Michelle

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10.01 a.m.

Una ragazza con i capelli corti che vestiva una canotta bianca e una gonna animalier, bussò contro l’infisso della porta dell’ufficio.

George non distolse lo sguardo dallo schermo del computer.

“Entra”, le ordinò risparmiandosi i saluti.

Nel sedersi la spallina della canotta della giovane scivolò lungo il braccio svelando delle macchie di leopardo tatuate sulla pelle.

“Sta circolando una mail tra i colleghi, è l’invito ad un party a tema che si terrà stasera per festeggiare il tuo licenziamento. Ci saranno una torta arcobaleno e birra a volontà.” “Se ti conoscessero meglio sarebbero tristi quanto lo sono io”, aggiunse temendo di avere esagerato. L’uomo che le stava di fronte però non scomodò nemmeno un muscolo del viso. “Sono stata bene insieme a te, sei diverso da quello che credevo. Diverso in positivo.” Infastidita da quel dialogo a senso unico, la giovane usò l’unica parola che sapeva lo avrebbe fatto scattare. “Tua moglie è una donna fortunata.”

“Lei non pensa di esserlo.” George smise di fissare lo schermo del computer, aprì il cassetto e le allungò una custodia scarlatta attraverso la scrivania. “Per avermi consigliato di non bere il caffè che mi veniva offerto.”

La ragazza si rialzò. “Preferisco di no”, disse indietreggiando verso l’uscita. “Il mio fidanzato mi farebbe delle domande.”

Non era così che aveva sperato si concludesse la loro storia, non che lui le avesse mai prospettato un lieto fine. Aveva chiarito subito di essere sposato e più efficace delle parole era stato un rituale a farle capire quanto fosse innamorato della moglie. Prima di fare l’amore si sfilava la fede, la baciava e la riponeva all’interno di un fazzoletto di stoffa monogrammato avendo cura che le sue iniziali ricamate a mano fossero a contatto con l’anello. Lo aveva osservato ripetere quella liturgia ogni volta che si erano visti ma durante gli incontri più recenti l’anello veniva abbandonato senza riguardo sul comodino o addirittura scagliato sul pavimento. E lei aveva iniziato a sognare che quella relazione clandestina potesse trasformarsi in altro, nel riscatto di una nuova vita all’insegna del benessere economico. Riusciva già ad immaginarsi immersa in una vasca di champagne nel suo palazzo signorile in centro città, riverita da uno stuolo di cameriere in livrea e venerata da un marito adorante.

“Michelle?”

Sentendo pronunciare il proprio nome, alla ragazza fremette il cuore.

“Sì, George?”

“Chiudi la porta dopo essere uscita.”

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