«'Cause I don't know how we
How we got so far, you and me
Almost like there's oceans between us, us
So I need to knowCould you carry me?
Back into your heart again
Could you carry me?
Right into your distant hands
Could you carry me?
Right back where we started from
Could you carry me?»— Carry me, Julia Michaels ft. Kygo.
Il campanello suonò e il mio cuore perse un battito.
Rilasciai un sospiro pesante e, dopo essermi aggiustato la maglietta ed aver passato la mano sui capelli, mi avviai alla porta e la aprii.
Inevitabilmente sorrisi di fronte a ciò che avevo davanti.
Vidi i suoi occhi illuminarsi e le sue labbra contrarsi in uno splendido sorriso.«Ben arrivata.» Le dissi, lasciandole lo spazio necessario per entrare.
«Grazie.» Rispose, lasciandomi un leggero bacio sulla guancia.
Indossava una camicia bianca di seta, che aveva messo dentro i pantaloni neri, e degli stivaletti neri con un po' di tacco.
Il trucco leggero ma visibile, le labbra colorate di rosso bordeaux.«Mi piace molto la tua casa.» Esordì, osservandosi intorno.
«Non è niente di che. Ma per viverci da solo, mi trovo più che bene.» Ammisi.
«Da quanto tempo vivi qui?»
«Sei mesi all'incirca.»
«L'hai arredata davvero bene.» Replicò.
«Tutto merito di mia madre.» Rise a quella affermazione perché sapeva benissimo che io non ero bravo in queste cose, ma soprattutto che quando si trattava di decorare o altro, ero pessimo e di voglia ne avevo sempre poca.
«Dovevo immaginarmelo.»
«Tu? Vivi ancora con i tuoi?»
«No, non più. Mi sono trasferita due anni fa in un appartamento vicino all'università e devo dire che mi trovo bene.» Sapevo quanto si sentisse in trappola con i suoi genitori, erano delle brave persone, ma a volte non capivano che lei aveva semplicemente bisogno dei suoi spazi e sono contento che l'abbiano lasciata andare e che le abbiano fatto vivere la sua vita.
«Ne sono contento. Dai andiamo che la cena si raffredda.» Le feci l'occhiolino e la scortai fino al tavolo apparecchiato.
Non ero abituato a passare una serata con lei senza drammi, senza litigi, senza discussioni.
Ma semplicemente noi due, a parlare liberamente — che di cose ne avevamo da raccontarci — e senza freni.
Credo che ne avevamo bisogno.
Questa volta è stato completamente diverso, perché nello studio del signor Donnovan inizialmente dovemmo superare lo shock dell'esserci incontrati dopo due anni; mentre questa volta eravamo consapevoli entrambi di questo incontro.Ci eravamo persi così tante cose l'uno dell'altro.
Tanti avvenimenti o piccoli aneddoti che non sapevamo e in una sera abbiamo provato a recuperare e a tappare qualche buco.«Oddio... ma sono le due, Harry!» Sussurrò al mio fianco, io scrollai le spalle indifferente, a me non cambiava nulla.
Starei giorni e giorni a parlare con lei senza stufarmi, senza avere la minima intenzione di andarmene.«Puoi restare qui quanto vuoi, te l'ho detto. E poi mi stavo divertendo a sentirti parlare delle tue famosissime figure di merda. Ci vuole talento nel compierle, sai.» Immediatamente mi diede un pugno sul braccio che non fece altro se non farmi ridere ancora di più; lei sbuffò ma non fu difficile intravedere un sorriso che scalciava per uscire fuori.
«Beh, è vero. È una cosa per pochi.» Aggiunsi.
Ci trovavamo nel piccolo giardino di casa mia, seduti sull'erba, con solo il rumore del vento a farci compagnia.
La brezza di inizio Giugno ci permise di non sentire freddo, nonostante fosse notte inoltrata.«Smettila! Non ti racconto più niente che poi mi prendi in giro a vita.» Borbottò fingendosi offesa.
Le cinsi un braccio intorno alle spalle e avvertii un leggero, minimo, irrigidimento da parte sua, forse non se lo aspettava.
Era quasi impossibile notarlo, ma io di lei non mi faccio sfuggire nulla.Me la ricordo ancora, quando era solo una ragazzina — la mia ragazzina — di sedici anni, così ingenua ma determinata e testarda a modo suo.
E chi riesce più a dimenticarsela, una così?
Una ragazza che mette tutta se stessa in ogni cosa che fa, che si prende a cuore tutto, che ama con ogni sua cellula, che dà sempre tutto anche senza pretendere di ricevere nulla in cambio.
Come puoi anche solo provare a dimenticarla?
Come puoi anche solo resisterle?Una ragazza a cui le brillano gli occhi quando ti vede, che ti stringe come se fossi l'unica cosa importante di questo modo, che ti bacia come se fossi tutto ciò per cui valga la pena vivere, che fa l'amore con te come se non esistesse nessun altro, facendoti capire che non avrebbe bisogno di nient'altro per vivere.
E io non lo so, non lo so se questa ragazza esiste ancora, se è la stessa che si trova seduta accanto a me, o se, per colpa mia, è morta.
«A cosa pensi?» Mi chiese interrompendo i miei pensieri, dissolvendo la collezione di ricordi che all'improvviso si era presentata nella mia mente.
Avvertivo il suo sguardo su di me, ma ero ancora destabilizzato e non riuscivo a osservarla come avrei voluto, non mi fidavo di me stesso, ma soprattutto ero a conoscenza del fatto che anche se non me l'avesse mai fatto notare io sapevo che lei riuscisse ad interpretare ogni mia espressione, ogni mia reazione.Perché non sono solo le donne ad essere vulnerabili.
Anche gli uomini ce li hanno, i sentimenti.
E credetemi se dico che, sono proprio loro, alla fine dei conti, ad essere più deboli delle donne.«A nulla in particolare.» Scrollai le spalle e alzai il capo osservando la mezzaluna che in quella notte illuminava il cielo.
O meglio, uno spicchio di luna.
Mi sentii quasi ipnotizzato, una volta che posai lì i miei occhi, avvertii le mie membra aggrovigliarsi all'istante e non potei far altro che paragonarmi a quella luna che, pazientemente, aspettava di completarsi.
A quella luna che teneva ancora celato tutto ciò che avrebbe potuto mostrare di se stessa.Mi voltai appena e notai che anche Heisel aveva incatenato i suoi occhi alla luna e, con una mano, stringeva forte la sua spalla destra.
Aggrovigliò con una presa stretta tutto il tessuto che si trovava lì e affondò le dita su quella spalla.Non capii il motivo di quel gesto e, forse, non avevo neanche il diritto di saperlo.
Sapevo solo che, in qualche modo, anche lei stesse pensando la stessa cosa.
In qualche modo, anche lei si sentisse proprio come mi sentivo io.E fu in quel momento che rividi la stessa luce nei suoi occhi, la stessa luce di tanti anni fa, la stessa luce che mi aveva fatto innamorare.
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Non dimenticatevi di quest'ultima parte del capitolo, che è molto importante e tornerà!
Fatemi sapere cosa ne pensate, ci tengo molto!
Da ora in poi aggiornerò più regolarmente.Un bacio e a presto xx
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L'arte di lasciare andare
Short Story[ COMPLETA ] Non avevamo più alcuna barriera a dividerci. Eravamo nudi e vulnerabili. Inermi e fragili. Ma eravamo insieme. «È che eravamo incastrati tra un addio e un volerci ancora.» SEQUEL DI INCHIOSTRO SULLA PELLE. Cover: @elvquence #53 su stori...