L'abito della tortura

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37. L'abito della tortura 

Feilong venne spinto su per delle scale di cemento da Feng, con al seguito altre due guardie.

-Levami le tue luride mani di dosso, schifoso traditore!- fece Feilong (in cantonese), quando lo spinse ancora lungo un corridoio.

-Silenzio.- Feng, ora ch'erano soli, poteva prendersi i suoi lussi, così lo afferrò bruscamente per i capelli, scuotendolo appena.

-Aaah!- gemette Feilong, afferrando il polso con cui Feng lo stava strattonando lungo il corridoio.

-Lasciami i capelli!- gridò.

Feng aprì una porta del corridoio stretto e lungo, tappezzato con dei quadri, e gettò nella stanza il ragazzo, che quasi cadde a terra perchè venne spintonato bruscamente.

Feilong sentì la mano di Feng lasciarlo andare. Si passò una mano tra i capelli, dopodiché guardò la stanza, essendo l'atmosfera cambiata: da spoglia e grigia, era diventata quasi accogliente. C'era un tappeto per terra e un letto contro la parete. V'erano quattro poltrone attorno ad un tavolino e, alle finestre, spesse sbarre nere.

Feng entrò e chiuse dietro di sè la porta:
-Entrate quando ve lo dirò io.- disse agli altri due cinesi.

Feilong guardò An andare ai piedi del letto, dov'era posata una scatola chiusa:
-Sai, Feilong...- iniziò, in cantonese la talpa.

-... sei un lurido bastardo.- disse, aprendo lentamente la scatola, dando tranquillamente le spalle a Liu.

-Sei uno sporco traditore, Feng.- ribattè Feilong.

-Su ciò non ci sono dubbi: siamo entrambi delle brutte persone, ma, dimmi, chi di noi due è il peggiore?- An aprì il coperchio della grande scatola, mostrando dei sottili veli di carta per proteggerne il contenuto.

Feilong iniziò a preoccuparsi: cosa c'era in quella scatola?

-Sei rimasto impassibile davanti al dolore dei miei fratelli. Miki-san forse ha ragione: i seguaci di una setta non sanno di esserne gli schiavi.- Feng alzò i veli.

-Co... cosa c'è in quella scatola?- domandò Feilong, cercando di sporgere lo sguardo appena sopra la spalla di An per vedere cosa stesse facendo.

-Ma Miki-san ha ragione su molte cose: il tuo stato sociale, per ora, è più alto del nostro, quindi occorre abbassarlo. Ti umilieremo fino alla morte, Feilong.- Feng si voltò e, tra le mani, aveva uno changshan* nero dai disegni bianchi, fatto sicuramente a mano e molto lungo, elegante.

Feilong si sentì gelare:
-Quello è... mio.- disse, guardando il vestito, sconvolto e spaventato.

-Già, è proprio tuo.- Feng aprì meglio il vestito, lasciandolo cadere lungo verso il pavimento, tenendolo dalle spalle per mostrarglielo bene.

-E sai perchè l'ho portato qui?- domandò.

Feilong mosse un passo indietro, come se quell'abito fosse maledetto:
-N... no, non lo so.- ammise.

-Sforzati, stupido.- rispose Feng, con un diabolico sorriso.

-Perchè avrei dovuto prendere questo vestito e portarlo a Tokyo? Prova a riflettere.- aggiunse.

Liu scosse appena la testa, facendo un altro passo indietro:
-Non lo so, Feng, davvero, non lo so.- ripetè.

-Questo è l'abito che indossavi quando, come niente fosse, guardavi i tuoi uomini che picchiavano a sangue mia sorella.- rispose Feng, con ancora il controllo di se stesso tra le mani.

Feilong tremò: sì, Feng doveva aver assistito alle torture dei fratelli.

-I... io...- mormorò.

-Cosa? Sei rimasto impassibile davanti alle sue grida. Il cielo solo sa cos'altro i tuoi uomini le hanno fatto.- sibilò Feng, facendo un passo in avanti.

Feilong guardò la porta: non poteva rischiare la fuga, era troppo pericoloso.

Feng gli lanciò addosso il vestito:
-Mettitelo.- ordinò.

Liu alzò lo sguardo sull'altro cinese:
-C... come?- domandò.

-Ho detto: mettitelo.- ripetè Feng, poi chiamò le altre due guardie, che entrarono ridacchiando tra di loro, con in mano una videocamera.

-N... no.- fece Feilong: ecco cosa intendevano per umiliare.

-Mettiti quel vestito.- ripetè Feng, poi, isterico e d'improvviso, urlò:
-Mettitelo!-

Feilong sussultò e sentì gli occhi riempirsi di lacrime. Lentamente, si sfilò le scarpe, poi le calze, sotto le riprese attente degli altri due uomini di Feng. Alzò poi le mani per sbottonarsi la giacca, sfilandosela lentamente, umiliato fin nel profondo. Passò poi alla camicia, lentamente, per provare ad evitare l'inevitabile. Fece poi per infilarsi il vestito, ma Feng lo bloccò:
-Abbiamo tutto il completo.- e tirò fuori dalla scatola i pantaloni da indossare sotto l'abito lungo, più le scarpe. Glieli lanciò e lo guardò mentre si toglieva anche i pantaloni del completo nero, infilandosi poi l'abito e solo dopo i pantaloni e, infine, le scarpe.

Feng sogghignò:

-Ed ecco a voi Liu Feilong.- disse e le due guardie esultarono, ridendo e zoomando sul viso umiliato e quasi arreso di Feilong.

In quel mentre, bussarono alla porta: era un uomo di Isao.

-Feng-san, Isao-san dice che la videoconferenza tra voi e Miki sta per cominciare. Ha finito qui?- domandò.

-Sì, arrivo.- Feng andò alla porta, lasciando uscire prima le due guardie/cameramen.

-Non creare problemi, ti conviene.- ammonì.

-Aspetta.- Feilong mosse un passo in direzione della porta:
-Devo parlare con il tuo capo.- disse.

-Non sei nella condizione di negoziare, Feilong. Rimarrai qui finchè Miki-san e il boss non avranno pattuito un accordo. Dopo toccherà a te, forse.-

-Ma Isao ha detto che il tuo capo deve parlarmi.- disse Feilong, sorpreso: se non poteva nemmeno parlare con il capo di Feng ed Isao, significava che le speranze diminuivano.

-Si sarà sbagliato. Non fare casini o ti imbavagliamo.- Feng uscì dalla stanza.

Feilong, appena la porta si chiuse, sentì la serratura scattare. Sospirò e tremò appena: che umiliazione... Spogliarsi sotto una telecamera e vestirsi.

Ovviamente, però, l'umiliazione ancora non era finita.


* Abito tradizionale cinese, maschile (per intenderci: sono gli abiti che indossa Feilong quand'è ad Hong Kong)

Una persona dannatamente carismaticaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora