Capitolo 14

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Questi sono solo alcuni fra i nomi che sentivo pronunciare più spesso, quelli che mi facevano rabbrividire al solo pensiero, perché significavano: privazioni, stenti, fame, torture e in particolare per gli Ebrei, rappresentavano la meta di un viaggio senza ritorno. Comprendevo solo in quel momento il sacrificio di mia madre di unirsi e sopportare un uomo malvagio come mio padre, solo per assicurarci un cognome, che ci avrebbe permesso di vivere tranquillamente, per il resto dei nostri giorni.

Rappresaglie furono compiute ovunque e fu stabilito che per ogni soldato tedesco trovato morto, dieci prigionieri italiani avrebbero pagato con la loro vita. Incaricato dell'operazione fu il maggiore delle SS Herbert Kappler, il quale dovette compilare in una notte, con l'aiuto del questore fascista Pietro Caruso, una lista di trecentoventi uomini da uccidere.

Nelle ore che precedettero l'inizio dell'operazione morì, a causa delle ferite riportate nell'attentato, un altro soldato tedesco e di conseguenza il totale degli italiani da reperire salì a trecentotrenta. Il questore Caruso, per un eccesso di zelo, ne consegnò a Kappler trecentotrentacinque, cinque persone in più, un errore di cui gli ufficiali delle SS si accorsero solo una volta giunti alle Fosse Ardeatine, il luogo segreto dell'esecuzione.

Il panico si diffondeva velocemente, quando l'esercito nemico attraversava le strade, con il passo pesante. Gli uomini cercavano di rifugiarsi altrove, temendo di venire strappati violentemente e definitivamente alle loro famiglie. Qualcuno non riuscì a sottrarsi alla cattura e fu visto per l'ultima volta salire sugli automezzi del nemico e sparire in una nuvola di polvere.

Nessuno conosceva il luogo in cui i nazisti avrebbero condotto le persone catturate, per riuscire a salvarli dalle loro feroci torture. Solo più tardi, dopo che l'eccidio delle Fosse Ardeatine era stato compiuto in quel nefasto giorno del 24 marzo 1944, un sacerdote, testimone involontario di quel massacro, rivelò dove erano stati portati gli ostaggi. Si trattava di una profonda fossa, in cui i Tedeschi avevano gettato i corpi dei prigionieri italiani, precedentemente fucilati e poi cosparsi di pece, affinché non rimanesse alcun superstite.

Ritornammo a Roma, in seguito a quell'increscioso episodio. Mio padre voleva assicurarsi che i componenti della sua famiglia non fossero stati tratti in arresto. I suoi cari erano incolumi. I fratelli di mio padre si erano rifugiati in un paesino lontano da Roma insieme alla loro madre e sorella e mio nonno era riuscito ad evitare che i Tedeschi lo catturassero, nascondendosi dentro una chiesa, in gran parte distrutta dai bombardamenti.

Il 27 settembre, i Napoletani insorsero contro la guarnigione tedesca e dopo una lotta accesa e sanguinosa, riuscirono a mettere in fuga il nemico, in tal modo, il 1 ottobre, quando gli Alleati entrarono a Napoli, la città era già libera dal giogo nazista. Il governo regio, sempre presieduto da Badoglio, si era stabilito a Brindisi: il 13 ottobre dichiarò guerra alla Germania e fu riconosciuto dagli Alleati quale "cobelligerante". Precedentemente, aveva dovuto sottoscrivere a Malta "l'armistizio lungo", che offriva agli Alleati, il pieno controllo sull'Italia.

Questi ultimi, accettarono solo modesti reparti dell'esercito regolare per la guerra, mentre si mostrarono restii allo sforzo partigiano. Ovunque, non si faceva altro che aspettare l'arrivo degli Alleati, considerati come salvatori, portatori di pace e liberazione dalla tirannia e ferocia dell'esercito tedesco. L'avanzata alleata, però procedeva lentissima, a causa della tenace resistenza tedesca, che non riuscì, tuttavia, ad impedire lo sbarco ad Anzio e a Nettuno il 22 gennaio dei soldati americani, lo sfondamento del fronte a Cassino l'11 maggio, nodo cruciale del sistema difensivo tedesco.

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