Gelosia

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Il giorno della battuta di caccia si avvicinò con una velocità quasi anomala, dipingendo una smorfia di disappunto sul viso candido di Harriet. A risollevare il suo umore incerto, una breve ed amichevole lettera che il Signor Decaro le aveva fatto recapitare tramite Annie.
-Signorina Harriet, avete uno spasimante a quanto vedo.
-Annie cosa andate dicendo!
-Un bel signorotto si è presentato dal retro oggi, ha insistito per farvi avere questa.
Un sospetto simpatico invase i pensieri di Harriet, che aprì la lettera staccando la cera rossa con delicatezza.

"Carissima Harriet,

vi mando questo messaggio dalla tenuta di Holdbridge. Sapervi così vicina mi agita parecchio, rendendomi ansioso di rivedervi al più presto. Vi avrei mandato questa lettera inviandovela come dio comanda, ma non volevo negare a me il piacere di provocarvi e negare a voi il piacere di trafiggermi con affilate e pungenti risposte. Vi penso con grande affetto dal ballo del marchese e aspetto con ardore di battibeccare con voi domani.

con affetto,
un generale pazzo e poco raccomandabile"

Harriet si scoprì a sorridere e la paffuta Annie scoppiò in una risata allegra.
-La signorina Harriet che sorride alla lettera di un ammiratore.. sento odore di nozze! Anche mia cugina Rose si scambia lettere d'amore con il fattorino sapete? Sarà un inverno di matrimoni me lo sento: voi e il signorotto biondo, la mia Rose e Sebastian, Constance e il signor Wilson...

A quelle parole la mascella di Harriet si irrigidì e un nervosismo meschino le invase il corpo, era irritata e non ne capiva il motivo. O non voleva ammetterlo. Wilson e Constance sarebbero stati una bella coppia: gente con una morale così infima non poteva far altro che amarsi. E dopo essersi convinta di ciò, prese un foglio e della china e rispose amichevolmente a Gabriel, poi fece mandare la lettera a Holdbrige senza nascondere la sua corrispondenza a nessuno.

-I francesi non ci risparmierebbero a parti inverse, non capisco l'esitazione della corona: è un momento ideale per la milizia britannica.
-Ragionate da militare, ed è lecito dato che lo siete. Ma penso che i francesi non siano tanto diversi da noi: cediamo tutti alla gloria, al sogno di potere ma siamo tutti fragili davanti alla guerra, i confini vanno mantenuti e inemicarsi la Francia non è intelligente. Né migliorerà in qualche modo la situazione della Gran Bretagna.
-Andiamo Wilson: parlate come un liberale.
-Sempre meglio che parlare come uno sprovveduto.
La frase di Wilson era simile alla frecciatina, ma il tono pacato con cui l'aveva espressa mascherava bene l'intento. Al tavolo sedevano lui, Gabriel Decaro, Bersey Wirourd e William Trown. La politica li aveva ancorati alle sedie per diverse ore e i toni si erano alzati in più di un'occasione: tra il liberalismo progressista di Wilson e Trown, e il tradizionalismo cieco di Gabriel Decaro, solo Bersey sembrava occuparsi seriamente di rifornire limonata e accendere sigari, incurante (e a tratti sprezzante) della politica.

