V. Vivamus mea Lesbia, atque amemus

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Vivamus mea Lesbia, atque amemus,

rumoresque senum seueriorum

omnes unius aestimemus assis!

soles occidere et redire possunt:

nobis cum semel occidit breuis lux,

nox est perpetua una dormienda.

da mi basia mille, deinde centum,

dein mille altera, dein secunda centum,

deinde usque altera mille, deinde centum.

dein, cum milia multa fecerimus,

conturbabimus illa, ne sciamus,

aut ne quis malus inuidere possit,

cum tantum sciat esse basiorum.



Viviamo, mia Lesbia, e amiamo

e le chiacchiere dei vecchi troppo severi

consideriamole tutte soltanto moneta senza valore

I giorni possono tramontare e risorgere:

noi, una volta tramontata la nostra breve vita,

siamo costretti a dormire una notte eterna.

Dammi mille baci, e poi cento,

Poi altri mille, poi ancora cento,

poi mille di seguito, e poi cento.

Poi, quando ne avremmo raggiunto molte

migliaia, le rimescoleremo, per non sapere

quanti sono, o perché nessun maligno possa

gettarci il malocchio, sapendo quanti sono i baci.


SPEIGAZIONE

Nel carme 5 del Liber catulliano assistiamo al trionfo dell'amore tra Catullo e Lesbia; anzi, nell'ordinamento dell'opera, è questo il primo componimento che celebra la forza delle passioni in maniera spensierata e gioiosa (con toni antitetici a quelli, ad esempio, del ). La poesia si costruisce così su due perni fondamentali: la celebrazione dell'equazione vita-passione - così che le critiche dei benpensanti siano da paragonarsi ad un assis, cioè ad una moneta di pochissimo valore - e la consapevolezza della fugacità dell'esistenza: se quest'ultima è breve come un giorno, allora conviene non perdere nemmeno un istante di possibile felicità.

Il corpo centrale del testo è allora occupato dall'accumulo dei baci scambiati con Lesbia, che il poeta si diverte a contare ed enumerare sotto forma di elenco. Il tutto si risolve, negli ultimi versi, nella "beffa" nei confronti di chi augura il peggio ai due amanti felici: Catullo e Lesbia gettano all'aria le somme dei baci, per non far sapere a nessuno quanti essi davvero siano.

Dal punto di vista stilistico, il carme 5 si caratterizza per uno stile semplice e colloquiale, come se si trattasse di un invito, un po' scanzonato, rivolto a Lesbia stessa: si noti l'uso dei congiuntivi esortativi (v. 1: "Vivamus [...] atque amemus") e dell'imperativo (V. 7: "Da mi basia mille"), la scelta di termini tipici del parlato (v. 7: "basia", l'esclamazione al v. 3) alternati a termini tecnici o specialistici (v. 11: "conturbabimus"; v. 12: "invidere"), il ricorso ad una sintassi piana e costruita prevalentemente per paratassi , in cui è rilevante il ricorso alla figura retorica dell'anafora


Liber- Gaio Valerio CatulloDove le storie prendono vita. Scoprilo ora