Capitolo 1

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Capitolo 1

-arrivo-

Ero appena scesa dalla mia mini blu cobalto, e prendendo le mie "poche" valigie che mi ero portata, fissavo quella che sarebbe stata la mia dimora per i prossimi mesi. "È graziosa suvvia" era stato il mio primo pensiero vedendo quella casetta bianca con gli infissi blu, il giardino era quello che più spiccava, un enorme distesa di prato inglese con margherite che spuntavano di qua e là, strano per una casa a pochi metri dal centro di Genova. L'avevo pagata davvero tanto, ma con tutti i soldi risparmiati con il mio vecchio lavoro a Los Angeles, sono riuscita a comprarmela a basso prezzo. Euforica avevo attraversato il viale che conduceva all'ingresso della mia villetta, e più mi avvicinavo più mi piaceva. All'interno forse era ancora meglio, un enorme atrio con un enorme specchio proprio infondo ad esso era lì ad accogliermi, la prima cosa che avevo fatto, ovviamente, è stato specchiarmi. Ero una ragazza magrolina, per niente formosa, avevo un bel fisico, da fare invidia alle modelle ed io questo lo sapevo, anche se non mi definivo esattamente una "bomba sexy" solo che col tempo avevo imparato ad accettarmi, avevo dei capelli castano chiaro e lunghi sino all'ombelico che portavo quasi sempre sciolti e mossi, i miei occhi erano verdi con qualche sfumatura di giallo. Cercavo sempre di seguire le mode, ma con moderazione.. Non volevo affatto sembrare la classica diciannovenne bella e senza cervello, per questo non mi truccavo se non un filo di mascara. Di per se il mio aspetto faceva trasparire un senso di infantilismo e di ingenuità, nulla a che vedere con il mio carattere.

Salendo le scale avevo notato che la villetta possedeva ben 2 stanze da letto matrimoniali, avevo deciso di prendere quella dipinta di blu, era il mio colore preferito infondo. Sistemando i miei vestiti avevo scoperto un pigiamone da uomo.. "Forse è del vecchio proprietario" e per questo motivo che avevo deciso di conservarlo, nel caso i vecchi proprietari fossero venuti a riprenderselo. L'altra stanza possedeva un enorme libreria, perfetto per i miei libri di Università, e per i miei libri preferiti che mi ero portata durante il trasferimento. Sistemata la casa, avevo notato che si eran fatte già le 11 e mezza di sera, e che la mattina seguente ci sarebbe stato il primo giorno di Università. Così avevo deciso di andare a dormire e mille pensieri sul giorno di domani mi appannarono le mente, sembravo una ragazzina di 14 anni al primo giorno di primo superiore.

Mi ero svegliata con il piede giusto, e dopo buon caffè, subito sotto la doccia. Dopo circa 20 minuti abbondanti di acqua calda sul corpo, ecco i miei amati jeans, dr Martens verdi bottiglia, maglia dello stesso colore e giubbotto di pelle nero. Dopo un filo di mascara, oggi non sembravo affatto male, quindi prese le chiavi, i libri di matematica, e il tablet per gli appunti, via per l'Università.

L'Università non è molto lontana dalla propria casa, avrebbe potuto andarci a piedi, ma meglio non rischiare di arrivare tardi il primo giorno. Neanche il tempo di parcheggiare che già una squadra di ragazze trofeo mi stava già fissando, "non sarò una vostra preda" ho pensato. Sfoderando uno dei miei migliori sorrisi, avevo cercato di mostrare la mia classica indifferenza, prendendo i miei Ray Ban e la mia borsa, mi ero già avviata verso l'istituto.

Non ero neanche in corridoio che mille occhi indiscreti mi stavano già fissando, commenti pieni di invidia invadevano quella stanza, presa dall'irritazione avevo deciso di aumentare la velocità verso l'aula di Matematica. Prendendo uno dei posti intermedi, per non apparire ne asociale, e ne tanto meno secchioncella. Arrivato il mio professore sono stata costretta a presentarmi.

<<Tu, tre banco, capelli castani, come ti chiami?!>> aveva detto un uomo sulla sessantina, aveva degli occhi blu, dei capelli grigiastri con cui cercava di coprirsi la calvizia che, a parer mio, sembrava aumentasse a vista d'occhio. Inoltre la sua pancia da bevitore ufficiale di birra era al quanto buffa. "È il professore" ho pensato.

<<mi chiamo Alexandra Lew>> gli avevo detto. <<Lew eh?! Cognome americano.. Comunque Lew i nuovi si siedono sempre avanti, perciò qui vicino a Andrew>> avevo sbuffato sonoramente a quelle parole, non mi andava proprio di fare amicizia, ma nonostante questo, avevo preso le mie cose ed ero andata a sedermi al posto assegnato.

Dopo circa 2 ore nauseanti di Matematica e Geometria, e dopo gli sguardi fissi del mio vicino di banco, ero stata la prima che al suono della campanella si era diretta in mensa.

Qui, sotto gli occhi intimidatori delle ragazze, mi ero seduta all'unico tavolo vuoto, infondo, volevo rimanere sola.

Tre ragazzi mi si erano seduti vicino, lo si vedeva dai loro occhi cosa volevano, "pff" ho pensato "amigo, sono vergine, ahhah". Dopo di loro mi si era avvicinata una ragazza con un enorme sorriso. <<Ciao, sei quella nuova giusto? Mi chiamo Vanessa>> aveva detto quella ragazza dai capelli biondi e gli occhi blu, era piuttosto formosa a guardarla bene, ma non mi importava molto.

<<Si, mi chiamo Alexandra, per gli amici Alex>>

<<Io mi chiamo Josè, tutti qui mi chiamano "zio josè", per qualsiasi evento, chiame me>> avevo detto uno strano ragazzo dagli occhi marroni mentre fissava i miei verdi.

<<ne terrò presente>> avevo detto cercando di nascondere la mia totale indifferenza.

<<io mi chiamo Luigi, lui Andrew>> aveva detto un altro ragazzo indicando il mio compagno di banco del corso di Matematica.

<<come mai un'americana in Italia?>>

Mi aveva incitato Vanessa. Non mi andava proprio di rispondere in scorbutico, così mi ero sforzata di apparire il più naturale possibile <<Ma volevo staccare un po', ho sentito che qui c'è un ottima facoltà di Ingegneria, tutto qua>> avevo detto sfoderando uno dei miei migliori sorrisi. <<Hei ti va di andarci a prendere qualcosa qualche volta?>> aveva detto lei <<certo perchè no, eccoti il mio numero 322....>> avevo detto, poi, allontanandomi.

Mentre lasciavo il vassoio dove avevo mangiato quella schifosa minestra, i miei occhi verdi avevano incontrato degli occhi marroni penetranti. Una strana sensazione aveva invaso il mio corpo per tutto il tempo che i suoi occhi avevano fissato i miei, ed infine il mio corpo. Strano, molti mi fissavano, ero oggettivamente una bella ragazza, ed era naturale che qualcuno si avvicinasse a me, ma quel ragazzo era strano.

Lo sguardo di quel ragazzo mi aveva dato per un attimo un senso di protezione e allo stesso tempo mi ricordava qualcosa, alcuni ricordi. Ma non so dire bene dove l'ho ritrovato quello sguardo, quegli occhi.

La magia degli occhi.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora