un silenzio ancora più asfissiante, spezzato solo dal rumore ripetitivo dei macchinari, invece nella sala d'aspetto del pronto soccorso c'era una gran confusione, un viavai di gente, camici azzurri e verdastri ovunque. 

Mi avvicinai al banco accettazione dove una donna di colore sulla quarantina digitava sul computer: mi persi per qualche secondo ad osservare le sue unghie lunghissime smaltate di viola, veloci, correre sui tasti macchiati davanti a lei. Non riuscivo a parlare, presi un respiro profondo. 

-Posso aiutarti? - 

La sua voce era ovattata, polverosa almeno quanto l'aria, sentivo i polmoni restringersi nel petto, lo sfarfallio delle ali di una mosca, non riuscivo a capire cosa mi stesse succedendo intorno. 

A un tratto, quasi come un click, tutto tornò alla normalità e la Terra riprese a girare al ritmo giusto.

-Ridley Sullivan - 

-Sei un famigliare? - Chiese.

-Sì... Ehm... Sì - Ero un pessimo bugiardo.

-Famiglia numerosa eh? Stanza 202, secondo piano - 

Mentre salivo le scale mi resi conto di non sapere nemmeno se fosse ancora viva, mi chiedevo se fossi pronto a vederla in quelle condizioni, se avessi potuto reggere eventuali cattive notizie. "Nei film chi non ce la fa finisce sempre all'ultimo piano, nel seminterrato o qualcosa del genere, il secondo piano è una gran cosa, il secondo piano..." mi ripetevo e ad ogni gradino ero meno convinto.

Un interminabile corridoio vuoto e odore di disinfettante. 

"Terapia intensiva".

Superai le porte scorrevoli.

-Shawn! - 

Maya era balzata in piedi, avanzava a grandi passi verso la mia direzione, quando mi ebbe raggiunto mi buttò le braccia al collo.

-Come sta? - Le sussurrai.

Lei si staccò da me prima di rispondere: aveva gli occhi gonfi e stanchi, le labbra e il viso arrossati dall'aria calda e dall'agitazione, le mani gelide e screpolate tremavano quasi impercettibilmente quando le muoveva per gesticolare.

-È stata male qualche ora fa... L'hanno riportata in sala operatoria... Shawn lei... Non so se vorrebbe che la vedessi così... - Un paio di lacrime le scesero lungo la linea della mandibola.

-Chris? - 

-È con Bill, gli abbiamo detto che sta bene, ma non può ancora ricevere visite... - 

-Ci ha creduto? - 

-Ovviamente no -

Mi sedetti su una sedia, lo schienale di ferro era gelido, mi passai una mano a sfregarmi il viso, ero terrorizzato.

Do I Ever Cross Your Mind? || Shawn Mendes ||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora