Capitolo 17

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Michele

Le lacrime che mio padre aveva versato ai funerali della mamma, si erano ben presto asciugate e aveva trovato subito conforto e consolazione tra le braccia di donne frivole e sempre diverse, che incontrava per caso nei locali da lui frequentati. Sembrava che il ricordo di mia madre, dell'esistenza piena di sacrifici che lei gli aveva devotamente dedicata, si fossero dileguati nel nulla. L'unica sua preoccupazione si riduceva nell'assicurarsi i tre pasti quotidiani, divertirsi e, possibilmente, non venire infastidito durante i suoi sonnellini pomeridiani. Oziava tutto il giorno e aveva bisogno pure di riposo. Non si rendeva conto che intanto i suoi figli crescevano e che prima o poi l'avrebbero abbandonato al suo destino: quello di girovagare per le strade della città come un barbone, senza qualcuno che si prendesse cura di lui.

All'età di ventiquattro anni, ero considerata la zitella del quartiere. Alcune volte riuscivo ad afferrare dei frammenti di discorso quando passavo dinanzi alle più pettegole del vicolo.

«È secca allampanata, nun sembra na femmina ma 'n manico de scopa, poverella, co quer fisico nun je sarà facile trovà 'n marito».

All'inizio quei giudizi così maligni, non mi scalfivano neanche, ma a lungo andare, tra sorrisetti di scherno, cenni significativi con il capo per indicarmi, cominciai a riflettere un poco sui miei difetti fisici.

Una mattina in cui in casa non c'era nessuno, mi posi davanti allo specchio. Osservai prima il mio volto scialbo, contornato da una massa nera di capelli incolti e arruffati, senza un leggerissimo velo di trucco, che potesse mettere in risalto i miei grandi occhi scuri. Il mio sguardo si posò poi sul seno piccolo che i vestiti pesanti appiattivano, rendendolo quasi inesistente. Ponendo le mani attorno alla vita, le punte delle dita si toccavano. Ero decisamente assai magra e forse questo mio aspetto da adolescente inteneriva gli uomini, anziché attrarli.

A quei tempi andavano di moda le ragazze con il seno florido, i fianchi abbondanti e le gambe diritte e ben tornite. I modelli ai quali si faceva riferimento erano le giovani attrici: Silvana Mangano, Gina Lollobrigida e Sofia Loren. Rappresentavano la donna italiana tipo, quella che gli Italiani e gli stranieri tenevano racchiusa nel cassettino dei desideri. C'era pure chi teneva un ritaglio di giornale, in cui appariva l'attrice prediletta, nel portafoglio o chi addirittura l'appendeva in una piccola bacheca di legno all'interno del negozio, sorretta da alcuni spilli.

Non sarei mai diventata affascinante e piena di curve come loro, non mi interessava attirare l'attenzione degli uomini, temevo che si sarebbero rivelati in seguito malvagi come mio padre. Zia Anna non condivideva il mio punto di vista, secondo la sua opinione, ogni ragazza più o meno carina, riponeva nel suo cuore il desiderio di indossare un giorno l'abito bianco nuziale. Quindi non credeva ad alcuna delle valide ragioni che con fermezza le elencavo.

«Teresina, la verità è che ancora non ha bussato alla porta del tuo cuore l'uomo giusto, quello che ti fa palpitare dall'emozione, che non ti fa dormire la notte, perché i pensieri sono tutti diretti a lui. Colui che ti fa apparire più carina agli occhi della gente, dopo aver fatto scoccare nel tuo animo la scintilla dell'amore, la fiammella che addolcisce i lineamenti del viso e rende i gesti più aggraziati», mi parlava come se avesse davanti una visione, come se tutto si potesse avverare, agitando la bacchetta magica.

«Zia, stai parlando come la fata nella fiaba di Cenerentola, ma non ti sei resa conto che all'età di ventiquattro anni, nessuno guarda più una ragazza, perché non è più da maritare? La si considera già vecchia. E poi, che cosa potrei offrire ad un uomo: non sono attraente, non ho una dote, mi vergogno di avere come genitore un uomo che durante il giorno non fa altro che pensare ai propri interessi, alle proprie mondane distrazioni», cercai di portarle argomenti validi, per farla desistere dalle sue convinzioni. «Non dimenticarti che devo continuare a prendermi cura dei miei fratelli, sono ancora troppo piccoli per riuscire a cavarsela da soli. Ho promesso alla mamma che sarei rimasta vicino a Pinuccio, ha solo sei anni e non si può abbandonare un bambino della sua età. No, il matrimonio non fa per me è solo un bel sogno, che non si realizzerà mai, nel mio caso».

«Teresina, l'affetto che ti unisce ad un uomo, non va considerato una passione avvincente come quella delle storie che si leggono sui fotoromanzi, ma è una realtà da scoprire insieme ogni giorno. È un cammino da percorrere uniti su un'unica strada, sulla quale si frappongono continuamente degli ostacoli, mettendo a dura prova quell'amore, ma si cerca di superarli, aiutandosi a vicenda. Non puoi prendere come esempio il matrimonio tra i tuoi genitori, casi del genere capitano raramente nella vita, perché l'uno non rispettava e amava profondamente l'altra».

Fece un lungo sospiro, non so se per riprendere fiato o per cercare le parole giuste che potessero colpire la mia sensibilità.

«Sostieni di avere una famiglia della quale doverti prendere cura continuamente, ma tuo padre ben presto vi lascerà, per andare a vivere con qualche sua ultima conquista. I tuoi fratelli, fra qualche anno, saranno in grado di ponderare le proprie scelte e seguire il corso della vita che li porterà inevitabilmente ad allontanarsi da questa casa. Non potrai neanche fare affidamento su un modesto aiuto da parte di tua sorella che, chiusa nel suo egoismo e con la sua furbizia, cercherà la maniera migliore per sfuggire alle sue responsabilità, sposando il primo ragazzo di buona famiglia che capiterà sulla sua stessa strada. A questo punto della situazione rimarrai sola, con l'assillante dubbio di aver sacrificato una buona parte della tua vita privata inutilmente, per dedicarti completamente ai tuoi fratelli, che quando saranno adulti ti verranno a trovare nei ritagli di tempo o ti cercheranno solo nei giorni festivi. Può verificarsi anche il caso che, in quegli stessi momenti, siano troppo occupati con le loro famiglie», mi prese le mani e me le strinse forte. «Quindi, vale la pena di farsi tanti scrupoli, di sentirsi in colpa se si cerca un briciolo di felicità, fuori dell'ambiente familiare? Non sei attraente, perché non curi un po' il tuo aspetto, ma se seguirai qualche mio consiglio, ti accorgerai che in breve tempo ti trasformerai in una ragazza che non passerà inosservata per la sua bellezza fresca e spontanea e i suoi modi aggraziati».

Le parole di zia Anna, avevano scavato profondamente dentro il mio animo. Sembrava che quel discorso fosse stato trattato appositamente per rimuovere le mie inconsce paure e far riemergere il mio istinto di donna troppo a lungo sopito.  

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