Separazione

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A Harriet Pelham,
vi scrivo sapendovi nella mia stessa casa, sotto il mio stesso tetto. Forse vi scrivo in un eccesso di brio o forse ad abbattere il mio orgoglio è il troppo brandy che ho bevuto per calmare i miei sensi di colpa. Non vi chiederò scusa, perché siete fatta del mio stesso sangue e non servirebbe a nulla; nemmeno vi chiederò di capirmi o mi giustificherò con voi. L'insulto che vi ho rivolto non ha nè movente e nè causa, solo conseguenze di cui mi rammarico. Mi struggo sapendo che il vostro pensiero è altrove, che il vostro cuore sussulta per un altro e non chiederò scusa per il mio comportamento, perché ho visto come guardate Samantha Drawdel e so che vivete la mia stessa inquietudine. E se fossimo stati solo noi due, mi avreste offeso alla stessa maniera, con quel fomento e quel coraggio che tanto amo di voi. Lasciate che vi parli, vediamoci fra tre giorni alla casetta nel bosco. Vi aspetterò per l'ora del tè."

Harriet lesse la lettera d'un fiato, cogliendo poco del discorso. Quindi si obbligò a calmarsi e rilesse con più calma, soffermandosi in alcuni punti.
Annie dovette aver notato la faccia scombussolata di Harriet e poggió la baracca colma di acqua calda sul pavimento, avvicinandosi a lei.
-Signorina state bene? Siete ancor più pallida di prima, vi hanno dato brutte notizie?
-No Annie, è tutto apposto. Ora farò un bagno caldo e dormirò.
La voce di Harriet era senza emozione, e Annie evitó di farle ulteriori domande ed uscì dalla stanza.

La piccola dei Pelham si immerse nella vasca e guardó il soffitto. Non comprendeva l'atteggiamento di Edward. In un primo momento credette alle sue parole, complice il fatto che le abbia scritte quando lei era a Holdbrige. Questo le sembró importante in un primo momento: non ha voluto avvicinarsi o invadere i suoi spazi, forse i sensi di colpa li aveva seriamente. Poi ripensò alle parole della Marchesa e un dubbio le annebbiò la mente: lui non ti tratta come una signorina perché non ti considera tale. Pensava forse di prenderla in giro? Di trattarla e umiliarla come preferiva e farsi perdonare con poche parole? Nella lettera aveva scritto deliberatamente che era conscio della gelosia di lei quando lo vedeva con Samantha, non era forse una provocazione anche questa? Harriet veniva insultata prima da lui, poi dalla madre. Veniva vista come una nullità, come un gioco. E lei non voleva dare ai Wilson quella soddisfazione e non lo avrebbe fatto; dopo essersi lavata prese in mano una penna e un foglio e scrisse a Wilson che non voleva vederlo o parlare con lui, che le era indifferente e lo riteneva un uomo meschino e presuntuoso, che aveva sbagliato a concedergli intimità e che si vergognava immensamente di aver ceduto nella casetta del bosco.
Soffió con foga sul foglio come a incitare la china ad asciugarsi. Poi piegó il foglio e lo mise una busta, stando attenta a non lasciare nè il proprio nome e neppure il sigillo sulla cera.
Fece per chiamare Annie ma l'esitazione prese il sopravvento: lei mentiva a se stessa, mentiva a lui. Lo desiderava malgrado tutto e quella cattiveria con cui gli aveva risposto non le apparteneva. Il dubbio la costrinse a lasciare la lettere in un cassetto della scrivania, dandosi più tempo per pensare sul da farsi.

I dubbi proseguirono fino al giorno seguente, quando il resto della famiglia tornó a casa.
Gli animi erano leggeri ma Robert Pelham continuava a vedere qualcosa di molto instabile nell'umore di Harriet, per cui dopo la colazione la prese da parte.
-Ora mi racconterai cosa succede. Ti vedo cupa, emotivamente instabile, quasi come se vivessi un'altra realtà.
-Padre io penso...
-Non stai male fisicamente, con me non funziona. È per colpa di Wilson vero?
Gli occhi di Harriet si spalancarono ed ebbe paura di tradirsi.
-Perché mai dovrebbe? Cosa ve lo fa pensare?
-Il modo in cui vi guardate, c'è tensione. Ti ha offesa?
-No, non mi ha offesa.
-Sei innamorata di lui?
-Padre cosa andate dicendo, non è così...
-Sì che è così, altrimenti non mi spiego. Sei sempre pacata e non ti alteri mai senza motivi ma da quando vi ho ritrovati nel bosco sei strana. Ed è molto strano anche lui.
-No padre, avete semplicemente frainteso.
Harriet dovette cercare subito una scusa, che fosse credibile e che non insospettisse il padre. Quest'ultimo la fissava con circospezione senza distoglierle gli occhi di dosso, osservando con scrupolosità ogni suo gesto.
-Mi manca Brighton padre. Siamo qui da più di un mese e sento che la mia casa mi manca, mi mancano i miei amici, il mare e le cavalcate vicino alla costa. Soffro la nostalgia.
-Oh dio mio bambina mia, perché non me lo avete detto prima? Io pensavo fosse per Wilson, ne ero certo.
-Per Decaro al massimo, per lui ve lo posso concedere.
Harriet disse quelle parole sentendosi sporca, ma dovette per distogliere il padre dalla pista che sembrava seguire imperterrito.
-Non l'avrei detto, tra Decaro e Wilson è Wilson a provocare più reazioni in te. Con Decaro sembri andare d'accordo, lui ti adora. Ma non mi aspettavo che ricambiassi.
-Perché non dovrei? È un uomo molto rispettabile e gradevole.
-Proprio per questo non me lo aspettavo.
Robert sorrise ironico e Harriet arrossì leggermente.
-Tornando a noi, se Brighton ti manca così tanto puoi raggiungere tua cugina Victoria. Il Signor Terben è partito qualche giorno fa per Dublino e lei è rimasta sola con la figlia. Potresti farle compagnia fino al suo ritorno.
Harriet ascoltó le parole del padre con una sorta di sollievo: quella era una soluzione indolore a tutti i suoi mali.
-Dite davvero padre?
-Certamente figlia mia, vedervi così mi spezza il cuore. Non permetterò a Lymington di spegnere la mia piccola Harriet. Tu piuttosto, sei sicura? Tornare a Brighton significa salutare anche Il signor Decaro.
Harriet in quel momento pensava a Wilson, ma annuì alle parole del padre senza farci particolarmente caso. Poi lo abbracció grata: doveva aver fatto qualcosa di terribilmente buono per meritarsi un padre del genere.

Harriet preparó le valige quello stesso pomeriggio, con le grida della madre di sottofondo. Voleva andarsene il prima possibile, prima che arrivasse il giorno e l'ora in cui avrebbe dovuto rivedere Wilson.
Tuttavia la carrozza dei Pelham si era danneggiata su un lato, per cui Harriet non riuscì a partire il giorno successivo. Questo le fece pensare a un modo subdolo di vendicarsi.

All'ora del tè del giorno dopo Wilson si presentò al luogo prestabilito ma non vide Harriet.
Il suo aspetto era leggermente trasandato, il ciuffo di capelli che gli cadeva sul viso e la camicia sbottonata sembravano dargli un fascino quasi diabolico. Per un uomo della sua fisicità e della sua posizione sociale, abituato ad avere le donne ancor prima di notarle, leggere quello che Harriet gli aveva lasciato sull'uscio della porta fu una pugnalata all'orgoglio.

"Questo messaggio a informarvi che non ho alcun interesse nei vostri confronti e che la vostra lettera mi offende. A consolarmi l'idea di non rivedervi più: ritornerò in questi giorni a Brighton e mi auguro di cuore di non avere il dispiacere di rincontrarvi nuovamente".

Edward perse un battito. Si sentì prima confuso e poi ferito: quella ragazzina lo rifiutava con ironia e con parole che non lasciavano modo di replicare. E lui come un sedicenne alla prima cotta, si scopriva colpito dalle sue parole e immensamente deluso nel non averla incontrata.
Entró nella casetta e fissó il punto in cui aveva cercato di accendere il fuoco qualche giorno addietro. Ripensó ad Harriet, con i capelli bagnati e le mani tremanti. Perché l'aveva trattata così? Perché le permetteva di influenzarlo a tal punto? Da quando quella bambina era arrivata a Lymington si scopriva cambiato, quasi ansioso di averla accanto. Scopriva di essere divertito dalla sua sfida, incantato dai suoi bronci, geloso della sua confidenza. E chi era? Non la prima donna attraente che avesse incontrato e l'insolenza non era una qualità che apprezzava in nessuno; perché guardava a lei in quel modo? Si sedette per terra e guardò quella casetta, chiuse gli occhi, gli riaprì sulla lettera di Harriet e la rilesse.
Le prime sensazioni cedettero subito il posto all'ira, ma Edward non diede a se stesso la possibilità di essere avventato.
Quella sera avrebbe giocato d'Azzardo alla Jousine, seccato la propria gola con il punch e sfogato la sua frustrazione su una puttana bionda dal corpo snello e i seni piccoli.

Harriet suo malgrado non riuscì a non pensare a lui, ma quando il giorno dopo partì per Brighton, non si voltò a guardare la strada per Holdbrige, ferma com'era sulla propria decisione. Una morsa d'acciaio le torturava il petto e una tristezza meschina la obbligava a chiudere gli occhi alla ricerca di qualcosa. Qualcosa che non si spiegava, che non voleva ammettere o realizzare.

NOTA:
Rieccomi ragazzuole. Capitolo brevissimo ma necessario (mi faró perdonare pubblicando presto un capitolo particolarissimo). Come vi sembra la storia? So che sto scombussolando totalmente la storia iniziale, ma mi sembrava più credibile impostarla in questo modo.
Edward è a Lymington e Harriet a Brighton. Cosa pensate accadrà ora che sono separati e lontani?
Vi abbraccio e mando un grosso bacio.

HarrietDove le storie prendono vita. Scoprilo ora