Capitolo 7

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Uscii in balcone a prendere una lunga boccata d'aria. L'odore di sangue e unguenti medici che sono costantemente utilizzati per curare il mio compagno, invadevano prepotentemente la stanza; rendendo impossibile anche solo per un secondo, riuscire a fuggire da quella dolorosa realtà. Più è più volte provai anche solo a sfiorarlo, ma delle piccole scosse mi invadevano, percorrendo tutto il braccio. Avevano solo un significato. Ci rifiutava. Il suo lupo non ci voleva. Il mio, urlava addolorato da giorni. Lui non mi riconosceva come suo compagno.

Mi sentivo sempre più stanco, senza forze, né fisiche, né mentali. Non avrei voluto separarmi mai da lui, ma ogni tanto Geremy qualcun altro del branco mi costringevano a mangiare qualcosa e dormire un paio d'ore. Lui era troppo importante per me; per lasciarlo solo troppo a lungo. Non potevo capacitarmi del fatto che anche da incosciente avesse così tanta paura, da non capire chi fossimo noi; per lui. Tanto da tenerci fuori. Riuscii solo a volte e solo in parte a sentire quello che era il suo dolore, questo perché il legame non era completo. Dopo quella prima volta, non pensai più di curarlo, sarebbe impossibile. Me lo ripetevo come un mantra per ricordarmi di non fare nulla di avventato che potesse in qualche modo ferirlo ulteriormente. Inoltre ero certo che non me lo avrebbe permesso e anche per questo, io e il mio lupo, soffrivamo. In silenzio. È un dolore che non ci abbandonava mai. In ogni istante pensavamo a lui. Desideravamo così tanto avere la possibilità di incontrare finalmente la nostra metà, ma non avrei mai, neanche lontanamente, pensato potesse accadere in questo modo.

Volsi lo sguardo alla luna e come ogni notte, da quando trovai il mio compagno, pregai. Pregai per lui, che potesse svegliarsi. Pregai affinché il mio lupo potesse trovare un pό di pace. Pregai per me, chiedendo alla madre luna, che tutte le mie preghiere fossero ascoltate. Abbassai il volto, sconfitto; le lacrime che ripresero a scorrere silenziose. Ormai non cercavo più di contrastarle. Lasciai che il dolore mi invadesse e che con le mie lacrime, scivolasse via. A passi lenti raggiunsi la poltrona posta accanto al letto, sedendomisi sopra con un piccolo tonfo. Poggiai i gomiti sui braccioli, la schiena sullo schienale e volgendo un ultimo sguardo al mio piccolo lupetto, mi addormentai.

Urlo di morteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora