Day 22

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La prigione è diventata la mia casa.

Non avrei mai pensato di trascorrerci abbastanza tempo da definirla casa mia.

Il materasso non è così orribile. A dire il vero è davvero confortevole.

Aspetta.

Cosa sto pensando?

No!

La prigione non è casa mia.

Ho una casa. E mi sta aspettando. Ci ritornerò. Semplicemente ci vorrà un po’ più di quanto mi aspettavo. E questa prigione, questa cella, non sarà null’altro che un brutto ricordo.

E non la vedrò mai più.

Prendo un respiro profondo, poi rivolgo uno sguardo alla mia figura.

I vestiti sono sporchi. Non riesco a credere di star indossando le stesse cose da più di venti giorni.

La gonna è un po’ strappata e sporca. La camicia è completamente rovinata, tutti i bottoni andati, ma sono riuscita a sistemarla in qualche modo. Dovevo. Non avevo niente altro da indossare.

Le mie gambe sono disgustose. Troppo magre. Quanto peso ho perso esattamente?

E i miei capelli.

Faccio scorrere una mano tra di essi tutti i giorni, nella speranza che siano ricresciuti.

Non è così.

Sono ancora di quell’orribile lunghezza. Il modo in cui li hanno tagliati…

E le cicatrici sul mio corpo.

Guariranno mai fino a scomparire completamente?

Oh.

Un nuovo gioco.

Potrei contare le cicatrici sul mio corpo e cercare di ricordare come me le sono procurate. Questo dovrebbe tenermi occupata per almeno un’ora.

Mi guardo il polso e inizio.

Uno.

“Sei troppo calma.” La voce proviene dall’altro lato della cella.

Lo guardo sorpresa.

Il Professor Piton mi sta parlando.

Non abbiamo detto una parola fin da quando mi sono svegliata. Solo sguardi imbarazzati.

Ho dormito bene, sorprendentemente. Mi ci è voluto un po’ di tempo, ma sono riuscita ad addormentarmi. E questa è un buona cosa. Sono molto più rilassata ora. Molto più riposata.

Basti dire, che non prendo più il sonno per garantito.

Schiarendomi la gola, rispondo. “Io…sono calma.”

“Sì, l’ho notato.”

“Allora….qual’è il problema?”

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