~CAPITOLO 11~

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C'è qualcosa di strano questa mattina.
Come se ci fosse molto meno spazio nel letto.
Faccio per alzarmi, ma è come se qualcosa mi tenesse schiacciata contro il materasso.
Apro piano gli occhi, e un'altra figura è distesa al mio fianco.
Anzi mi correggo, sono io che sono incollata al suo petto, con un braccio che mi circonda la vita.
Mi muovo d'istinto per l'ennesima volta.
-Non riesci proprio a stare ferma neanche quando dormi.- la riconosco quella voce, anche se è rauca e ancora impastata dal sonno.
Mi agito, nella speranza che il soggetto in questione allenti la presa. Ma non succede, anzi, mi attira ancora di più a lui.
-È tardi lasciami andare Sebastian.- farfuglio.
-E perché mai dovrei lasciarti andare? Si sta tanto bene messi così.-
Alzo di scatto la testa per guardarlo negli occhi, e mi perdo completamente.
Sorride, sfoggiando quel sorriso sghembo e sexy, i capelli spettinati per aver dormito.
Penso a come sarebbe bello passarci le mani, ma scaccio subito il pensiero.
Come a volerlo farlo apposta, il pensiero si avvera, Sebastian si passa la mano che ha libera tra i capelli che sembrano dorati.
Fatico a mandare giù la saliva e distolgo lo sguardo.
Come si può essere così maledettamente sexy anche di prima mattina, appena sveglio!
È illegale.
Sebastian Maddox è illegale.
Mi soffermo per l'ultima volta a guardarlo.
Eh sì. È proprio illegale.
-Breaking News! Sebastian Maddox, bello è impossibile, trovato logorato nel letto della piccola Grey.- ride.
Ah la sua risata...
Aspetta cosa!
Ci impiego un po' più del previsto a metabolizzare l'enorme presa per il culo che mi ha spiaccicato in faccia quell'essere ripugnante.
Si, ripugnante.
-Sei squallido. Disgustoso. Uno stronzo squallido, disgustoso ed egocentrico!- ritorno in me stessa.
Non so come ma riesco a liberarmi, tirandogli un pugno sulle costole.
Sento la mano indolenzita e lui si tocca il fianco con fare tragico.
Stronzo.
Mi alzo dal letto, e mi incammino verso il bagno.
-Beh devo dire che sei ben dotata anche tu. Hai un sed..- adesso è troppo.
Lanciò la prima cosa che trovo sul mobiletto del bagno.
Che peccato, mi capita a tiro la spazzola d'argento che mi ha regalato il nonno.
L'oggetto colpisce Sebastian, anche se non so con precisione dove, perché sono già in bagno.
-Pessima mossa piccola Grey.-
Sono in trappola, schiacciata, per l'ennesima volta tra il suo corpo e il mobile del bagno.
Io lo fisso dal grande specchio appena sopra al lavandino.
Siamo occhi negli occhi.
Dopo un secondo il contatto si interrompe.
Brividi.
Seb mi sta lasciando una scia di baci.
Inizia dal basso, partendo dal collo.
Poi, lentamente, sale.
Lasciò scivolare all'indietro il collo, per facilitargli il compito, e i brividi aumentano.
Mi hanno già toccato in questo modo, sia chiaro, non sono più nemmeno vergine.
Ma da troppo tempo non venivo toccata in questo modo.
Sebastian si ferma appena dietro l'orecchio, come se sapesse che è proprio il mio punto più sensibile.
Le sue mani si fanno strada sotto la sua maglietta, che indosso da ieri sera e mi stringono i fianchi, salendo lentamente verso il reggiseno.
Soffoco un gemito che stava per uscire dalle mie labbra.
Non sono mai stata così, non che fossi una santarellina, ma non avrei mai pensato di eccitarmi così per dei baci sul collo.
Le mie mani da lungo i miei fianchi si alzano, andandosi a posizionare dietro la nuca di Sebastian.
Nel momento esatto in cui le appoggio l'erezione di Seb si fa sentire di più.
A quanto pare anche a lui piace questo straziante, pericoloso ma bellissimo gioco.
Un rumore secco mi fa ritornate alla realtà.
Bussano alla porta.
Il panico mi assale e spingo via Sebastian, per quanto mi è passibile.
Il ragazzo non è mica un ramoscello secco.
-Sarah muoviti è pronta la colazione. Di a Maddox di ricordarsi cosa le ho detto ieri sera.- tuona Theo da dietro la porta.
Faccio per girarmi, ma Sebastian non c'è più.
Mi do una sistemata e mi vesto meglio.
Non è il caso di scendere di sotto con solo una maglietta, che tra l'altro non è neppure mia.
Ritorno in camera ed è vuota.
Seb non c'è e un senso di tristezza mi assale.
Mi impongo di non pensarci e scendo le scale.
La famiglia Grey è al completo, e quando dico al completo intendo proprio tutti.
E poi seduto di fianco a mio fratello ce lui.
Quando entro nella sala da pranzo e saluto tutti Sebastian alza la testa, ma poi la abbassa subito dopo.
Prendo posto vicino a zia Mia, dalla parte opposta di dove è seduto mio fratello e il suo amico.
-Allora tesoro, come va? Racconta qualcosa di bello alla tua povera zietta sola e triste.- comincia facendo un'espressione triste.
Io mi metto a ridere.
-Zia non sei sola. Lo zio è partito solo due giorno fa, e tra meno di tre giorni sarà di nuovo a casa.- sorrido di nuovo e noto che anche mio fratello ride.
Che abbia parlato troppo forte?
Beh nessuno mi ammonisce quindi penso proprio di no.
Do una leggere occhiata a quello che c'è in tavola, decido di prendere le uova strapazzate, del bacon e per finire dei pancake.
Alzo lo sguardo per cercare la Nutella e scopro Sebastian fissarmi.
Sorrido e inizio a mangiare la mia colazione, sentendomi sempre addosso il suo sguardo glaciale.
Ted se ne accorge, e non è l'unico.
Mia mamma mi scocca un'occhiata, come se volesse dirmi: te l'avevo detto.
Mentre mio fratello guarda in cagnesco Seb, ma lui continua a mangiare tranquillo la sua colazione.
Dopo aver finito di mangiare il cibo che avevo preso, mi alzo per salutare tutti, ma mio padre si alza e mi dice di sedermi.
-Non vi siete chiesti come mai siete tutti qui oggi?- chiede retorico.
In effetti adesso che ci penso non c'è nessuna ricorrenza da festeggiare, e nessun accordo vantaggioso per la GEH è andato a buon fine, quindi perche?
-Esatto fratellino come mai siamo tutti qui stamttina?- domanda zio Elliot.
Papà fa la sua solita risatina nasale e poi comunica: -Se tutto va bene come è stato programmato, tra poco Sarah ci sarà una sorpresa te.- mi sorride avvicinandosi a me. -Ma che una condizione. Ti ricordo che qui siano negli Stati Uniti, e a diciassette anni ci si prepara per andare al college.- mi mette una mano sulla spalla, io sono un pezzo di ghiaccio, non mi muovo, aspetto. Aspetto le condizioni, anche se so già che non saranno per niente buone.
Ho già saltato una volta questo discorso, se lo salto anche questa volta ne susseguiranno solo dei guai.
-Quindi.- continua papà. -È ora che tu scelga una facoltà. Qualsiasi tu voglia, in qualsiasi università tu decida di andare, anche all'estero se ti rende felice. Ma devi scegliere. E alla svelta perché tu più aspetti, più Spartan rimane in Italia.- conclude.
Oddio non ci credo. Spartan, il mio cavallo che con tanto impegno ero riuscita a comprarmi sta per arrivare da me, dopo quasi sei mesi lontani. Mi sento gli occhi pizzicare, e una lacrima scende solitaria sul mio viso.
-Spartan? Cos'è il nome di un canarino?- se la ride mio fratello, dando una pacca sul braccio di Seb, che sorride forzato.
Mi alzo di scatto.
Non è possibile, non ha nemmeno un briciolo di compassione per me mio fratello?
-È il mio cavallo, idiota. Potresti almeno sforzarti di essere comprensivo nei miei confronti, invece da comportarti come un perfetto stronzo.- sbotto alzandomi in modo poco elegante e prendendo le scale.
Mio padre mi chiama ma me ne frego, almeno per questa volta.
Arrivo in camera mia e mi chiudo dentro a chiave, non sono nelle condizioni per subire una ramanzina.
Sento un gran trambusto venire dal piano di sotto, ma decido di non pensarci, così mi butto sul letto con le cuffie e la mia playlist di Spotify, guardando le foto mie e di Spartan.
Era la nostra prima gara insieme, Cutting Horse, quanto mi manca provare le sensazioni che precedono l'entrata nell'arena.
L'ansia di non essere all'altezza degli avversari, di deludere le persone che hanno sempre creduto in te.
Potersi affidare completamente al cavallo, sentirsi un'unica cosa anche se si è in due.
Mentre sono persa nei mie pensieri la porta della camera si apre.
Ma se era chiusa a chiave...
Mio fratello entra e si accomoda vicino a me sul letto.
-Vattene.- sputo acida.
Mi mette una mano sulla spalla e io la scanso.
-M-mi dispiace. Io non mi ricordavo di lui. Non volevo offenderti o mancarti di rispetto, ci mancherebbe altro. Sei mia sorella cazzo!- lo sento dalla voce che è veramente dispiaciuto ma lo stesso non gli do retta.
-Mi dispiace. Mi dispiace tanto.- esce e chiude la porta.

Don't let me go.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora