Capitolo 3

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Cassandra era più che spaventata, sapeva già che sarebbe morta da un momento all'altro e non poté fare niente se non nascondersi dietro Svetlana.

<<Ti prego, aiutami.>> singhiozzò la bionda.

'Aiutami' parola fin troppo conosciuta dalla mora. Se si è una spia, si uccide senza risentimento. Le sue vittime avevano sempre chiesto aiuto, ma lei o faceva finta di non sentirle o le uccideva nel preciso istante in cui finivano la parola.

<<Stai tranquilla, non ti farà del male.>> le disse la mora. Ma lei non sapeva cos'era capace di fare il biondino. Lui le uccideva in un modo che neanche Svetlana, in tutta la sua carriera, aveva mai visto.

Le sue vittime erano facili da identificare. Dietro l'orecchio di ognuna ci incedeva una 'J'. Come Justin.

<<Spostati.>> le ordinò in preda alla rabbia, Justin.

<<No. Non ti permetterò di farle del male.>> disse convinta la mora.

<<O ti sposti, o ti uccido insieme a lei.>> guardò la piccola figura della bionda, rannicchiata dietro Svetlana.

<<Uccidimi.>> disse lei.

Il biondo sospirò, e prese la pistola che nascondeva dentro il giacchetto.

<<Sai potevi essere la mia troia personale. E adesso ti perderai tutto questo.>> disse puntando la pistola nera nello stomaco di Svetlana.

<<Uccidimi. Voglio sapere se Justin Bieber ha coraggio.>> urlò lei.

<<Come fai a sapere il mio nome?>> domandò lui, non sorpreso. Ormai lo conoscevano tutti. Tutti tranne la polizia. Che in questi cinque anni di inseguimento non l'aveva ancora preso.

La ragazza esitò prima di parlare. Ovviamente non poteva dirle che era una spia dell'ADB, mandata ad ucciderlo.
Così mentii.

<<L'ho letto sul campanello prima.>> si difese lei.

<<Okay, ma non ho tempo per queste cazzate ora! Allontanati. Subito.>> disse il biondino estendendo perfettamente le ultime due parole.

<<No.>> continuò lei.
<<Non voglio ucciderti, troietta.>> disse lui facendosi, molto, serio.

<<Non mi dai altra scelta.>> continuò lui.

La mora guardò la piccola ragazza bionda e le sorrise.

<<Vai via. Scappa. Ci penso io.>> disse Svetlana guardandola negli occhi.

<<Grazie. Ma no. No-non voglio mettere a rischio un'altra vita, oltre la mia.>> dice Cassandra alzandosi.

Si posizionò davanti a Svetlana e aprì le pallide braccia.

<<Uccidimi. Avanti.>> sussurrò lei.

<<Finalmente hai capito.>> sogghignò lui avanzando sempre di più.

Il biondo mise la pistola nel giacchetto e prese Cassandra per un braccio portandola nella 'Stanza del castigo'.

Così veniva chiamata la stanza dove, quelle povere ragazze, venivano torturate. Li accadevano cose che nemmeno il serial killer più spietato era in grado di fare.

<<Ti prego. No. NO!>> disse, ormai lontana, Cassandra.

<<Brutta puttana. Stai ferma.>> urlò lui, in preda alla rabbia tirando uno schiaffo molto sonoro sulla guancia della ragazza.

Svetlana, continuò a seguirli senza fiatare. Al momento giusto avrebbe attaccato.
Tirò fuori dallo stivale la sua pistola nera, e la nascose dietro la schiena.

La bionda continuava ad urlare, e ad urlare sempre più forte.

Le sue urla erano strazianti, tanto che Svetlana dovette coprirsi le orecchie con le mani per non sentirle più.

Quelle urla erano di pieno dolore, chiedevano aiuto, un aiuto che forse non avrebbe mai ricevuto.

Svetlana si mosse velocemente verso la loro direzione e prese il biondo per un braccio, facendo, di conseguenza, lasciare il braccio della ragazza cosicché poté scappare. Il biondo si girò e guardò Svetlana, entrambi avevano gli occhi pieni d'odio. D'odio per tutto quello che li circondava. Anche se stessi.

<<Smettila! Lasciala stare.>> disse Svetlana tenendo, stretto, il braccio di Justin.

<<Deve pagare! E ora me l'hai fatta scappare.>> disse lui prendendo Svetlana per il collo, e stringendoglielo.

<<Lasciami.>> sussurrò con parole strozzate, per mancanza d'ossigeno la mora.

<<Devi morire per quello che hai fatto.>> disse, pieno d'odio il biondo che continuava a stringere sempre di più la mano al collo della mora.

Svetlana cercò in tutti i modi di far togliere la mano, ma senza successo.
Sarebbe morta in quel posto, ci stava da poche ore e già aveva capito che casa era quella. Se volevi morire, li era il posto giusto.

Svetlana stava perdendo i sensi, si sentiva mancare ancora di più e vedeva sfocato.

<<Lasciami.>> riprovò lei.

<<Mi dispiace.>> sussurrò lui, prima che Svetlana chiuse gli occhi e si abbandonò in un lungo e profondo sonno.

***
Molte ore dopo, non sapeva bene quante, Svetlana si svegliò.
Ricordava ben poco di quello che era successo poche ore fa, o il giorno prima.

Cercò invano di alzarsi da quel scomodo lettino di ferro.

Era incatenata li. Con manette alle mani e ai piedi, che stringevano lasciando dei profondi segni rossi.

<<Ben svegliata, troietta.>> disse l'ombra che continuava ad avvicinarsi.

Cercò di emettere un urlo, ma senza riuscirci. Era imbavagliata.

<<D'ora in poi sarai la mia puttana personale.>> disse lui, toccando lo stomaco della ragazza.

Svetlana scosse la testa in segno di negazione e cercò, ancora una volta, di alzarsi.

Il biondo rise di gusto e prese un bisturi, che era posto, prima, su un vassoio di metallo.

<<Vuoi per caso perdere qualche organo? Magari il cuore. O la milza.>> disse lui, con un ghigno malato sul volto. Posando il coltellino all'altezza del cuore e della milza.

La ragazza riscosse la testa negativamente.

<<Bene, quindi sarà meglio che mi ascolti attentamente. Ora sei la mia troia personale. Farai tutto quello che ti dirò e non obbietterai.>> disse lui fermamente.

Quello, per Svetlana, era l'inizio della fine.


-SPAZIO AUTRICE-

ALLORA, ECCOMI QUA. SIAMO AL TERZO CAPITOLO.

SPERO VI PIACCIA, E MI SCUSO SE STO FACENDO SEMBRARE JUSTIN UN PAZZO PSICOPATICO. AHAHA.

MA PENSO CHE, DESCRITTO COSÌ, LA STORIA RENDA DI PIÙ.

ORA VI LASCIO.

BUONA LETTURA :).

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