Il Conte di Durghbon

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Tre giorni dopo la visita di Wilson, a Trownford arrivó un messaggio da Carl Manson, che rinnovava l'invito e lo espandeva anche a Constance.
Se Harriet era ansiosa di partire per Londra, Constance (con l'approvazione della madre) aveva deciso che Lymington non era più così noiosa dal ritorno dei Wilson.
La minore dei Pelham aveva alzato gli occhi al cielo alla risposta della sorella, ma considerato il pessimo rapporto che avevano le due, fu comunque contenta di non dover condividere il viaggio con lei.
A metà della settimana Harriet aveva riempito due valigie con due tenute da amazzone, tre abiti da passeggiata, due da sera, qualche lettura e un libretto da disegno. La madre aveva insistito per farle portare un baule che fosse ben rifornito di guanti, gioielli, cappellini, scarpette in tessuto e piume colorate.
"Ricorda che stai andando a Londra, da un Conte per giunta. Devi fare buona impressione".
Harriet non se la sentì di rifiutarle questo, si arrese ai capricci della madre senza darci particolare peso.
I Manson arrivarono verso mezzogiorno, dando tempo al cocchiere di caricare le valigie della piccola Pelham.
Signora e signor Manson sembravano entusiasti della presenza di Harriet e dispiaciuti per l'assenza di Constance, rassicurarono più e più volte il signor Pelham promettendo di avere massima cura della figlia.
La carrozza dei Manson partì poco dopo: i ventagli si muovevano all'unisono al suo interno, il caldo rendeva difficile respirare e Harriet si sentì mancare le forze. Lei e Charlotte finirono presto di parlare e si addormentarono.
Si fermarono a Weybridge per sgranchirsi le gambe e bere una limonata fresca, Harriet ebbe il tempo di rallentare il corsetto e passare un panno umido sulle braccia sudate.
Ormai mancavano poche ore a Londra, i Manson si affrettarono a ripartire, speranzosi di arrivare a destinazione prima del calar del sole.
È così fu. Il sole stava tramontando quando la carrozza abboccò la strada per il quartiere di Mayfar.
Harriet rimase sbalordita: il viale era alberato e tenuto con cura maniacale, lo attraversavano solo carrozze lussuose e sgargianti spesso riportanti lo stemma di nobili famiglie, la villa londinese del Conte di Durghbon era più grande di quanto immaginasse, con un giardino all'inglese e una serra di vetro. Spiccavano piccole aiuole colorate e gazebi di diverse dimensioni: Harriet che aveva sempre soggiornato nella zona centrale di Londra (rispetto al fiume), non aveva mai immaginato ci potesse essere una festa di colori del genere in una città come quella.
Quando la carrozza si fermó, la servitù si movimentó quasi in modo meccanico senza interagire con gli ospiti se non per dare il benvenuto.
Il clima rigido che sprigionava quella dimora, aveva convinto Harriet a dedicare particolare attenzione al proprio abbigliamento per la cena di quella sera. Il conte e la contessa non avevano ricevuto nessuno nè erano venuti in contro ai Manson, la vicinanza all'ora di cena però lo aveva reso un gesto accettabile e non scortese.
Charlotte e Harriet furono inizialmente accompagnate in stanze differenti, ma insistettero entrambe per condividere una stanza sola.
-Oh Harriet, è un posto così grande! Probabilmente se uscissi da questa stanza non saprei più come tornarci!
-Non esagerate. E poi, anche se vi perdeste, trovereste subito una serva pronta a indicarvi la strada. C'è così tanta servitù che ho paura di ritrovarmela nel letto!
Charlotte che si stava pettinando i lunghi capelli biondi, rise divertita guardando con rimprovero l'amica. Ma Harriet era troppo occupata a scegliere tra mussola e seta per notarlo.

-Questo vestito vi dona molto, risalta il candore della vostra pelle.
Le aveva intimato la contessa a cena, rivolgendole un sorriso sincero.
Harriet trovó conte e contessa una coppia davvero mal assortita: lei era una donna sulla trentina, che conservava ancora una bellezza fresca e giovanile. Sul viso ovale spiccavano due occhi grandi di un intenso verde smeraldo e i riccioli castani le scendevano con delicatezza sulla fronte spaziosa. Il Conte invece era un uomo che doveva avere sui cinquant'anni, basso e molto tozzo. Harriet riuscì a malapena a trattenere le risate alla vista della vistosa parrucca che gli oscillava in testa. Si muoveva a scatti e si asciugava il sudore con costanza, guardandosi attorno con aria angosciata.
-Conte di Durghbon, volete raccontarci del vostro viaggio nelle indie?
La voce della signora Manson era pimpante e piena di entusiasmo.
-Non vi è nulla da raccontare: troppo caldo, troppe zanzare, troppi serpenti. L'unica cosa sopportabile del viaggio è stata vostra sorella, signor Manson.
Aveva intanto allungato le mani sudaticce verso quelle della contessa, guardandola con un ardore fuori luogo.
-E voi contessa? Cosa ne pensate delle Indie?
Aveva chiesto Harriet.
-Io ho amato le indie! Non sono mai stata fuori dall'Inghilterra, i paesaggi erano così esotici e la cultura è così diversa dalla nostra.
Harriet notava un vivo interesse negli occhi verdi della contessa, decise che sarebbero diventate grandi amiche.
Il resto della serata continuó alla stessa maniera: la conversazione non faceva altro che sottolineare  il divario tra Conte e contessa, ma i modi affabili dei due dimostravano un sincero affetto.

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