HOPE
Giorno 35
Cosa mi ricordo di ieri? Quasi niente, solo qualche accenno, ma nulla di concreto. Alex mi ha detto che stavo peggio del solito, che non mi ricordavo di niente, neanche di lui.
Io lo so che ha piú paura di me, vedo il suo terrore di perdermi nei suoi occhi blu oceano. Io vivo questo inferno, ormai neanche la morte mi spaventa più, e fa parte della mia routine svegliarmi nel cuore della notte con il corpo paralizzato dal dolore, vedere le luci dell'ambulanza lampeggiare ed i neon bianchi dell'ospedale brillare senza mai smettere.
Tutti dicono che dev'essere dura per me, ma non è così. Perché quando lo vivi in prima persona ti senti solo un essere umano come altri che aspetta che tutto sia finito. All'inizio cerchi di vivere quel poco di tempo che ti resta al massimo, ma quando ti accorgi che non serve a niente pian piano smetti e ti adegui al presente.
Se adesso qualcuno mi chiedesse com'è iniziato tutto forse non gli saprei rispondere. Non ho ricordi di cose precise, so solo che una mattina mi sono svegliata e da allora non sono mai più tornata quella di prima.
Andai a scuola come sempre, studiai come sempre e feci le cose che facevo sempre; finché nel cortile - secondo la versione di Alex - non svenni.
<<Dopo che sei caduta ti ho risollevata da terra ed abbiamo subito chiamato un'ambulanza.>> mi disse lui, ed in quel momento io non capii il perché dell'urgenza tanto elevata, ma le parole che seguirono svelarono il mistero.
<<Il tuo corpo si stava raffreddando ogni due minuti di un grado ed eri cosí pallida che nella neve nessuno si sarebbe accorto di te.>>
<<E poi cos'è successo?>> chiesi, quasi come una bambina curiosa di sapere come finisce la favola raccontata da sua madre.
<<Beh, passarono tre giorni prima del tuo risveglio. Tre giorni nei quali rimasi sempre pallida, come se fossi stata albina. Io andavo a trovarti ogni giorno dopo scuola sperando in qualche novità; ma niente di niente.>>
<<Tranne quello.>> aggiunsi.
<<Tranne quello>> ripeté lui a voce bassa come nell'intento disperato di farsene una ragione senza però riuscirci.
"Cosa svanisce per prima cosa?" mi chiese un giorno una mia conoscente, io le risposi chiaro e tondo qualcosa che per lei probabilmente suonava agghiacciante, perché dopo quella volta mi guarda quasi come se fossi un'alieno. Le risposi che la cosa che svaniva prima era il sorriso. Sapete quella curvatura della bocca che si ha quando si è divertiti o commossi; beh se vi ammalate come me, contateci di non rivederla mai più su voi stessi.
Sono sicura che Sarah pensava ad una risposta come "La paura di risvegliarsi in ospedale sparisce abbastanza presto" oppure "L'imbarazzo nell'entrare in classe ad orari sempre diversi non ti resta per sempre"; ed invece ora penso di aver terrorizzato una quindicenne dicendole una frase a me normalissima.
Ho sempre voluto essere diversa, vivere una vita fuori dal comune e adesso mi ritrovo qui incatenata con le manette del destino a questo stupido letto d'ospedale che non la smette di cigolare. Per fortuna da domani posso di nuovo volare libera nel mondo aspettando il prossimo peggioramento; ma fino a quel momento mi restano diciassette ore, sei minuti e cinquanta secondi di tortura.
Alex anche oggi come al suo solito é venuto a trovarmi nell'intento di tirarmi sù il morale, anche se sono certa che anche lui sá nel profondo del suo cuore che non serve a niente.
<<Almeno quando uscirai di qui le urla del Professor Fames non ti faranno una piega>> mi ha detto quando gli ho accennato del letto d'ospedale.
<<Sai che non mi hanno mai disturbato>> aggiunsi, con voce indifferente.
A volte mi chiedo se questo tipo ha la memoria a breve termine, perché del lasciarmi in pace con le sue battute e il suo sorriso assassino, non ne vuole proprio sapere.
<<Un giorno sorriderai di nuovo Melissa Hope Whiteness; te lo prometto.>> mi disse senza un minimo di dubbio.
<<Forse...o forse no.>> dissi con la certezza di poter chiudere la conversazione.
Ma evidentemente grazie ai farmaci mi sono scordata che con Alex quando mai la conversazione finisce quando voglio io?
Mentre questo particolare mi tornava in mente lui continuò a parlare di altre mille cose, finché io sfinita non mi addormentai.
Forse lui se n'era andato subito, forse no, ma in ogni caso il domani per me era rimasto un punto di domanda per le altre otto ore seguenti.
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HOPE: La speranza incisa nel nome
Roman pour AdolescentsQuanti anni vi restano? Settanta? Ottanta? Hope non sa nemmeno se nel prossimo minuto sará ancora viva. Ogni secondo che passa é un secondo in piú di vita che ha vissuto, ed uno in meno che le resta da vivere. Lei sta giocando. Sí sta giocando in un...