Primo capitolo.

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Primo Capitolo

Un raggio di sole filtrava tra le fessure aperte della finestra colpendogli il viso all'altezza degli occhi, si passò una mano sul viso sospirando: un'altra giornata era iniziata e neanche quella notte era riuscito a riposare a dovere. Ormai, dalla fine della guerra, molte cose gli risultavano difficili da fare; talmente complicate da non potervi credere: evitava di guardarsi allo specchio, creare nuove invenzioni per il negozio, dormire senza avere incubi, vivere senza sentirsi completo.
Le cose erano talmente tante, eppure ricordava perfettamente che in passato gli risultava semplicissimo compiere alcune di queste azioni, quando lui era al suo fianco. Sospirando nuovamente scostò le coperte dal suo corpo e si mise a sedere sul letto con i piedi scalzi poggiati sul pavimento gelido e quasi gli venne da ridere visto il paragone che stava per compiere tra il suo cuore e il pavimento: entrambi gelidi allo stesso modo.
Si stiracchiò sbadigliando e guardandosi intorno: la camera era un completo disastro tra panni sporchi, scarpe, scartoffie, scatoloni e tanto altro. Se sua madre avesse visto come era ridotto il suo appartamento avrebbe dato di matto. Sbuffando si alzò dando successivamente un'occhiata alla sveglia, segnava le sette e trenta, aveva giusto il tempo per farsi una doccia veloce e fare una colazione decente. Afferrò alcuni dei vestiti puliti presenti nell'armadio, della biancheria pulita e corse al bagno evitando accuratamente di guardarsi allo specchio. Aveva il terrore di farlo, al solo pensiero sentiva la terra mancargli sotto ai piedi, ma a volte era costretto a farlo e quando compiva questo gesto il suo sguardo era del tutto vuoto, spento, privo di ogni cosa. Mai si era immaginato di vedere i suoi occhi azzurri sempre allegri e accesi ridursi in quello stato pietoso.
Mai si era immaginato di vivere una vita simile, senza lui senza la sua metà accanto a lui. Aprendo il getto della doccia e perdendo qualche minuto per regolarlo si spogliò, quanto avrebbe voluto farlo anche con il suo dolore, spogliarsi di ogni dolore e sofferenza, di lavarsi via ogni male e ogni sensazione gelida, tutta l'apatia che l'aveva colpito in pieno petto.
L'acqua tiepida lo colpiva dolcemente sulla nuca massaggiandogliela, rimase immobile in quella posizione per qualche minuto prima di insaponarsi e risciacquarsi.
Uscito dalla doccia si posizionò dinanzi al lavabo con lo specchio, non osava alzare lo sguardo ma deglutendo lo fece, lentamente alzò il viso ritrovandosi a guardare i suoi occhi celesti ormai freddi, vuoti. Subito con lo sguardo mirò ai capelli rosso fuoco, che sulla sua carnagione chiara stonavano; erano cresciuti un bel po', abbastanza da coprirgli il lobo mancante. Si passò la mano sinistra sul viso, la barba gli stava ricrescendo, ma al momento poteva lasciarla ancora così. Con un colpo di bacchetta si asciugò e si rivestì velocemente andando in cucina, sempre con la bacchetta mise in ordine e si preparò una colazione veloce che in pochi minuti mandò giù.
"Andiamo" sussurrò a se stesso scendendo le scale dell'appartamento che lo portavano al negozio, al piano di sotto. Accese le luci, i colori e l'allegria del posto lo colpirono in pieno facendolo ridere nostalgico: quello era l'unico posto che, per alcuni minuti, lo faceva sentire di nuovo insieme a lui.
Girò il cartellino appeso sulla porta colorata del negozio mettendo ben in mostra la scritta 'aperto'.
"Diamo inizio anche a questa giornata" sussurrò tra le labbra per se stesso, incoraggiandosi, Ron sarebbe arrivato a momenti per dargli una mano in negozio. Da quando l'ultimo uomo della famiglia Weasley aveva lasciato la scuola - tra l'altro senza concluderla neanche lui - gli dava una mano per mettere da parte qualche risparmio prima di venir chiamato per seguire i corsi di Auror al Ministero della Magia. Tra il trio solo Hermione era tornata a scuola, dopo aver supplicato la McGranitt - nuovo Preside - per recuperare l'anno perso facendo accettare anche Neville e alcuni ragazzi di Corvonero, volevano comportarsi come se niente di tutto ciò fosse successo. Nonostante la giovane età ne avevano passate di tutti i colori, lui neanche poteva immaginare cosa avessero provato.
Il campanello posto sulla porta del negozio suonò facendolo girare "Alla buon'ora"  canzonò fingendo un sorriso al fratello minore, a quanto pare si era svegliato in ritardo, ciò era deducibile a causa di varie cose: la camicia messa male nei pantaloni e abbottonata male, i risvoltini del pantalone solo alla gamba destra, i capelli in disordine e la giacca al contrario "Scusa" borbottò solamente grattandosi la nuca "Va' al piano di sopra e sistemati, sei inguardabile Ronald" il ragazzo arrossì, proprio come quando era piccolo ed entrambi i gemelli gli facevano gli scherzi, sorrise ripensandoci mentre lo guardava andare nel retro del negozio.
Ormai conosceva alla perfezione gli orari dei suoi clienti: verso le dieci di mattina si sarebbero fatti vedere in negozio, per poi rimanerci un bel po' scambiando qualche parola con qualche altro coetaneo riempiedo il negozio di chiacchiericci e risate, risate vere e piene di vita.
Andò nel retro del negozio prendendo uno scatolone, doveva riempire gli scaffali e ciò preferiva farlo a mano, così da controllare ogni prodotto nel caso fosse stato in cattive condizioni o difettoso, prese una scala ed iniziò a sistemare "Fatto" disse Ron rientrando in negozio.
"Bene, oggi ti va di stare alla cassa?"
"Angelina non viene?" chiese Ron curioso mettendo la targetta con il suo nome sulla maglietta  "No, da oggi lavoreremo solo noi qui: è stata presa per giocare in una squadra di Quidditch totalmente al femminile"
"Oh, che bello, perchè non me l'ha detto?" George sospirò "Te l'ha detto, ma eri troppo concentrato a guardare male la Granger" il fratello minore non proferì parola "Okay, mi va bene, starò alla cassa. Ma comunque penso dovresti mettere un cartello con su scritto cercasi commessa" disse il piccolo puntualizzando la parola 'commessa'.
"Appena posso lo farò, magari dopo pranzo. E poi perchè commessa?" chiese George confuso.
"Vieni a pranzare da noi?" cercò di sviare il discorso "Sì, verrò alla Tana. E non sviare il discorso"
"Non sto svi-" il campanello sulla porta suonò, mettendo fine a quella conversazione "Sophie stai vicino a me, okay?" disse la voce gentile di una ragazza "Sì" rispose quella un po' più acuta, doveva essere una bambina.
Scese dalla scala per dirigersi verso l'entrata "C'è nessuno?" sulla soglia era ferma una ragazza dalla statura minuta e graziosa, tra le mani aveva uno splendido cesto di fiori freschi, riusciva a percepirne l'odore nonostante il metro di distanza tra i due; accanto a lei c'era una bambina dai capelli biondi vestita di rosa che si reggeva alla borsa, sul viso aveva un sorriso allegro e sdentato "Ciao, posso esserti utile?" chiese gentilmente avvicinandosi, la ragazza lo guardò per poi sorridere socchiudendo di poco le palpebre sugli occhi scuri come la pece "Sì, ecco... sono qui per portare questi" disse sollevando di poco il cesto, l'odore dei fiori si diffuse maggiormente "Ma non ho ordinato dei fiori"
"Ma un ragazzo dai capelli rossi ieri è passato in negozio dicendomi di portarli qui, questa mattina" ribattè lei, continuando a sorridere.
"Sono miei, li ho presi io, scusate!" bonfocchiò Ron correndo e inciampando quasi in uno degli scherzi situati sul pavimento facendo sorridere la piccola "Grazie per avermeli portati fin qui, nonostante il negozio sia lontano"
"Tranquillo, tanto dovevo passare anche per motivi personali a Diagon Alley, per me è stato un piacere" nonostante avesse i lineamenti del viso spigolosi ciò la facevano somigliare molto alle fate che i babbani tanto immaginavano nei loro libri. Ne aveva vista qualcuna all'interno dei libri del padre che ha tenuto con tanta premura, gliele ricordava soprattutto per la lunga treccia nera poggiata sulla spalla destra "Adesso andiamo, grazie e buona giornata" prese la mano della piccola nella sua stringendola dolcemente "Saluta anche tu, Sophie" la piccola annuì "Grazie e buona giornata!" per poi girarsi sorridente e andare verso l'uscita.
"Buona giornata a voi" dissero in coro i due fratelli sorridendo e facendo sentire strano George: nessuno diceva la sua stessa cosa, nello stesso momento, da quando lui non c'era più.
"Carina, no?" disse Ron rompendo il silenzio, George alzò gli occhi al cielo "Che devi fare con questi fiori? Chiedere scusa alla Granger?"
"Non sono affari tuoi" borbottò facendolo ridere, era così prevedibile il piccolo Ron.
"Perchè avete litigato?" Ron sospirò, stava per dirglielo "Perchè lei ha deciso di tornare ad Hogwarts mentre io ho preferito i corsi da Auror"
"Ti va di spiegarti meglio?" chiese sinceramente curioso.
"Da quando t'interessa della mia vita sentimentale?" Geore ridacchiò "Mi sono sempre interessato alla tua vita sentimentale, sembra uno di quei romanzi che alla mamma piace tanto leggere"
"Non sei simpatico"
"Oh, invece lo sono" il campanello sulla porta d'entrata del negozio li interruppe nuovamente "Dopo ne riparliamo"
"Okay, okay, va bene"

"No, mamma, tranquilla, non ho bisogno della cena"
"Ma George caro, guardati, sei dimagrito tantissimo, dovresti mangiare qualcosa"
"Mamma, mangio in abbondanza ogni giorno, che sia colazione, pranzo o cena. Davvero, sii tranquilla, okay?" la donna lo guardò con sguardo implorante, come se quella piccola richiesta da lei fattagli fosse una questione di vita o di morte. Rassegnato chiuse gli occhi abbassando il capo, poi sospirò tornando a guardarla "Okay, va bene, passerò a prenderla appena chiudo il negozio quindi non osare aspettarmi per cenare. Intesi?" la donna gli sorrise per poi lasciargli un bacio sulla guancia. Da quando lui era morto era diventata molto più affettuosa, molto più comprensibile, più aperta con lui e il resto dei figli. La Granger diceva che era un gesto normale da parte sua: il dolore veniva tamponato cercando di amare e di stare il più possibile accanto al resto dei figli, soprattutto con George visto che lui era il suo gemello.
"Ti voglio bene, mamma" la donna quasi si commosse gettandogli le braccia al collo, in quel momento sentì una piccola scheggia del suo cuore risanarsi grazie a tutto l'amore materno che stava ricevendo in quel momento, a causa di tutto quel calore non solo fisico ma anche interno.
"Ora vado, ci vediamo più tardi" disse poi lasciandola da sola, non aveva altro da aggiungere, corse via Smaterializzandosi dal giardino de La Tana per tornare al suo lavoro.
Alla solita routine. Alla solita vita.
Ad una vita senza lui, senza la sua metà, senza Fred.

Ebbene sì, vi pubblico in anticipo il primo e vero capitolo della storia. Al momento sono ferma al secondo e in procinto di scrivere il terzo. Questo caldo mi sta facendo perdere le forze per riuscire a completare un capitolo in modo dignitoso entro cinque/sei giorni.
Ma tranquille/i, la storia andrà avanti, non sono il tipo di persona che le abbandona. Dovrete avere solo un po' di pazienza, tutto qui.
Grazie a chi la legge silenziosamente e chi, invece, esprime il proprio entusiasmo, idee e correzioni sotto i capitoli.
Vi voglio bene 🌸

Le cicatrici del cuore - George Weasley Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora