I. Cui dono

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  Cui dono lepidum novum libellum

arida modo pumice expolitum? 

Corneli, tibi: namque tu solebas 

meas esse aliquid putare nugas 

iam tum, cum ausus es unus Italorum 

omne aevum tribus explicare cartis 

doctis, Iuppiter, et laboriosis. 

quare habe tibi quidquid hoc libelli 

qualecumque; quod, o patrona virgo, 

plus uno maneat perenne saeclo.  




A chi dedicherò questo libretto?

nuovissimo e prezioso, ancora lucido

di pietra pomice? A te, Cornelio,

che alle piccole mie cose dai valore

fin da quando, tu solo, osavi mettere

in tre pesanti dottissimi tomi

tutta, mio dio, la storia universale.

Per quel poco che vale, il mio libretto

consideralo tuo. E tu, musa, 

concedi a questi versi lunga vita.




SPIEGAZIONE 

  Il primo carme, proemio del liber catulliano, è una dedica all'amico Cornelio Nepote (100 ca. - 27 ca. a.C.), suo conterraneo e autore di una storia universale per noi perduta intitolata Chronica, oltre che della più nota raccolta biografica De viris illustribus. Cornelio era anche un estimatore di poesia e aveva incoraggiato a comporre versi, che il poeta chiama nugae, ovvero "cose da poco". Con questo termine egli indica con professione di modestia la sua produzione leggera e poco impegnata, ma al tempo stesso prende velatamente di mira la e polemizza con chi, come , denigrava il nuovo modo di comporre dei poetae novi. Del resto anche il diminutivo libellus suggerisce che la sua opera non è un pesante volume di molte migliaia di versi (cosa da evitare secondo Callimaco, poeta greco del III secolo che è uno dei modelli di Catullo), ma una composizione agile, accurata e rifinita nei dettagli (v. 1: "lepidum"; v. 2: "pumice expolitum").  

Liber- Gaio Valerio CatulloDove le storie prendono vita. Scoprilo ora