43. Spero solo che non mi sia venuta la gobba.

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Il suo sguardo sveglia dentro di me sensazione che non ho mai provato. Nemmeno quando stavamo insieme. Sento le gambe formicolare e una strana fitta al basso ventre, strana ma piacevole. Chiudo le gambe per affievorirla ma è peggio.

Vorrei perdermi nei suoi occhi, dimenticare tutto e far entrare di nuovo in contatto le nostre labbra, ma il cuore questa volta non deve vincere.

Se potessi me lo farei asportare. Lo getterei in acque oscure, lo farei mangiare dagli squali e quel che ne rimarrebbe lo venderei al mercato nero.

Chiaro, preciso e puntuale.

-Abigail.-

La barba che ha sul volto lo rende molto più grande. Per non parlare dello smoking che indossa e di quella cravatta viola. I suoi capelli sono stati tirati indietro con del gel e il suo profumo è rimasto invariato. Lo adoro.

-Aaron.- dico fredda. Lo guardo proprio come farebbe una vera stronza: dall'alto in basso, con aria di superiorità. Per fortuna questi tacchi mi permettono di farlo.

-Come stai?- chiede con voce roca.
Smetto di guardarlo per versarmi altro champagne. È buonissimo e quel frizzantino mi solletica la gola. Potrei berne a litri.

-Cosa vuoi?-

-È maleducazione rispondere ad una domanda con un'altra domanda.-
La rabbia mi sta ribollendo dentro, carica a mille e fumante.

-Se vogliamo entrare nell'argomento maleducazione, mio caro Aaron Mccharty, è poco idonea e per niente rilevante la tua presenza qui quest'oggi. Soprattutto dopo lo scompiglio che hai creato nella mia vita.-

Sembra non aver sentito poichè risponde con tutt'altro argomento.

-Non ti dona per niente il rosso. Perché hai cambiato colore di capelli?- Il suo sguardo si rabbuia per un attimo.

Dobbiamo giocare al gioco delle domande?

-Non credo di dover dare spiegazioni a te.-

Giro i tacchi e me ne vado, sorpassando un gruppo di signore euforiche per la nuova Gucci estiva, delle ragazze che commentano le foto di famiglia appese al muro e mia madre raggiante come non mai.

Provo a vedere dove possa essere Madison, ma non riesco ad intercettarla con lo sguardo. Lei e quel suo stupido pancino leggermente gonfio.

Non riesco ad odiarla più, anche se aveva una relazione con Aaron mentre lui l'aveva con me. Ora che so che in grembo porta mio nipote l'unica cosa che voglio è poter tenerlo al sicuro.

Assaporando quello che ho nel bicchiere, mi sento tirare per una mano.

Ma cosa...

Accidenti!

Improvvisamente sono in corridoio, rinchiusa fra il muro ed un corpo. Digrigno i denti, ringhiando come un fottuto cane.

Che gli venga un colpo!

-Cosa cazzo vuoi Mccharty? Devi smetterla di importunarmi. Io e te non siamo assolutamente nulla.- sputo acida.

Lui mi guarda fisso negli occhi. Solo ora mi rendo conto che la lucentezza che vi era una volta, quella splendida luce abbagliante, non c'è più.

-Io voglio parlarti.- Sillaba ogni singola parola.

-Io no. È il compleanno di mia madre, non voglio che tu possa rovinare un giorno così speciale per lei. Metti da parte i tuoi sensi di colpa tra l'altro inutili e fatti una cazzo di vita.-

Mi tiene i polsi in alto e per questo le braccia cominciano a dolermi insistentemente. Ma non cedo io. È lui quello che devo farlo.

-Quindi tu non provi più niente per me?- sembra scioccato e amareggiato.

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