Il maggiordomo di Wilson entrò interrompendo la discussione e comunicando che vi era una lettera da parte di Harriet Pelham per il signor Decaro.
Edward si accigliò a sentire il nome della piccola dei Pelham. La sua immagine era nitida tra i pensieri di Wilson: rammentava chiaramente lo sguardo fiero con cui lo aveva sfidato, la voce bassa e sensuale, la curva morbida del seno e l'odore inebriante dei suoi capelli. Aveva deciso di abbattere la sicurezza di quella ragazzina insolente e si era scoperto a guardare con tenerezza anche le sue smorfie di disappunto. In quelle settimane aveva frequentato assiduamente Trownford, trovando in Constance una devozione cieca. La maggiore dei Pelham lo eccitava, ma non riusciva a vedere in lei quella fiamma indomabile che si scorgeva negli occhi glaciali di Harriet. Aveva spesso domandato della piccola dei Pelham, che sembrava aver riscosso un successo e una popolarità enormi a Londra. Dopo il ballo di Fairshire, la società sembrava stregata da Harriet. La Regarde si era ritrovata con un carico di clienti inaudito, deciso a farsi confezionare lo stesso abito color avorio che Harriet aveva indossato al ballo e molte donne avevano preso a parlare di politica e letteratura nei salotti, imitando l'atteggiamento fiero di Harriet. Se fuori Londra la piccola dei Pelham era vista con disappunto, a Londra il carattere eccentrico di lei l'aveva resa una sorta di celebrità.
Wilson se ne rammaricò: era stato tentato più volte di raggiungerla a Londra, per il gusto di metterla alle strette. E realizzare che a Londra aveva iniziato una corrispondenza con il generale Decaro lo faceva fremere di rabbia.
Vedere Gabriel appartarsi per leggere la lettera e sorridere beato scoprendone il contenuto fu troppo per Wilson, che si alzò irritato e uscì dal salotto dirigendosi con urgenza verso le stalle.
Dopo aver scelto un purosangue inglese dal manto scuro, cavalcó con foga fino a Uberstone e tornó il giorno successivo, a poche ore della caccia.
Una notte di sesso e vino sembravano aver alleviato i suoi fastidi. Dopo essersi lavato e rasato la barba, si ricongiunse con i signori all'entrata.
Le signore avevano raggiunto gli uomini un'oretta più tardi mettendo in mostra tenute da amazzoni dal taglio elegante e cappellini eccentrici. Constance Pelham e la madre erano presenti ma tra le molte signorine che avrebbero partecipato, non si scorgeva Harriet.
Wilson scoprì con dispiacere che anche Gabriel Decaro la cercava tra la piccola folla e si sentì ridicolo ad agire come un ventenne in crisi ormonale. Il suo umore si fece cupo.
-Siamo al completo signori?
Aveva esordito Bersey, impaziente di iniziare.
-Manca il signor Pelham e la figlia minore: non parteciperanno alla caccia?
La domanda era stata posta dalla marchesa che scendeva in quel momento la scalinata di marmo. La bellezza senza tempo di Pauline Wilson incuteva una sorta di soggezione nei presenti e il volto si era fatto indagatore mentre si avvicinava al figlio che, nel mentre, le aveva baciato gentilmente la mano curata.
-Il signor Pelham e Harriet ci raggiungeranno a breve: il signor Tyron ha avuto un problema con la carrozza ed è rimasto bloccato a Romsey con tutti i suoi bagagli. Come sapete c'è una sola sosta a Romsey, per cui era più veloce contattare Lymington. Mio marito e mia figlia sono partiti stamattina presto per andargli incontro.
-Non pensavo ci fosse bisogno della vostra figlia minore per riportare il signor Tyron a Lymington. Presenza superflua la sua.
Fu il commento sprezzante di Edward Wilson, che mortificó visibilmente la signora Pelham.
Gabriel Decaro le porse gentilmente un fazzoletto, rivolgendole parole di conforto.
Gli animi si alleggerirono quando fu il momento di scegliere i cavalli. Charlotte Manson si avvicinò a Constance per chiederle di Tyron, ma quest'ultima le rivolse a malapena la parola, troppo impegnata com'era ad attirare l'attenzione di Edward.  Quest'ultimo sembrava assorto dalla figlia di Drawdel, una graziosa biondina dai modi civettuoli e scaltri.
Arrivati a Uberstone, le signore arretrarono lasciando il passo agli uomini. Che iniziarono a ripulire le canne dei fucili da caccia.
Gabriel quasi sobbalzó quando scorse l'elegante figura di Harriet avanzare dalla boscaglia, in compagnia del padre e del signor Tyron.
Come un bambino le rivolse un sorriso caloroso che lei ricambió all'istante andandogli incontro.
I due scesero dai cavalli e Gabriel le prese entrambe le mani guardandola con ardore.
Harriet volle ricambiare quel trasporto ma si sentì lo sguardo infuocato di Edward sulla nuca. Non volle dargli la soddisfazione di voltarsi, ma le sembrava di sentire i suoi occhi seguire ogni suo movimento. Alla fine si arrese e decise di sostenere il suo sguardo: voltandosi verso lui fu colta dall'umiliazione.
Non solo non le stava rivolgendo lo sguardo, ma teneva in modo possessivo le mani di Samantha Drawdel guardandola con una passione crescente. Harriet si sentì montare la rabbia, ma decise che non era saggio mutare atteggiamento.
-Sono molto contenta di vedervi Gabriel.
Edward fu come pizzicato: pur sforzandosi di non sentire, udire Harriet rivolgersi a Decaro con tanta intimità lo irritava.
-Voi non sapete quanto sono felice di vedere voi!
Harriet gli sorrise con tenerezza e si rivolse alle signore, salutandole in modo sbrigativo. Lasció deliberatamente Edward Wilson per ultimo.
-Signor Wilson.
-Signorina Pelham.
Aveva pronunciato il suo nome tra i denti e non era sceso dal cavallo per salutarla, cosa che sorprese tutti i presenti.
Harriet tuttavia lo guardò impassibile e decisa a restituirgli la scortesia, gli parló ad alta voce.
-Dovreste riguardare il Galateo signor Wilson, a volte torna utile anche per le persone poco civili sapete?
Lo sguardo di Edward si fece pungente, un sorriso di scherno gli si dipinse sul volto.
-E voi dovreste comprarvi un orologio, vi aiuterà a migliorare la vostra scarsa o inesistente puntualità.
Quell'ostilità tra i due concesse un sospiro di sollievo alle signore, che vedevano in Harriet l'avversaria più temibile.
Qualche minuto più tardi gli uomini sparirono nella boscaglia e le signore si fermarono in un punto sicuro ma che permettesse loro di osservare la scena.
Samantha Drawdel si affiancò ad Harriet.
-Devono essersi sbagliati quando mi hanno riferito che tra voi e il signor Wilson c'è una schermaglia amorosa: a me sembra una schermaglia e basta.
-Dovrebbe interessarmi?
Harriet le aveva rivolto un'occhiata sprezzante che Samantha ricambiò con un'espressione indignata.
-Ora capisco perché vi ha buttata nel dimenticatoio per Constance: siete una donna detestabile.
-Detto da voi carissima, è una lusinga oltremodo gradita. Ora se volete perdonarmi: non ho tempo né voglia di ascoltare un'oca come voi.
Le parole di Harriet (pronunciate ad alta voce) furono la causa scatenante di molte occhiate di disapprovazione: la madre sembrava volerla uccidere e Pauline Wilson la guardava in modo severo. Rifiutandosi di ritornare sui suoi passi, si inchinó con aria di sfida alla marchesa e mandó un bacio scherzoso alla madre, poi fece voltare il suo Mustang maculato e corse con foga allontanandosi dalle signore.
Si fermo vicino a un piccolo torrente e solo allora le sembró di respirare.
Quella situazione la soffocava, a volte rimpiangeva di non essere nata uomo.
-Uomo. Sì, vorrei rinascere uomo.-
-Lo dite perché non siete capace a cavalcare in tenuta da amazzone e preferite i calzoni o perché Gabriel Decaro vi ha seccata con le sue attenzioni?
Harriet riconobbe la voce grave e non si voltó, fingendo indifferenza.
-Le attenzioni di Decaro sarebbero l'unica cosa che rimpiangerei, se fossi uomo.
-Avete il gusto dell'orrido.
Harriet si voltó di scatto e vide un sorriso di scherno stampato sul viso di Edward.
-Lo avrei se mi chiamassi Constance e mi piacessero le vostre di attenzioni.
-State tremando. Suvvia non siate gelosa, se sarete docile potrei dedicare qualche attenzione anche a voi.
-Mai.
I toni si erano alzati e la tensione fra i due diventava palpabile ad ogni minuto che passava.
Harriet non seppe quando nè come, ma lo scintillio che aveva negli occhi Edward cambió. Non sembrava più rabbia. Involontariamente, Harriet, fece qualche cauto passo indietro.
-Avete paura? Di cosa? Non siete voi la donna intrepida che non teme nulla?
-Non temo voi.
-Dovreste signorina Pelham. Dovreste.
Gli occhi di lui avevano attirato e ancorato quelli di Harriet, che non riusciva a spiegarsi perché ogni cellula del proprio corpo era invasa da un tremolio leggero e uno strano calore.
Edward dal canto suo non sapeva che fare: sentiva un desiderio primordiale di possederla, avrebbe voluto staccarle ogni indumento di dosso e fotterla fino a farle perdere i sensi. E non capiva come quella piccola creatura dagli occhi di ghiaccio riuscisse a fargli perdere così tanto il controllo. La detestava, odiava il suo carattere ostile, l'arroganza con cui gli parlava, quello sguardo indifferente che gli rivolgeva. Eppure la desiderava, ardentemente.
I due si fissarono accaldati per qualche minuto, prima di accorgersi che la pioggia si stava facendo battente e i primi lampi stavamo sporcando il cielo.
Subito le fu vicino.
-Non state ferma così per dio, dobbiamo tornare indietro.
Harriet non replicò, montò il proprio cavallo e seguì senza fiatare Wilson.
-Non torneremo a Holdbrige in queste condizioni. Dobbiamo trovare un riparo.
-Ma gli altri potrebbero preoccuparsi quando..
-Non vi siete preoccupata di questo quando avete preso a cavalcare senza dire niente a nessuno. Ora non fiatate: c'è una piccola abitazione in legno vicino al torrente. Aspetteremo lì.
Harriet fece per ribattere ma l'acqua si stava facendo violenta e quello che diceva Wilson non sembrava più così sbagliato.
Arrivarono alla cadente casetta in legno e Wilson aiutó Harriet a scendere dal cavallo, poi con un calcio deciso aprì la porta di legno marcio.
-Non è il massimo ma basterà.
L'abitazione doveva essere abbandonata: non vi erano mobili e un odore di muffa galleggiava nell'aria. Il tetto non era intatto e qualche gocciolina di pioggia batteva sul pavimento.
Harriet si sentì gelare e gli abiti zuppi d'acqua le rendevano difficile muoversi.
-Spogliatevi.
-Neanche per sogno!
-Volete fare la bambina scorbutica ancora a lungo o inizierete a ragionare prima di parlare? Vi ammalerete se non mi darete retta, verrò al vostro capezzale a rinfacciarvelo.
Harriet lo guardò con antipatia. Per qualche minuto rimase sulle sue.
Intanto Wilson aveva tolto la giacca e la camicia, strizzandole entrambe ed attaccandole alle finestre di legno. Harriet arrossì alla vista del suo torace nudo, i muscoli di lui erano definiti e una leggera peluria gli ricopriva il petto, notò anche una cicatrice che gli attraversava il bicipite e la sua curiosità ebbe la meglio.
-Quando vi siete fatto quella cicatrice?
Edward non rispose subito, la guardò prima con indolenza e continuò a cercare del legno asciutto da poter bruciare.
Lei si decise infine a spogliarsi. Con le dita tremanti di freddo iniziò a sciogliersi le scarpe con scarsi risultati.
La mano di Edward fu tempestiva.
-Siete una bambina cocciuta, guardatevi come tremate. Fate fare a me.
Harriet tentò di ritirare il piede ma la presa salda di Wilson ebbe la meglio. Le sciolse le scarpette di cuoio svuotandole dell'acqua piovana, poi iniziò a muoversi con agilità massaggiandole i piedi freddi.
Harriet, da sempre sensibile al freddo, si abbandonò senza più resistenze alle mani affusolate e amorevoli di Edward Wilson.
Lui le tolse gli indumenti lasciandole solo la camiciola sottile.
Strizzó velocemente tutti i suoi vestiti liberandoli dall'acqua e gli posizionó attorno al debole fuoco.
Poi guardò Harriet che se ne stava in un angolo tremolante.
-Venite qui. Lo stupro non mi eccita e voi non ne valete comunque la pena.
Le parole di lui erano fredde e taglienti, Harriet si sentì offesa e debole in quel momento. Era stanca e stremata, non riuscì a rispondergli e si sentì nell'intimo ferita.
Prese tra le mani la lunga camiciola e si accovacciò vicino al fuoco.
Dopo qualche minuto sentì il tremolio abbandonarla e rivolse involontariamente lo sguardo a Wilson che sembrava assorto nei suoi pensieri.
Il fuoco illuminava la carnagione abbronzata di lui e gli occhi color miele avevano preso delle sfumature vivaci, quasi cangianti. Harriet si tradì fissando lo sguardo sul corpo muscoloso e seminudo di lui.
Quando Wilson se ne accorse non riuscì a trattenere la lingua.
-Potete allungare la mano se lo desiderate, posso anche sopportare di essere toccato da voi.
-Siete un depravato.
-Avreste preferito i modi cavallereschi di Gabriel Decaro?
Harriet senti il tono di lui farsi irritato.
-Perché continuate a parlare di lui?
-Cosa vi avrebbe detto in questa occasione? Vi avrebbe intrattenuta come un bardo da quattro soldi o vi avrebbe sussurrato delicate parole d'amore?
La voce di lui diventava minacciosa e Harriet si sentì invadere dal coraggio.
-Mi avrebbe baciata forse. E mi sarebbe piaciuto.
Edward non si trattenne oltre, si alzò di scatto in piedi. Harriet lo seguì e fece qualche passo indietro, allarmata da quel cambiamento improvviso.
Lui le si avvicinó come un predatore.
-Vi ha già baciata vero?
-Non vi riguarda.
-Vi ho fatto una domanda, non fatemi perdere la pazienza Harriet.
Erano a due passi l'uno dall'altra e Harriet sentì un brivido di eccitazione e paura percorrerle la schiena.
-No.
-Lo desiderate?
Harriet lo sfidó di nuovo.
-Sarebbe un amante più premuroso di voi.
Edward la agguantò con foga, stringendole il polso con forza.
-Eppure non lo guardate come guardate me.
-Io...
Harriet si sentì mancare le parole, le labbra di lui erano a pochi centimetri dalle sue e un odore di colonia le aveva invaso le narici.
Edward posò le labbra sulle sue con ardore. Harriet provó prima a respingerlo, ma il calore di quel bacio sembrava renderla debole, vulnerabile. Un brivido caldo le percorse tutto il corpo: le sue mani si aggrapparono alla nuca di lui mentre dei gemiti soffocati uscivano dalla sua bocca. Wilson trovó un varco ed insinuò la lingua tra le labbra di lei, muovendola con delicatezza, mentre la sua mano si faceva strada sulla sua schiena, accarezzandole la pelle che sfuggiva alla sottile camiciola. Sentì l'erezione spingere contro il tessuto ruvido dei pantaloni e la lingua di Harriet farsi sempre più audace. La piccola Pelham fu come travolta da quel calore e ne divenne schiava, sentiva inumidirsi il basso ventre mentre la mano sicura di lui le accarezza la curva del sedere.
-Siete bella Harriet, quanto ho bramato di toccarvi, proprio così..
Le parole di Wilson la eccitavano ma ebbe un attimo di esitazione quando la mano forte di lui inizió a risalire la sua coscia.
-Edward... vi prego, non...
Lui distrusse subito le sue difese.
Il profumo di lei, la pelle liscia e la sua arrendevolezza lo stavano mandando fuori controllo. In quel momento sembrava appartenergli, gli dava una sensazione di potere che gli infiammava la pelle.
-Harriet! Signor Wilson!
Subito Edward Wilson si ritrasse: era la voce del signor Pelham.
-Per tutti gli inferi.
Il suo sguardo tradiva il fastidio e i suoi gesti divennero violenti mentre si rivestiva in tutta fretta.
-Che cosa diamine ci fate lì ferma? Rivestitevi subito. Se qualcuno pensasse anche e solo vagamente che vi ho compromessa me ne vergognerei immensamente.
Edward era in preda alla rabbia quando le rivolse quelle parole, che scemò subito nel vedere l'espressione di lei.
L'aveva desiderata così tanto e così a lungo che essere interrotto mentre lei gli si concedeva con tanta sensualità lo destabilizzó.
Harriet avrebbe voluto urlare, inveirgli contro. Ma le lacrime presero il sopravvento: silenziosamente si rivestì di tutto punto, sentendosi umiliata dalle parole di lui, sentendosi umiliata da se stessa per avergli ceduto.
Raccolse i capelli umidi nel cappello color smeraldo e cercò i guanti.
-Harriet..
Senza rivolgergli lo sguardo, Harriet si diresse verso la porta asciugando con sguardo fiero le lacrime.
-Papà, sono qui!

NOTA:
Ed eccoci qui. Sono in preda a una febbre creativa, per cui anche questo capitolo (che pensavo mi avrebbe rubato giorni) è finito.
La situazione sembra peggiorare drasticamente proprio quando i due iniziano a cedere all'attrazione: cosa ne pensate del comportamento di Edward? Harriet avrebbe dovuto reagire diversamente?
Aspetto i vostri commenti e spero di rivedervi prestissimo.

HarrietDove le storie prendono vita. Scoprilo ora