«I pick my poison and it's you
Nothing can kill me like you do
You're goin' straight to my head
And I'm heading straight for the edge.»— Poison, Rita Ora.
Il tempo guarisce le ferite, o almeno dovrebbe.
Ma non è vero, il tempo le guarisce solo se sei tu a volerlo, solo se tu riesci a fa sì che quei ricordi restino davvero nel passato e che non abbiano alcuna influenza per il futuro.
Ma se invece non fosse così, se invece quei ricordi si amalgamassero con il tuo essere, allora potrebbero passare anche vent'anni ma quelli resteranno ancorati tenacemente a te, senza la volontà di andarsene.
Il tempo è soltanto un mezzo, dipende solo dalla persona in questione e da quanto sia disposto a far valere quei ricordi nella sua vita.E io con quei ricordi mi ci sono ucciso, ho lasciato che mi distruggessero, che mi annientassero, ma va bene così, va bene finché sei con me anche solo nella mia memoria, piuttosto che eliminarti definitivamente, ché tanto non ne sarei capace.
***
«Allora Harry, hai voglia di parlare dell'incontro che hai avuto qui con Heisel? Ovviamente non voglio sapere cosa vi siete detti, quello deve rimanere tra voi due, è una cosa vostra; vorrei sapere soltanto gli effetti che ha avuto su di te, sempre se ci siano stati. E come ti sei sentito, come ti senti ora.»
Deglutii e puntai lo sguardo altrove.
Improvvisamente i miei stivaletti divennero molto interessanti da osservare.
Lui sapeva che io avevo bisogno dei miei tempi, specialmente se si trattava di lei, non riuscivo a parlarne facilmente.
Così dopo avermi posto la sua richiesta, aspettò pazientemente che io rispondessi, senza mettermi fretta; gli fui grato per questo.«Non me l'aspettavo,» esordii.
«Dopo due anni di buio totale non avrei mai pensato che avrei avuto l'occasione di poterla rivedere, di poterle parlare, soprattutto in un contesto così inusuale. È stato strano.» Commentai. L'uomo davanti a me annuì, appuntandosi qualcosa sul suo quaderno come fa a ogni seduta.«Strano in modo positivo o negativo?»
«Entrambi.» Stavolta risposi senza esitazione, perché era vero, era così.
Poterla avere di nuovo davanti ai miei occhi mi ha aggiustato e distrutto allo stesso tempo, mi ha ucciso e ricucito nello stesso istante.
La mia anima si è divisa fra due sensazioni nettamente differenti, che però, appena osservavano la figura di Heisel, entravano in collisione, si univano e si amalgamavano alla perfezione.
Ed è per questo che non riesco a stare al passo con me stesso.
Non riesco a capirmi.
Non riesco a capire ciò che voglio e ciò che sento davvero.
È tutto un contrasto, un mix letale che mi logora piano piano, che mi infetta dolcemente.
Un cuscino morbido con dentro tante spine.«Mi ha fatto bene e male allo stesso tempo. Ho realizzato concretamente quanto la sua assenza mi abbia fatto male in tutto questo arco di tempo. Ho capito veramente quanto mi fosse mancata, nonostante forse non riuscissi ad ammetterlo a me stesso, mi mancava così tanto. Mi sono sentito di nuovo vivo, con lei, ad abbattere tutte le mie barriere e ad eliminare finalmente i miei dubbi, ero spoglio, ma me stesso.» Spiegai. Lui sembrava quasi senza parole dal mio discorso, come se avesse la gola prosciugata, e non sapesse cosa aggiungere, completamente spiazzato, forse non se le aspettava queste mie considerazioni; fatto sta che sembrava inghiottito da ciò che gli avevo rivelato.
«Ed è anche per questo che mi ha fatto male. Faceva male averla lì e non poterla stringere come desideravo, non poterla avere come una volta, eravamo due estranei aggrappati a un passato comune, ma che forse ora non si appartengono più. Forse ora non abbiamo più niente in grado di tenerci insieme, non abbiamo nulla che ci tiene uniti. Ed essere consapevole di ciò è fottutamente orribile. Preferirei una pugnalata piuttosto.» Ammisi.
Le tempie mi pulsavano e mi girava la testa, le mie dita picchiettavano meccanicamente la superficie di legno del tavolo che separava me dal mio psicologo.
Vorrei andarmene, ne sono intensamente tentanto.
Voglio tornare a casa e vomitare.
Buttare via tutti i casini che mi circondano, tutte le delusioni che fanno parte di me, vorrei soltanto gettarle e farle risucchiare.
Sono semplicemente stufo e dire ad alta voce quello che ho provato, non mi ha aiutato, non questa volta.Di solito quando mi sfogavo con lui, alla fine della seduta mi sentivo sempre più leggero, più libero e riuscivo ad affrontare la giornata non dico con spensieratezza ma con un pizzico di energia sì.
Adesso invece mi sembra solo di morire.
Le parole uscite dalle mie labbra equivalgono a un vero e proprio suicidio.
Lettera dopo lettera hanno formato una corda che lentamente ha circondato il mio collo e alla fine lo ha stretto, uccidendomi.«Harry, ti senti bene?» Fu solo un suono ovattato quello che avvertii, una voce soave, che mi sembrava lontana centinaia di chilometri da me, quando invece si trattava solo di qualche centimetro.
Alzai lo sguardo sul mio psicologo, il quale ora si è raddoppiato, vedevo due psicologi.
Oh no, a me uno ne basta e avanza.
Gli psicologi si alzarono e mi venirono incontro, io li guardai accigliato, cosa volevano ora?
Perché le loro labbra si sono mosse ma io non ho sentito nulla?
Perché dalle loro labbra non è uscito alcun suono? Non riuscivo a capire.
Scossi la testa e mi presi i capelli, tirandoli.
Chiusi gli occhi e dissi loro di smetterla, dissi loro di parlare ma ancora una volta non mi risposero.
Perché facevano così?
La testa continuava a pulsare ininterrottamente, senza sosta, il respiro attimo dopo attimo mi si spezzava sempre di più in gola, mi sentivo soffocare.
Che mi stava succedendo?
E perché i due uomini non mi aiutavano?
Non riuscivo ad aprire gli occhi.
Faceva troppo male spalancare le palpebre; mi faceva male anche solo a pensarlo.Poi non lo so cosa mi accadde, so solo che il mio respiro si infranse definitivamente e i miei muscoli persero completamente ogni funzione e ogni energia, il mio cuore non aveva i soliti ritmi e il sangue non pompava nelle vene a dovere.
E il buio che in quel momento si stava impossessando di me, era un buio che non riconoscevo, completamente differente da tutti gli altri.
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L'arte di lasciare andare
Short Story[ COMPLETA ] Non avevamo più alcuna barriera a dividerci. Eravamo nudi e vulnerabili. Inermi e fragili. Ma eravamo insieme. «È che eravamo incastrati tra un addio e un volerci ancora.» SEQUEL DI INCHIOSTRO SULLA PELLE. Cover: @elvquence #53 su stori...