Capitolo 11

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Blu era il cielo. Le nuvole scure annebbiavano l'azzurro e nascondevano anche i rumori. Melody iniziò a tremare. Vestiti leggeri, che errore aveva fatto! Si diede molte volte della stupida.
Il vento fischiava forte e la temperatura si abbassava. Melody cercò di riscaldare il corpo muovendosi senza fermarsi. Si fermò quando sentì la prima goccia caduta sulla sua pelle. Era trasparente e  fredda. Poco dopo le gocce caddero una dopo l'altra con ritmo sempre più veloce. Melody aprì la bocca e bevve qualche goccia d'acqua. Il sapore di secco finalmente se ne andò dalla sua bocca. Ma adesso c'era troppa acqua. La pioggia diventò più forte. Melody cercò una speranza in quella montagna. In effetti non l'aveva neanche guardata bene. Corse intorno al monte perlustrando ogni piccolo dettaglio. E la trovò. Una caverna era scavata all'interno della roccia e dentro era inghiottito dal buio. Melody entrò subito mentre la pioggia diventava tempesta. Melody, tutta bagnata fradicia, si accasciò per terra raffreddata. Tolse il violino e l'archetto per terra. Adesso però doveva asciugarsi altrimenti avrebbe preso un malanno. Pensò a un fuoco. A un bel fuoco caldo che scoppiettava allegro che la riscaldava. Il pensiero venne così velocemente che subito delle fiamme si accesero vive accanto a lei. Per qualche secondo rimase stupita di se stessa. Se era così facile allora doveva stare molto attenta. Avvicinò le mani al fuoco e sentì immediatamente il calore che emanava. Il fuoco danzava docile e spesso si protendeva da una parte seguendo il vento che soffiava gelido. Melody fece respiri di sollievo mentre pian piano i suoi vestiti si asciugavano. Chiuse gli occhi per la stanchezza. Era stata una giornata faticosa. Dedicò i suoi ultimi pensieri di quel giorno a George, Liù, Geremia, zia Adriana, Clara...
I tuoni squarciavano il cielo e i fulmini irrompevano tuonando. Melody cadde in un sonno profondo. Ne aveva visti e sentiti di tutti i colori in quei pochi giorni. Eppure il gracchiare del corvo non lo sentiva.

Liù rabbrividì sentendo un altro tuono. A lei le tempeste non erano mai piaciute, non per un'essere fatata come lei che viveva col sole e il caldo. Sprofondò nelle calde coperte e cercò di pensare positivo. Ma le era impossibile. Si girò, con la testa verso l'alto, e fissò la tenda sopra di lei. Udì i respiri regolari di George.
Di scatto si alzò accorgendosi che mancava qualcuno. Strisciò silenziosa fuori dal suo giaciglio e vide George dormiente con accanto delle coperte disfatte. Si guardò attorno preoccupata e andò gattonando verso l'uscita. Sentì la tempesta farsi più debole e i tuoni affievolirsi. La luce della luna si scorse poco dopo quando il silenzio prese il predominio. Liù intravide qualcuno seduto ai confini della barriera di protezione. I suoi riccioli dorati brillavano nel buio insieme alle goccioline attaccate dappertutto che luccicavano come perle. C'erano le grandi tende vermiglie che coprivano quasi tutta la visuale di Liù. Ma lei riusciva ancora ad osservarlo. Come tutte le volte che restava muta a guardarlo dall'alto senza fare niente. Mentre lui cresceva, crescevano anche il suo rammarico e la sua tristezza. Di solito c'era la sua maschera che la nascondeva, la Liù allegra che scherzava su tutto. Ma in quel momento non riusciva più a nasconderla. I suoi occhi lucidi divennero malinconici e sul suo viso si vide solo tristezza. Restò a osservarlo come se quello le bastasse per vivere.
Come sempre aveva fatto.

Un urlo allucinante attraversò tutto il corridoio. Poi si spense. I passi del signore risuonarono andando verso il trono soddisfatti. La disperazione, la paura e il terrore se li cibava avidamente come un piatto prelibato e la pietà non l'aveva mai conosciuta. Dinanzi a lui il corpo inerme di un soldato con l'armatura blu veniva lentamente trascinato dalle sue guardie nere. Lo Stregone Nero fissò la sala completamente vuota e spoglia. Pensò alla fase successiva. La ragazza era brava. Era riuscita a imparare velocemente e adesso non era così lontana. Fece un ghignò divertito. Non lo sapeva, quella mocciosa, che era imprigionata in un campo di illusione dove non si può uscire. Lo aveva fatto apposta, aveva sentito la sua energia e l'aveva semplicemente attirata nel posto voluto. Era stato facile.
Un servò sbucò dal buio e si inchinò.
-Signore, la ragazza è ancora nella montagna- lo Stregone sorrise e si alzò facendo strisciare il lungo abito nero che indossava. I suoi lineamenti spigolosi tornarono seri.
-E gli altri scocciatori?- domandò lui.
-Ancora alla base nemica- rispose diligentemente il servo. Il corpo esile sembrava che non reggesse. Alcuni segni di frustate si scorgevano dietro ai suoi abiti poveri.
-Bene. Hai altre notizie da riferirmi?- chiese di nuovo il signore. Il servo impallidì.
-Caius... non si trova... - sussurrò tremante mentre l'orrore riempiva la sua mente torturata. Il viso dello Stregone si contrasse e con lo sguardo lo fulminò arrabbiato.
All'istante il servo sentì un dolore atroce percorgliergli tutto il corpo. Si piegò in due con il viso contratto dal dolore. Poco dopo il dolore sparì ma non la paura. Lo Stregone lo aveva guardato senza fare una piega.
-Adesso vattene. Non voglio vedere nessuno- disse infine lui. Il servo, anche se a malapena, si congedò e se ne andò.
Il Nemico ritornò sulla sua poltrona e, con un solo gesto, fece comparire una sfera luminosa ma fredda. La lanciò e la sfera se ne andò per la sua strada. Doveva impedire che Caius ricordasse troppo. Altrimenti lo avrebbe tolto di mezzo.

Il potere della musica (IN REVISIONE)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora